Ogni giorno che passa crescono i dubbi su quante dosi i produttori di vaccini anti Covid-19 riusciranno davvero a consegnare. Pfizer ha già annunciato ritardi e ridotto di circa un quarto le sue consegne.

AstraZeneca ha avuto difficoltà nell’approvazione del suo vaccino e Sanofi non ne sottoporrà uno all’esame fino alla fine dell’anno.

«C’è un limite oggettivo alla quantità di vaccini che si possono produrre, una cosa che avevamo sottovalutato nei giorni in cui sono state trionfalmente annunciate le prime scoperte», spiega Luca Carra, direttore del portale Scienzainrete. «E se l’Europa avrà problemi a rifornirsi figurarsi quelli più poveri».

Per questa ragione, a novembre India e Sudafrica hanno chiesto all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) di adottare una misura estrema: sospendere i brevetti sui farmaci anti Covid-19, così da permettere a chiunque di produrli, aumentandone la disponibilità e riducendone il prezzo. La richiesta sarà discussa in una nuova riunione dell’organizzazione che si terrà nelle prossime settimane. Ma, nel frattempo, l’idea inizia a prendere sempre più piede anche in Europa.

Trips e Wto

«I brevetti sono necessari perché permettono il riconoscimento morale e un ritorno economico sulla ricerca», spiega Laurent Manderieux, professore di diritto all’Università Bocconi ed esperto di proprietà intellettuale. Per proteggerli, prosegue, i paesi membri del Wto hanno sottoscritto il Trips, un accordo internazionale di tutela la proprietà intellettuale.

Ma la tutela dei brevetti, e quindi dei profitti, è particolarmente complicata da conciliare con quella della salute. Il problema si è posto spesso negli ultimi decenni, come durante il duro scontro iniziato nel 1997 tra il Sudafrica di Nelson Mandela e le aziende farmaceutiche produttrici di una serie di costosi farmaci contro l’Aids protetti da brevetti.

Per cercare di trovare una quadra, il Trips prevede una serie di eccezioni. Ad esempio, uno stato può imporre a un’azienda una “licenza obbligatoria”, cioè può costringerla a cedere un suo brevetto a un’altra azienda. «Si tratta dello stesso meccanismo che si adotta quando ci sono degli sfollati e un governo obbliga dei proprietari di immobili ad ospitarli, fornendo loro un indennizzo», spiega Manderieux.

L’appello

Proprio per ricordare la storica battaglia di Mandela e del Sudafrica, lo scorso 30 novembre, il giorno prima della Giornata mondiale contro l’Aids, un gruppo di medici e attivisti europei ha deciso di presentare una “Iniziativa dei cittadini europei” (Ice), uno strumento che se raggiungerà un milione di firme obbligherà la Commissione europea a presentare una proposta per facilitare l’utilizzo di licenze obbligatorie da parte dei paesi europei e per non ostacolare richieste di sospensione dei brevetti da parte dei paesi in via di sviluppo.

«La situazione nelle ultime settimane ci sta dando sempre più ragione», dice Vittorio Agnoletto, medico e attivista che si è occupato a lungo della pandemia di Aids, membro del comitato italiano dell’iniziativa, che si è insediato proprio questa settimana: «La salute globale è in mano a un paio di multinazionali che comportandosi come aziende private senza etica vendono la merce a chi paga di più».

Le aziende

Per le aziende farmaceutiche, però, la questione è diversa. «Il rispetto della proprietà intellettuale non è un regalo, significa rispettare la ricerca che è un processo lungo e oneroso», dice Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, la principale associazione delle imprese farmaceutiche italiane.

Scaccabarozzi ricorda anche che diverse aziende stanno già mettendo a disposizione i loro vaccini a prezzi di costo («meno di una pizza e una birra»). La complessità di produrre vaccini, inoltre, fa sì che anche sospendendo i brevetti non è detto che si trovino abbastanza produttori con le tecnologie necessarie ad aumentare la produzione. «Insomma – continua Scaccabarozzi – Dateci il tempo di produrli, questi vaccini: li abbiamo appena scoperti».

Ma anche senza arrivare a un sospensione totale dei brevetti, come chiedono India e Sudafrica, qualcosa forse si poteva fare, dice il professor Manderieux.

Lo scorso marzo, Israele ha usato una licenza obbligatoria per produrre uno farmaco anti Covid. La notizia è stata sorprendente (su questi argomenti Israele si schiera di solito con Europa e Stati Uniti) e, per le aziende farmaceutiche, minacciosa. Secondo Manderieux, potrebbe essere una delle ragioni che spiegano come mai Israele è il paese in cui le consegne di vaccini sono avvenute più in fretta. Che l’Europa non abbia provato nulla di simile «io lo trovo sorprendente», dice il professore.

 

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