- Un hub militare nel cuore della Sicilia centrale tra le Madonie e i monti Nebrodi. Depositi di armi, automezzi e munizioni in luoghi naturalistici dove effettuare esercitazioni tattiche in bianco e a fuoco, in barba al turismo rurale e sostenibile, ai percorsi escursionistici conosciuti in tutto il mondo, al rispetto della biodiversità.
- L'Esercito cerca casa nei comuni di Gangi, Nicosia e Sperlinga. O, per meglio dire, cercava perché l'accordo con due comuni su tre, quelli di Gangi e Nicosia, è saltato a seguito delle «sollecitazioni pervenute dai proprietari delle aziende agricole e dai cittadini».
- Non si tratta di una questione locale: c’è in gioco l’interesse nazionale con il ministero della Difesa guidato da Guido Crosetto disposto a tutto pur di realizzare il progetto. Ma dopo la richiesta del gruppo consiliare di minoranza di revocare la delibera, anche il sindaco di Sperlinga Giuseppe Cuccì ha fatto un passo indietro
Aggiornamento: Dopo la richiesta del gruppo consiliare di minoranza di revocare la delibera, anche il sindaco di Sperlinga Giuseppe Cuccì ha fatto un passo indietro considerato che «l’accordo impegnava le amministrazioni comunali a portare avanti una progettualità condivisa». Inoltre l'amministrazione ha «incontrato i proprietari dei terreni e gli allevatori i quali hanno manifestato una unanime e assoluta contrapposizione all'attuazione dell'accordo». Da qui la decisione di recedere dal protocollo d'intesa firmato con l'Esercito.
Un hub militare nel cuore della Sicilia centrale tra le Madonie e i monti Nebrodi. Depositi di armi, automezzi e munizioni in luoghi naturalistici dove effettuare esercitazioni tattiche in bianco e a fuoco, in barba al turismo rurale e sostenibile, ai percorsi escursionistici conosciuti in tutto il mondo, al rispetto della biodiversità. L'Esercito cerca casa nei comuni di Gangi, Nicosia e Sperlinga.
O, per meglio dire, cercava perché l'accordo con due comuni su tre, quelli di Gangi e Nicosia, è saltato a seguito delle «sollecitazioni pervenute dai proprietari delle aziende agricole e dai cittadini». Resta in piedi, tra le polemiche, l'accordo con Sperlinga. Legambiente chiede di «chiudere definitivamente il capitolo delle paventate utilizzazioni militari».
Non si tratta di una questione locale: c’è in gioco l’interesse nazionale con il ministero della Difesa guidato da Guido Crosetto disposto a tutto pur di realizzare il progetto. Una storia in una Sicilia che contro la militarizzazione ha sempre condotto battaglie storiche: dalle manifestazioni guidate dal partito comunista contro i missili a Comiso a partire dal 1981 fino a quelle recenti contro il Mous, la mega antenna americana alla fine realizzata in una riserva naturale di Niscemi, provincia di Caltanissetta.
Campo di battaglia
Ma perché militarizzare questi territori votati al turismo sostenibile? Qual è l'interesse del ministero della Difesa? Ricostruiamo i fatti. L'8 maggio scorso, senza alcun tipo di coinvolgimento dei rispettivi consigli comunali, i tre sindaci firmano, nella cornice del castello di Sperlinga, alla presenza del generale di Divisione e comandante militare dell'Esercito in Sicilia, Maurizio Angelo Scardino, una convenzione col ministero della Difesa per la «costituzione di un hub logistico-addestrativo nei territori evidenziati».
Un accordo valido per trent'anni e rinnovabile per altri trenta. Nel testo composto da dieci articoli si parla di «esercitazioni in bianco e a fuoco, con l'utilizzo di veicoli, armi e sistemi d'arma in dotazione che si svolgano nel pieno rispetto dei vincoli ambientali». Si evidenzia, «grazie alla presenza dei militari, un miglioramento delle condizioni economiche dei territori interessati», «un maggior controllo del territorio» e anche la trasformazione di alcuni edifici comunali in caserme per ospitare i militari.
L’accordo è suggellato da una foto postata sulla pagina Facebook del comune di Gangi: i tre sindaci in posa, accanto Scardino e Maurizio Taffuri, comandante della Brigata Aosta, dietro i gonfaloni a sottolineare l'importanza del momento.
La foto ha dato il via alla protesta dei cittadini, che non accettano il piano previsto e hanno perciò fondato il comitato “Identità e sviluppo”. Contestano la modalità della sottoscrizione dell'accordo, evidenziano come «l'hub militare provocherà la scomparsa di una ventina di piccole e medie aziende agricole e di allevamento, la crisi del settore caseario e gravissime ripercussioni sul turismo e sull'ambiente». Su Change.org è stata lanciata la petizione “No militarizzazione del cuore della Sicilia” firmata al momento da 4 mila persone.
Sull'onda delle proteste, lo scorso 24 maggio i tre sindaci insieme alle rispettive rappresentanze del consiglio comunale incontrano a Palermo i militari. E in quell'occasione scoprono qualcosa in più. «Lo scorso 10 maggio si è riunito il Comitato misto paritetico che ha approvato la progettualità dell'accordo. Il via libera per l'avvio delle procedure per la realizzazione dell'hub è già stato dato con nostro grande stupore. Da qui si spiega la premura dei sindaci che hanno approvato le delibere in giunta senza passare dai consigli comunali», dice il consigliere di minoranza del Comune di Gangi Giandomenico Lo Pizzo. «Ma siamo in una fase preliminare. Se le amministrazioni non vogliono andare avanti si ferma tutto».
C’è chi dice no
Passano 24 ore dall'incontro e i sindaci di Gangi e Nicosia, Giuseppe Ferrarello e Luigi Salvatore Bonelli, ritirano la delibera. «Ho maturato questa decisione ascoltando le numerose sollecitazioni pervenute dai proprietari delle aziende agricole ricadenti all’interno dell’hub, sia nel nostro territorio sia di quelle dei gangitani ubicate nei territori di Sperlinga e Nicosia, i quali hanno manifestato un assoluto disaccordo alla realizzazione dell’area», fa sapere Ferrarello. Identica la linea di Bonelli: «In considerazione della perplessità manifestata non posso che revocare la delibera».
Giuseppe Cuccì, sindaco di Sperlinga, invece non ritira la delibera e va avanti nonostante nello statuto approvato nel 2004 sia scritto che «il Comune s'impegna a rifiutare esplicitamente ogni forma di militarizzazione nel proprio ambito territoriale». Per Cuccì «sono state date ampie assicurazioni in merito a temi fondamentali che riguardano la salute, la salvaguardia ambientale, le attività agricole e zootecniche, la sicurezza delle procedure di addestramento e gli eventuali indennizzi».
Militari spiazzati
Dal 9 giugno i primi militari della Brigata Aosta avrebbero dovuto effettuare un sopralluogo delle zone coinvolte. Qualcuno all'interno dell'esercito non si aspettava questo dietrofront. «C'è stato un problema di comunicazione. I sindaci avrebbero dovuta gestirla meglio», ammette una fonte. «L'estensione che era di 35 chilometri sarà da rivalutare. Noi vogliamo portare i mezzi tattici. Tutte le nostre caserme sono in città dove non è possibile farli girare. Avere un parcheggio che dà su una vallata poco antropizzata ti dà la possibilità di fare addestramento ai ragazzi».
L'Esercito parla di un grosso vantaggio economico per gli abitanti della zona. Quali e quanti, però, nessuno lo dice. Stime non se ne fanno. «Dipende da cosa si può fare nell'hub. Se vado per i movimenti in bianco di pattuglia, al massimo porto 30 persone l'anno. Se posso fare le prove in bianco dell'assalto a piedi e con i mezzi qualcosa in più la posso portare. Se poi posso raggiungere il tiro con le armi, con le mitragliatrici e gli altri mezzi l'utilizzo del poligono aumenta. Si sarebbe potuto creare un indotto importante».
A Sperlinga sono tanti i cittadini che hanno paura di perdere tutto. Per Giuseppe Conticello, ricercatore e residente a Sperlinga «il territorio è molto delicato. La zona insiste su due siti di interesse comunitario, il bosco di Sperlinga e monte Zimmara. Ci sono anche altri vincoli che dovrebbero essere considerati». Poi aggiunge: «Ad esempio vincoli boschivi e vincoli legati al piano di riassetto idrogeologico. Ci sono fenomeni franosi attivi che investono diversi ettari di terreno. Abbiamo diversi corsi d'acqua alimentati da un grande bacino utili ai movimenti della selvaggina selvatica e questo verrebbe completamente distrutto. Trent'anni sono lunghi, di fatto una generazione. Significa negare la possibilità ai giovani di portare avanti i valori legati all'eco-sostenibilità, all'eco-turismo, alla biodiversità».
Michele Di Pietro, 25 anni, agricoltore, non ha intenzione di barattare per niente al mondo la sua terra: «All'interno dell'area interessata ho seminativi, colture arboree. Per me è la mia vita. Non c'è indennizzo che paghi il mancato reddito. La mia vita è in campagna, solo qui mi sento libero. Voglio puntare sullo sviluppo turistico agrario. La presenza dei militari limita questo mio sogno».
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