A giugno 2020, nel porto di Salerno, la guardia di finanza del nucleo economico finanziaro (Pef), ha sequestrato oltre diciassette tonnellate di sostanze stupefacenti: poco meno di tre chili di hashish e più di 14 di captagon, meglio conosciuta come “droga della jihad”, un cloridrato di fenetillina, anfetamina e altre sostanze stimolanti viene assunto in modo capillare da chi combatte la Guerra Santa e dai terroristi dell’Isis.

Le droghe erano nascoste all’interno di quattro container commerciali provenienti dalla Siria, con transito allo scalo commerciale campano e diretti in Medio Oriente. Oggi i responsabili di quello scambio sono stati arrestati.

L’arresto dei broker

I due broker sono stati arrestati questa mattina dai militari della guardia di finanza di Salerno e Napoli con l’accusa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Si tratta di Alberto Eros Amato, il titolare effettivo di una società di servizi elvetica, e Giuliantonio Apicella, spedizioniere doganale titolare della Apicella Luigi e Figli srl. L’imprenditore svizzero è stato portato alla casa circondariale di Rebibbia, a Roma, mentre l’agente salernitano si trova attualmente ai domiciliari nella sua casa a Baronissi.

Le misure cautelari giungono al termine di complesse indagini avviate dalle procure di Salerno e Napoli, a seguito dei sequestri, inizialmente a carico di ignoti, eseguiti un anno fa.

Un anno di indagini

Le indagini hanno consentito di acquisire elementi probatori a carico dei due indagati, essendo state riscontrate una serie di attività illecite volte a organizzare il transito e il successivo trasferimento, attraverso lo scalo marittimo di Salerno, di consistenti carichi di sostanza stupefacente nascosti dietro macchinari di movimento terra e bobine di carta industriale.

Fondamentali per risalire ai responsabili coinvolti nel traffico illecito sono state le intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre a mirati accertamenti bancari, che hanno permesso di ricostruire in maniera dettagliata il modus operandi dei broker. I pagamenti transitavano estero su estero dalla società di trasporto svizzera di Amato all’Apicella srl.

Stando a quanto emerso dalle indagini, Apicella avrebbe provveduto all’eliminazione sia dalla documentazione commerciale che dai container di ogni segno distintivo del luogo di provenienza del carico al fine di evitare ispezioni doganali negli scali portuali intermedi, essendo la Siria inserita nelle “black list” del sistema doganale Schengen per i rischi connessi a spedizioni pericolose di armi o droghe, come nel caso specifico.

A Salerno, venivano emesse, da parte dell’agente doganale, delle nuove polizze di carico della spedizione, mentre l’imprenditore elvetico provvedeva a una nuova fatturazione utilizzando aziende commerciali compiacenti e nella sua piena disponibilità.

Gli indagati utilizzavano, di comune accordo, la pratica doganale del tramacco: riversavano la merce del container di origine all’interno di un secondo container già pronto nel porto, così da eliminare accuratamente tutte le tracce della provenienza siriana della spedizione commerciale. Questa, infatti, risultava, in modo ingannevole, in partenza dal porto di Salerno, ma poteva anche essere rispedita “in sicurezza” nei paesi arabi.

Gli inquirenti hanno evidenziato come lo stesso stratagemma sia stato adoperato anche in altre transazioni commerciali.

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