Continua con la sua 23esima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.

Il suono delle campane aveva coperto gli ultimi cento metri lastricati di pietra bianca che portano al sagrato del monastero di Santa Maria delle Vergini, all'ingresso della città vecchia di Bitonto. Poi l'esplosione. Il colpo di pistola è arrivato dritto al fianco di Anna Rosa Tarantino, uccidendola.

Era la mattina del 30 dicembre 2017 e l'anziana signora, 84 anni, stava andando a Messa quando si è trovata sulla linea di tiro dei sicari di mafia. La pallottola mortale era destinata a Giuseppe Casadibari, ventitreenne affiliato alla cosca locale dei Cipriano, rimasto ferito nell'agguato. Lo scambio di fuoco – diciassette colpi in tutto – tra i due clan rivali Conte e Cipriano-Colasuonno era il quarto della mattinata iniziato alle prime luci del giorno.

Quella mattina a Bitonto si è consumato l'ultimo episodio di una lunga guerra tra cosche della provincia di Bari per il controllo dello spaccio in città. La faida è scoppiata nel settembre 2017 con il passaggio di alcuni esponenti del gruppo Cipriano-Colasuonno a quello dei Conte, che aveva deciso di aprire un proprio mercato della droga nel centro storico.

Ma la ferocia mafiosa di quel 30 dicembre ha lasciato un solco profondo nelle coscienze di cittadini e istituzioni locali, la cui reazione ha innescato un percorso di liberazione culturale della città, iniziato con l'installazione di una targa alla memoria dell'anziana sarta uccisa.

Non è statistica

Ma perché Anna Rosa Tarantino non diventi un caso statistico nell'elenco dei cosiddetti effetti collaterali dalle guerre di mafia, il comune di Bitonto ha deciso tra gli altri progetti, di dedicarle quello della riqualificazione di Piazza Caduti del Terrorismo.

L'inaugurazione dei lavori è prevista il 30 dicembre 2021, nel quarto anniversario dell'omicidio della donna. Il taglio del nastro scoprirà un'area pedonale più estesa, a misura di persona e con una nuova illuminazione a led.

«Non è un caso – spiega il sindaco di Bitonto Michele Abbaticchio –. Sappiamo, infatti, che dove ci sono aree pedonali e quindi maggiore difficoltà di manovra per automobili e motociclette, anche per le organizzazioni criminali è più complesso muoversi liberamente, compiere i propri attacchi e poi fuggire contando su vie di fuga lineari e rapide».

L'urbanistica anti crimine come risposta ai sicari di mafia e agli spacciatori che sguazzano nelle zone poco illuminate e degradate delle città. Ne è convinto Abbaticchio, tanto da promuovere progetti di collegamento delle periferie ai beni storici e culturali presenti in città e in particolare nel quartiere dell'agguato.

«I lavori prevedono un accesso più complesso al centro antico (zona più vulnerabile alla penetrazione dei clan, nda) proprio per gli episodi legati allo spaccio. Auspico che il risanamento urbanistico e la rigenerazione urbana della zona possa anche portare a un maggiore impatto di sicurezza proprio nei luoghi che hanno visto il sangue di Anna Rosa Tarantino».

Al di là dell'impatto simbolico, Abbaticchio – che è anche vicepresidente di Avviso Pubblico, la rete degli enti locali antimafia – sa bene che per liberare le coscienze è necessario un lavoro lungo di educazione alla responsabilità civile. Ed è anche in conseguenza di quel tragico 30 dicembre 2017, che prende forma il cantiere di antimafia sociale #Nonsonounodivoi, che coinvolge i cosiddetti minori a rischio, ovvero l'esercito di ragazzini spesso usati come manovalanza a basso costo nelle attività illecite della malavita.

Lo spaccio

Agguati, gambizzazioni, estorsioni, sono solo alcune delle modalità di gestione del territorio maturate in ambienti legati allo spaccio di sostanze stupefacenti. A dirlo sono gli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia, che nell'ultimo report rilevano la capacità delle mafie pugliesi di penetrare il tessuto economico, condizionandolo. I clan dell'hinterland barese, secondo la Dia, privilegiano il contrabbando, la gestione del gioco e delle scommesse online, le estorsioni e l'usura, oltre al traffico di droga. E per farlo hanno bisogno di un esercito ben distribuito sul territorio. Le zone più depresse delle città sono terreno fertile per il reclutamento di giovanissimi cui affidare il lavoro sporco. Ed è proprio in risposta alla logica in cui sono maturati i fatti di quattro anni fa che si sviluppa il progetto di antimafia sociale #Nonsonounodi voi, che ha già coinvolto oltre 70 ragazzi dai 14 ai 18 anni, con l’obiettivo di salvare i ragazzi a rischio delinquenza della periferia della città di Bitonto, provando ad allontanarli dalla criminalità organizzata che li considera come soggetti deboli facili da manipolare.

Finanziato dalla Regione Puglia con 425 mila euro, il cantiere sociale è un esempio di pratiche antimafia concrete. Il progetto è guidato dal comune di Bitonto e coinvolge anche la Città Metropolitana di Bari. «L'idea è maturata insieme ad Avviso Pubblico e ad altre realtà del terzo settore che operano nelle zone più difficili del territorio – spiega ancora Michele Abbaticchio –. Come istituzione non possiamo mollare su questo fronte. Molti dei ragazzi provengono da contesti socio-economici svantaggiati con genitori spesso non in grado di garantire i compiti educativi verso i figli. Qui vengono guidati all'avviamento di attività improntate a una formazione corretta, sia attraverso lo sport che le arti manuali». Il progetto, partito nel 2019 e che sta volgendo al termine, mira a integrare le attività dei servizi sociali del comune con altri progetti per minori già attivi sul territorio, coinvolgendo quattordici enti partner per formare i ragazzi alla legalità e alla necessità del rispetto delle regole.

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