Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul generale Carlo Alberto dalla Chiesa ucciso quarant’anni fa il 3 settembre del 1982.


Carlo Alberto dalla Chiesa capisce l’antifona. Cerca il ministro degli Interni Virginio Rognoni, gli comunica che per combattere davvero la mafia siciliana non potrà non toccare alcuni democristiani dell’isola.

Il ministro lo rassicura: «Non si preoccupi, lei non è il generale della Democrazia Cristiana».

Il potere di Palermo è tutto schierato. Salvo Lima, Vito Ciancimino, Mario D’Acquisto, il sindaco Nello Martellucci. E nell’ombra i cugini Salvo, gli esattori mafiosi di Salemi. I Greco di Ciaculli. I Corleonesi di Totò Riina.

Il 1° maggio si presenta alla Camera di Commercio di Palermo. Ai Maestri del Lavoro dice che, anche in Sicilia, conta solo la legge dello Stato.

Il 4 maggio è a Monreale per commemorare il capitano Emanuele Basile, l’ufficiale dei carabinieri ucciso due anni prima.

Il 5 maggio è a Roma. Con un discorso commovente si congeda ufficialmente dall’Arma dei carabinieri.

Torna a Palermo e se ne va in giro per la città. Da solo. Vuol far vedere a tutti che non ha paura. Qualche volta prende l’autobus. Una mattina, prima delle sette, entra al mercato ittico.

Cambia in continuazione itinerari, orari, appuntamenti.

Una domenica fa sequestrare il pane al Borgo Vecchio, mafalde e rimacinatini che gli abusivi vendono anche nei giorni di festa sui loro furgoni.

Ai giornali locali arrivano i fax dalla prefettura: «Le contravvenzioni sono 157 e i pani di dubbia provenienza chilogrammi 9.141, s’invita la cittadinanza a rinunciare all’acquisto di queste partite di pane sia per combattere l’illecito sia per garantire la salute dei consumatori».

Al Borgo ci sono tafferugli, vigili urbani feriti, sono tutti imbestialiti con il prefetto che vuole far tornare la legge in ogni strada di Palermo. È una delle sfide del generale.

Al Borgo non l’hanno presa bene. Gridano: «Noi panifichiamo tre volte al giorno per campare e lui se la prende con il muro basso», solo con i poveracci. E poi comincia la solita litania: «A Roma, la mafia vera è a Roma…».

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