Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata su Luigi Ilardo il pentito di mafia che aveva deciso di collaborare con la giustizia e che è stato ucciso il 10 maggio del 1996, cinque giorni prima di entrare nel programma di protezione. Ilardo stava portando gli investigatori verso il latitante Bernardo Provenzano.


Nella nuova abitazione cambiammo vita, per andare avanti. Ci riconciliammo con Cetty dopo il suo ritorno nella casa della madre, avevamo bisogno di vedere, respirare aria di famiglia, crescere per quanto possibile i nostri piccoli fratelli, i gemelli e Iury. La prima volta che li rivedemmo fu motivo di gioia, anche se dopo tanto tempo i gemelli non ci riconobbero. Avremmo recuperato gli anni persi. Lavoravo in un supermercato, avevo due giorni liberi e chiesi a Cettina di poter tenere per quei giorni i gemelli con me e Francesca: erano i nostri fratelli e tali sarebbero rimasti.

Avevo vent’anni ma mi sentivo molto più grande della mia età, avevo vissuto tante vite. Oltre ai nostri fratelli, gli unici rapporti con la famiglia Ilardo che mantenemmo furono con zia Clementina e il nonno, che rimase il nostro secondo papà pur nella sua vecchiaia e nelle nostre distanze. Erano passati quasi quattro anni dalla morte di papà quando un giorno, parlando con mia zia, si aprì l’ennesimo capitolo di una storia senza fine. Lei mi disse che papà non era stato ucciso per i motivi conosciuti e dei quali in famiglia si parlò, ma che aveva perso la vita perché aveva deciso di collaborare con la giustizia.

Da quell’affermazione nacque quasi una discussione che rischiò di degenerare... cominciai a manifestare tutte le ragioni per screditare quella notizia, cui mi era impossibile credere. Continuavo a ripetere che un uomo non fa undici anni di galera per decidere una cosa del genere a fine pena, che se così fosse stato saremmo entrati in un programma di protezione, che ci saremmo accorte di qualcosa di strano.

E nostro padre mai avrebbe continuato a condurre i suoi affari circondato da uomini e da gente oltre ogni ragionevole dubbio di stampo e calibro mafioso, che per una scelta di quel tipo non avrebbe mai messo a repentaglio la nostra vita e soprattutto quella così innocente dei bambini appena nati. Non volevo sentire altro e così, per restare in buoni rapporti, non ne parlammo più. Solo dopo qualche mese, leggendo i giornali, la terribile verità di zia Clementina fu confermata. Iniziai ad analizzare ogni notizia, ogni articolo, buttai per aria quel puzzle ricostruito a fatica con anni di sofferenza e riprovai, senza ordine, a ricomporlo. La bomba era esplosa e non potei che rassegnarmi a quella terribile verità.

Da quel giorno, agli occhi di un’intera nazione non ero più solo la figlia di un potente boss mafioso, ma anche di un «informatore», di un «pentito». Il travaglio interiore e le tante domande innescate da quella verità furono senza precedenti. Credevo di aver seppellito lui e la memoria del suo operare, e invece dovevo rimodulare nuovamente la mia vita, i miei pensieri, la mia rabbia, i miei dubbi, la mia immagine agli occhi della società.

La collaborazione con il colonnello Riccio

[…] Ci furono momenti, soprattutto all’inizio, in cui forse odiai mio padre; poi leggendo le sue dichiarazioni di «apertura» al dialogo davanti al colonnello Michele Riccio compresi che la sua coraggiosa scelta fu l’ennesimo atto di immenso amore nei nostri confronti. Aveva deciso di rischiare di pagare anche con la sua vita la nostra libertà, il nostro futuro.

Mi chiamo IlardoLuigi, sono nato a Catania il 13.3.51. Attualmente ricopro l’incarico di vicerappresentante provinciale di Caltanissetta, coprendo anche l’incarico di provinciale in quanto il provinciale Vaccaro Domenico, attualmente si trova detenuto. Ho deciso formalmente di collaborare con la giustizia dopo essermi reso conto di quello che effettivamente ho perduto durante questi anni passati lontano dai miei famigliari e dai miei figli, nella speranza che il mio esempio possa essere di monito e d’aiuto ai ragazzi che, come me, si sentono di raggiungere l’apice della loro vita entrando in determinate organizzazioni. Come fu allora per me, che sono arrivato a prendere il mondo nelle mani il giorno in cui fui fatto «uomo d’onore». [...] Spero che la mia collaborazione dia atto di quanto tutto ciò che fanno apparire è falso, e poi di vero non c’è niente se non tutte quelle scelleratezze che, purtroppo, alcune persone si sono macchiate, facendo cadere nel nulla tutto quello di buono che c’era in questa organizzazione.

Cosa nostra oggi è diventata una macchina solamente di morte, di tragedie e di tante menzogne. Oggi, dopo tutto quello che abbiamo assistito, dato tutti i delitti così orrendi e atroci che si sono macchiati certe persone che sono state e sono ai vertici di questa organizzazione, facendo ricadere la colpa su tutti gli affiliati, perché ormai gli affiliati di Cosa nostra, portano dentro il marchio di essere stati tutti dei sanguinari e delle persone che non vedono nulla al di fuori che il delitto [...] L’unica cosa che mi ha spinto è stata effettivamente la ricerca della normalità della mia vita; della mia vita e di quella dei miei figli, perché sono stati i loro sacrifici, i loro disagi e i loro dolori, in special modo l’ultimo periodo della mia carcerazione in strutture speciali, a farmi capire i veri valori della vita, che io non ho mai trascurato perché amo profondamente i miei figli [...] [...] Ho capito che l’unica strada che mi potesse ridare un po’ di tranquillità è questa della collaborazione. L’ho accettata volentieri e sono pronto ad andare incontro a tutto quello che questa mia decisione comporta. Confido solo nella sensibilità delle persone che mi dovranno condurre in questa strada, gestendo quello che è la mia volontà e confido molto che queste persone, prima di tutto, mettono avanti le possibilità dei pericoli che possono correre i miei famigliari, dopo di ciò io sono disponibilissimo a tutto quello che c’è da fare, sono pronto a parlare di tutto quello che concerne la mia vita dal momento in cui sono entrato in Cosa nostra a oggi che ho deciso di uscirne formalmente.

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