Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie si focalizza sulla relazione della Commissione parlamentare antimafia della XV° legislatura con presidente Francesco Forgione che per la prima volta ha dedicato un'inchiesta interamente sulla ndrangheta, tra le mafie più temute al mondo, per capirne la nascita, lo sviluppo e la struttura.

L’intervento dell’Autorità giudiziaria ha anche portato alla luce l’infiltrazione diffusa e organica in un settore strategico dell’economia lombarda, e quello relativo all’insediamento o meglio reinsediamento della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara all’interno dell’Ortomercato di Via Lombroso.

L’Ortomercato di Milano è il più grande d’Italia. Ogni notte vi fanno capo centinaia di camion che distribuiscono i prodotti in tutta la regione. Dei tremila lavoratori impiegati quasi la metà sono irregolari. Il giro di affari è di 3 milioni di euro al giorno con 150 tra imprese e cooperative interessate.

Già nel 1993 un’indagine della Dda di Milano aveva messo in luce un commercio di cocaina e di eroina tra Italia, Sud-America e Thailandia per trecento chilogrammi di sostanze al mese che viaggiavano appoggiandosi alla Sical Frut una società che operava presso l’Ortomercato di Milano e rispondeva allo stesso clan dei Morabito.

L’ordinanza di custodia cautelare emessa in data 26.4.2007 nei confronti di Salvatore Morabito, Antonino Palamara, Pasquale Modaffari e altre 21 persone ha messo in luce che la cosca Morabito-Bruzzaniti grazie all’arruolamento dell’imprenditore Antonio Paolo titolare del consorzio di cooperative Nuovo Co.Se.Li. era riuscita ad utilizzare le strutture dell’Ortomercato e i suoi uffici come punto di riferimento per gli incontri, e logistico per la gestione di grosse partite di sostanze stupefacenti.

Tra di esse i 250 chilogrammi di cocaina provenienti dal Sud America, giunta in Senegal a bordo di un camper e sequestrati in Spagna dopo aver viaggiato sotto la copertura di un’attività di rallye.

La cosa che più inquieta è che Morabito, appena terminato nel 2004 il periodo di soggiorno obbligato ad Africo, grazie all’arruolamento dell’operatore economico Antonio Paolo, aveva goduto per i suoi spostamenti all’interno dell’area commerciale addirittura di un pass rilasciato dalla So.Ge.Mi. e cioè la società che gestisce per conto del Comune di Milano l’intera area dell’Ortomercato.

Al punto che il Morabito entrava nell’Ortomercato con la Ferrari di sua proprietà. Tale mancanza di controlli appare peraltro diretta conseguenza del fatto che da tempo l’area, nonostante la gestione comunale, era divenuta “zona franca”, controllata da un caporalato aggressivo, padrone del lavoro nero e all’interno della quale il Presidio di Polizia risultava chiuso da anni, mentre i Vigili Urbani evitavano quasi sempre di intervenire.

La capacità di influenza di Morabito era giunta al punto che il suo “controllato”, Antonio Paolo, aveva acquistato le quote della società Spam srl che, per ragioni di certificazione antimafia Morabito e i suoi associati non avevano più potuto gestire formalmente, e tale società aveva chiesto e ottenuto dalla So.Ge.Mi., e quindi in pratica dal Comune, la concessione ad aprire nello stabile di Via Lombroso, ove peraltro ha sede la stessa So.Ge.Mi il night club “For the King”, inaugurato il 19.4.2007 alla presenza di noti boss della ‘ndrangheta come, tra gli altri, Antonino Palamara. Il sequestro preventivo delle quote sociali della Spam è stato adottato dal GIP di Milano e confermato dal Tribunale del Riesame il 5.6.2007.

I provvedimenti dell’autorità giudiziaria di Milano con i quali sono state sequestrate le quote sociali della Spam srl evidenziano un’altra ragione di interesse. Antonio Paolo, dopo aver rilevato la società nella quale Morabito era rimasto il socio occulto e il vero dominus, aveva ottenuto dalla Banca Unicredit ed esattamente dalla filiale della centrale via San Marco di Milano un anomalo finanziamento di 400mila euro che doveva servire a pagare le spese della ristrutturazione del night For the King, peraltro a posteriori, visto che la ristrutturazione era già avvenuta.

Ciò mette a nudo un sistema col quale non solo qualche Cassa Rurale di provincia ma anche istituti maggiori assicurano finanziamenti a noti esponenti mafiosi senza effettuare i controlli necessari e senza chiedersi chi siano i soggetti così indebitamente favoriti.

Un’altra conseguenza significativa dell’indagine relativa alle infiltrazioni della ‘ndrangheta nell’Ortomercato è stato il sequestro propedeutico alla confisca di numerose quote societarie e beni immobili per un valore complessivo di quasi quattro milioni di euro effettuato nei confronti di due fiduciari del gruppo Morabito-Bruzzaniti e cioè Francesco Zappalà, un dentista che non aveva mai esercitato la sua professione medica, ma che disponeva a Milano di una villa lussuosa e del suo braccio destro Antonio Marchi.

L’evidente sproporzione tra i redditi dichiarati e gli investimenti societari e immobiliari effettuati certamente come prestanome della cosca di riferimento, ha consentito infatti il sequestro di quote sociali di varie società utilizzate per l’acquisto di immobili, di appartamenti e bar a Milano, uno dei quali in zona abbastanza centrale, di una villa con box a Cusago nell’hinterland milanese, di terreni nel torinese, di appartamenti a Massa Carrara e a Finale Ligure nonché di terreni a Bova Marina, nel reggino, zona di provenienza di quasi tutti i componenti del gruppo.

L’inchiesta Dirty Money

Lo scenario dell’indagine chiamata Dirty Money, resa possibile da una stretta collaborazione tra le autorità elvetiche e quelle italiane, vede, secondo la ricostruzione dell’accusa, la presenza della cosca Ferrazzo di Mesoraca (KR) ramificatasi in Lombardia tra Varese e Ponte Tresa e in Svizzera a Zurigo. Proprio qui vengono allestite due grosse “lavatrici”, e cioè due società finanziarie, la Wsf ag e la Pp finanz ag che dovevano occuparsi di raccogliere i capitali di investitori svizzeri e internazionali per intervenire sul mercato Forex ed operare transazioni su divise.

In realtà tali finanziarie erano divenute il luogo ove depositare e far transitare ingenti somme provenienti dalle attività illecite della cosca. A partire dall’inizio degli anni 2000, era iniziata la programmata spoliazione delle società stesse, con il dirottamento dei capitali, sia quelli di provenienza illecita sia quelli affidati dagli investitori a conti offshore e società nella disponibilità degli amministratori, tutti legati direttamente o indirettamente alla ’ndrangheta.

Prima che il caso esplodesse e che nel 2003 fosse dichiarato il fallimento di entrambe le società operanti in Svizzera, con la distrazione di decine di milioni di franchi, l’obiettivo dell’operazione era il reimpiego dei capitali puliti in investimenti immobiliari di prestigio in Sardegna e in Spagna, sempre controllati dalla cosca regista del progetto.

Tali investimenti, che avrebbero così consentito di far rientrare in Italia e di ripulire somme notevoli in attività formalmente lecite, sono stati interrotti solo dalle indagini.

L’indagine Dirty Money, caratterizzata da complessi accertamenti finanziari, costituisce un passo importante perché forse per la prima volta in Lombardia non ci si è trovati di fronte al caso tipico di riciclaggio reso possibile dall’intervento di un funzionario di banca compiacente o al riciclaggio consueto in esercizi di ristorazione.

È un fenomeno ben diverso e, per così dire, “strutturale”, costituito dalla scelta del gruppo criminale di allestire in proprio una grossa macchina societaria, funzionale ai suoi scopi e utilizzata non solo per inghiottire i depositi degli investitori, ma per ripulire ingenti masse di denaro provenienti dalle attività illecite condotte in Italia.

Le indagini attualmente più significative evidenziano preoccupanti segnali della persistente presenza di organizzazioni di tipo mafioso, che, soprattutto nell’area metropolitana di Milano e nelle province confinanti, si caratterizzano più per una capillare occupazione di interi settori della vita economica e politico-istituzionale, che per la tradizionale e brutale gestione militare del territorio in connessione con le attività tipiche delle associazioni mafiose: dal traffico di stupefacenti all’usura, allo sfruttamento della prostituzione e alle estorsioni in danno dei pubblici esercizi, ecc..

In sostanza, nelle zone a più alta densità criminale, Rozzano, Corsico, Buccinasco, Cesano Boscone, per citarne alcuni, le tradizionali famiglie malavitose di origine meridionale, sempre più saldamente radicate al territorio, hanno iniziato a gestire e a sfruttare le zone di influenza, stringendo, dal punto di vista istituzionale, alleanze con spregiudicati gruppi politico-affaristici e, dal punto di vista economico, inserendosi nel campo imprenditoriale con illimitate disponibilità economiche.

Altra indagine di rilievo nasce dagli accertamenti espletati dal Ros Carabinieri, in aggiunta a quelli già svolti dalla Dia in relazione ad un esposto anonimo, che segnalava inquietanti rapporti tra personaggi di un Comune dell’hinterland milanese e gruppi malavitosi organizzati di stampo mafioso localizzati nel medesimo comune e in quelli limitrofi.

Le più recenti acquisizioni investigative hanno anche confermato l’esistenza in un altro Comune dell’hinterland milanese di un gruppo politico-affaristico ed un continuo riferimento ai “calabresi”, anche in relazione alle recenti elezioni amministrative. Nell’ambito di un altro procedimento penale è emerso il coinvolgimento di elementi appartenenti alla Cosca di Isola Capo Rizzuto nell’acquisizione illecita degli appalti dell’alta velocità ferroviaria e del potenziamento dell’autostrada Milano-Torino in diverse tratte lombarde.

Avvalendosi delle potenzialità fornite dalla prima piazza economico finanziaria a livello nazionale, la ‘ndrangheta attua il riciclaggio e/o il reimpiego dei proventi derivanti dalla gestione, anche a livello internazionale, di attività illecite (traffico di sostanze stupefacenti, armi ed esplosivi, immigrazione clandestina, turbativa degli incanti, ecc.), inserendosi insidiosamente nel tessuto economico legale, grazie all'esercizio di imprese all’apparenza lecite (esercizi commerciali, ristoranti, imprese edili, di movimento terra, ecc).

La prevalenza criminale calabrese, peraltro, non è mai sfociata in assoluta egemonia, sicché altre organizzazioni italiane (Cosa nostra, Camorra e Sacra Corona Unita) e straniere (albanesi, cinesi, nord africane, ecc.) con essa convivono e si rafforzano, generando l’attuale situazione di massima eterogeneità.

Le attività della ‘Ndrangheta in Lombardia

In definitiva, quanto alle caratteristiche peculiari delle organizzazioni criminali monitorate, è stato possibile individuare due distinte realtà territoriali, le quali hanno, però, mostrato un’incidenza criminale omogenea: Milano e il suo hinterland, quale centro nevralgico della gestione di attività illecite aventi connessioni con vaste zone del territorio nazionale; area brianzola (Province di Milano, Como e Varese), dove il denaro proveniente dalle attività illecite viene reinvestito in considerazione della “felice” posizione geografica che la vede a ridosso del confine con la Svizzera e della ricchezza del tessuto economico che la caratterizza.

Nel corso degli ultimi anni, una ulteriore conferma della forte presenza della ‘ndrangheta si è rilevata nell’area dell’hinterland sud–ovest del capoluogo lombardo (in particolare nei comuni di Corsico, Cesano Boscone, Rozzano, Buccinasco, Trezzano sul Naviglio ed Assago) con particolare riferimento alle ‘ndrine provenienti dalla Locride, nonché dalla piana di Gioia Tauro.

Le principali ‘ndrine sono: “Morabito-Bruzzaniti-Palamara”, “Morabito-Mollica”, “Mancuso”, “Mammoliti”, “Mazzaferro”, “Piromalli”, “Iamonte”, “Libri”, “Condello”, “Ierinò”, “De Stefano”, “Ursini-Macrì”, “Papalia-Barbaro”, “Trovato”, “Paviglianiti”, “Latella”, “Imerti-Condello Fontana”, “Pesce”, “Bellocco”, “Arena-Colacchio”, “Versace”, “Fazzari” e “Sergi”.

Geograficamente il territorio lombardo può essere così suddiviso:

  • A Milano e hinterland opera attivamente la Cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti, che, tra l’altro, “utilizza” varie società aperte presso l’ortomercato, per fare arrivare nella metropoli ingenti “carichi di neve”, la cui domanda si è capillarmente diffusa tra i vari ceti sociali.
  • A Monza le “famiglie” Mancuso, Iamonte, Arena e Mazzaferro; • A Bergamo, Brescia e Pavia le “famiglie” Bellocco e Facchineri;
  • A Varese, Tradate e Venegono le “famiglie” Morabito e Falzea;
  • A Busto Arsizio e Gallarate la “famiglia” Sergi.

Le categorie economiche maggiormente a rischio di infiltrazione da parte della criminalità organizzata si possono indicare così:

- costruzioni edili attraverso piccole aziende a non elevato contenuto tecnologico, che si avvalgono della compiacenza di assessori ed amministratori locali amici e si infiltrano negli appalti pubblici;

- autorimesse e commercio di automobili;

- bar, panetterie, locali di ristorazione;

- sale videogiochi, sale scommesse e finanziarie;

- stoccaggio e smaltimento rifiuti;

- discoteche, sale bingo, locali da ballo, night clubs e simili (che implicano possibilità di conseguire ingenti incassi e di fare “girare” droga);

- società di trasporti;

- distributori stradali di carburante;

- servizi di facchinaggio e pulizia;

- servizi alberghieri;

- centri commerciali;

- società di servizi, in specifico, quelle di pulizia e facchinaggio.

I canali attraverso i quali viene “lavato” il denaro appaiono i più ingegnosi e diversificati. Recenti inchieste, ad esempio, raccontano che le cosche sono sempre più interessate ai cosiddetti Money transfert, gli sportelli da cui gli stranieri inviano denaro all’estero.

Sul territorio nazionale restano gli euro puliti dei lavoratori extracomunitari, fuori dai confini si volatilizzano i soldi sporchi. Altro canale utilizzato è quello dei supermercati e dei loro scontrini.

I registratori di cassa, emettono ricevute a raffica, anche con qualche cifra in più; così gli ‘ndranghetisti stanno aprendo catene di negozi e centri commerciali in società con cinesi. Altro settore su cui scommette la criminalità calabrese è quello dei giochi: nell’anno 2006, in Lombardia, i locali specializzati hanno fatturato 4,6 miliardi di euro, laddove le sale scommesse (54 in Lombardia, 41 in Milano e provincia) hanno registrato 1,5 miliardi di euro di puntate, il 55 per cento in più rispetto all’anno precedente.

Le cosche calabresi hanno fatto un definitivo salto di qualità, non limitandosi più a dare vita a delle s.r.l., ma anche a S.p.A., acquisendo, come nelle società quotate in borsa, i trucchi della scatole cinesi. La ‘ndrangheta è diventata, peraltro, una autentica banca parallela, “aiutando” imprenditori in difficoltà, offrendo fideiussioni bancarie e prestiti.

Negli istituti di credito i protetti dalle cosche ottengono “affidamenti mafiosi” per attività perennemente in perdita o mutui per immobili già di proprietà dell’organizzazione perché i direttori della filiale bene sanno che le garanzie sono altrove.

In cambio lo sportello “’ndranghetista” riceve capitali puliti o deleghe per conti correnti ed assegni da utilizzare nei circuiti ufficiali. Gli adepti, per i loro traffici, utilizzano internet con abilità singolare, ma, al contempo, doppi fondi e spalloni, criptano le loro comunicazioni con sistemi come Voip e Skype e poi parlano al telefono con l’antichissimo linguaggio dei pastori.

La ‘ndrangheta ha costruito una rete fatta di broker e commercialisti, avvocati e dirigenti di banca: una mafia “invisibile” più profusa alle transazioni online che ai picchetti armati ed alle estorsioni (in Lombardia, l’unica faida in corso insanguina la provincia di Varese, zona calda per la presenza dell’aeroporto di Malpensa) e le armi che continuano a pervenire dall’est europeo e dalla Svizzera vengono riposte negli arsenali.

In quanto “globale e locale” da semplice organizzazione si è tramutata in sistema.

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