Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul giudice Paolo Borsellino e sull’attento di via d’Amelio a trent’anni di distanza.


Il maxi processo finisce nel mese di dicembre del 1987. È una  vittoria per il pool. E per un’Italia che spera ancora.

Paolo Borsellino è sempre a Marsala. È passato ormai quasi un anno dalla polemica sui «professionisti dell’Antimafia».

E un giorno, sulla sua scrivania, trova una lettera di Leonardo Sciascia:

«Caro Dottor Borsellino, Le scrivo confidenzialmente, amichevolmente, a proposito dell’inchiesta che, dai giornali, apprendo Lei sta conducendo sul cosiddetto “Uomo cane” di Mazara del Vallo…».

C’è qualcuno che crede di sapere dove, per mezzo secolo e avvolto nel mistero, ha vissuto Ettore Majorana, il fisico siciliano misteriosamente scomparso nel 1938.

Alla sua sparizione, Leonardo Sciascia ha dedicato un bellissimo libro nel 1975. Nessuno ha mai più avuto notizie di lui. Qualcuno dice che è riparato in Sudamerica. Qualcun altro in un convento in Calabria. Molti sono sicuri che sia in fondo al mare.

Suicida, annegato, durante il suo ultimo viaggio sul postale Palermo-Napoli.

Leonardo Sciascia è incuriosito da una storia che i quotidiani locali stanno seguendo da qualche giorno.

Ci sono due fratelli di Mazara del Vallo, Edoardo e Antonio Romeo, che si rivolgono al procuratore Borsellino sostenendo che conoscono la vera identità di un barbone morto molti anni prima nella loro città. «Era Ettore Majorana», gli dicono. E aggiungono: «Lui ci ha raccontato che era stato un insegnante di fisica, aveva sulla mano destra una cicatrice identica a quella di Majorana. Ci ha fatto giurare che potevamo svelare il suo segreto a quindici anni dalla sua morte».

Il nome del barbone era Tommaso Lipari ma per tutti era l’“Uomo cane”. Si sosteneva con un bastone con incise due iniziale: E.M. Proprio come Ettore Majorana.

Paolo Borsellino affida l’indagine al maresciallo Carmelo Canale e aspetta i risultati delle sue verifiche.

Intanto Leonardo Sciascia gli manda quella lettera.

L’incontro con lo scrittore è a Marsala. Di mattina si vedono allo Stagnone di Mozia davanti alle isole Egadi, a pranzo sono seduti in una trattoria sul mare. C’è anche Agnese, la moglie di Paolo Borsellino.

È un momento di distensione dopo quell’articolo sui «professionisti dell’Antimafia». Con loro c’è pure il giudice Giuseppe

Alcamo, uno dei tre «concorrenti» nel 1986 a procuratore capo di Marsala.

Paolo Borsellino e Leonardo Sciascia parlano delle comuni origini agrigentine, dei figli, del loro lavoro.

Dopo qualche settimana si scopre che Tommaso Lipari è in effetti Tommaso Lipari e non il fisico Ettore Majorana. Il barbone, tantissimi anni prima, era finito nel carcere di Favignana dopo aver insultato un vigile urbano. Ci sono ancora le sue impronte digitali. Il mistero è chiarito per sempre

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