Nei quartieri di Roma dove esistono centri sociali organizzati, le palestre popolari offrono numerose possibilità a chi non può permettersi niente e a chi è vulnerabile
C’è un murale a colori che accoglie chi entra in via delle Isole Curzolane, nel quartiere Tufello, a nord ovest di Roma. Il volto di Valerio Verbano – lo studente antifascista ucciso a 19 anni con un colpo di arma da fuoco alle spalle, dentro casa sua, il 22 febbraio 1980 – occupa un muro adiacente a una scuola. Sulle palazzine che costeggiano la discesa che porta al civico 131 campeggia la scritta “Potere ai lavoratori”.
Lì, dall’edificio quadrato che ospita la Palestra popolare Valerio Verbano, risuona forte la strofa di una vecchia canzone de I cani: “Vergognati. Non della tua casa borghese, ma perché non hai ammesso mai di preferirla a quella più piccola a Monte Sacro”. Lo spazio, occupato nel 2006 e attivo dal 2008, era un vecchio locale caldaia Ater abbandonato, circondato da erbacce e stracolmo di siringhe, roba accatastata e rifiuti.
Oggi permette a tutti di fare sport a prezzi popolari. «Volevamo realizzare un progetto che rispondesse alle urgenze del quartiere, fino a poco tempo fa sprovvisto di servizi», racconta Giulio, tra gli insegnanti di kick-boxing.
Chiodi alle mura
È tardo pomeriggio, ma la sua lezione è appena cominciata. Dai chiodi appesi alle mura sotto le finestre alte, spuntano fuori guantoni e sacchi da boxe. Il modello della palestra si fonda sui principi della solidarietà e del mutualismo. «Alle nostre lezioni partecipano anche ragazzi di una casa-famiglia. E dal 2018 aderiamo al progetto ‘Boxe contro l’assedio’ che porta atleti e tecnici federali in Cisgiordania e a Gaza». La Palestra popolare Valerio Verbano è uno spazio che pratica i valori dell’antifascismo, dell’antirazzismo e dell’antisessismo. «Alcuni di noi fanno servizio d’ordine al centro sociale Brancaleone e al corteo in memoria di Valerio», raccontano Flavia e Silvia, che si allenano nella palestra.
Offrire al territorio competenza tecnica e professionalità a prezzi accessibili, nel tentativo di arrivare a rappresentare un’alternativa sportiva, sociale e culturale valida. In via della Vasca Navale c’è un cancello rosso. L’insegna con la scritta Cinodromo è prepotente.
È il Centro sociale autogestito Acrobax, che da 14 anni ospita la Popolare palestra indipendente. “Zona partigiana. Roma sud antifa”, recitano le scritte che campeggiano su qualche poster incollato sulle mura adiacenti all’ingresso. «Lo sport popolare è il cuore di questo spazio», racconta Marika, l’insegnante di capoeira della palestra. «Per molte persone venire qui è terapeutico: questo è un luogo di socialità, dove la cura e il benessere personale non necessariamente sono finalizzati all’estetica.
Tra gli allenatori e gli utenti si creano spesso relazioni di amicizia e chi frequenta questo spazio ha anche la possibilità di partecipare a iniziative e presidi. E per le persone più vulnerabili è molto importante», spiega. A farle eco c’è Lucrezia, un’altra delle insegnanti della palestra: «Negli anni abbiamo allenato diverse persone in difficoltà, provenienti da situazioni di disagio e cresciute in contesti familiari di violenza. E qui hanno trovato un posto nel quale confrontarsi e mettersi in gioco».
Il ring, dal colore nero, è disposto al centro della sala. Alle sue spalle una bandiera No Tav, una transfemminista e una che richiama i colori della Palestina. Su una libreria color noce, adibita a scaffale, è poggiata qualche coppa. Dal sughero inchiodato alla parete bianca della sala d’ingresso penzolano le medaglie.
«Lo sport deve essere per tutti, ma anche le gratificazioni sono importanti», dice Iacopo, istruttore di pre-pugilistica, che spiega: «Molti dei ragazzi che alleniamo accedono alle gare agonistiche. Non ci interessano le vittorie, ma vogliamo che chi viene qui, una volta che esce, sappia fare ciò che gli abbiamo insegnato».
San Lorenzo
Nella Palestra popolare di via del Volsci, nel quartiere San Lorenzo di Roma, è ancora presto perché risuonino le voci di alcuni dei bambini iscritti al corso di Taekwondo. Uno di loro, nell’attesa che la lezione cominci, divora una pizzetta bianca appena sfornata seduto in una sedia all’ingresso.
«Prima che entrassimo, nel 1998, volevano utilizzare questo locale per realizzare un nuovo Circolo degli artisti, ma ci siamo opposti. All’epoca l’unica palestra della zona era riservata agli studenti universitari e i residenti non avevano bisogno di un altro posto dove sentire la musica, ma di una palestra come questa. Alla portata di tutti e con prezzi popolari, appunto», racconta Antonella, presidente dell’Associazione sportiva dilettantistica (Asd) San Lorenzo.
Qui, oggi, è possibile fare yoga, pilates, capoeira, pugilato e karate. «Alcuni dei ragazzi che frequentano la nostra palestra vengono dalla strada, sono stati portati qui dai nostri stessi istruttori», ricorda ancora Antonella, che aggiunge: «Altri utenti, invece, provengono da centri di accoglienza e case-famiglia. Cerchiamo di aiutare più che possiamo chi ne ha bisogno.
E quando sappiamo che qualche ragazzo arriva da una famiglia in difficoltà decidiamo di non fargli pagare quote». Mentre parliamo, con un braccio indica la parete alla sinistra del ring. Lì sono disposte le foto degli incontri di boxe più memorabili. Il suo tono è fiero: «Essere una palestra popolare non vuol dire essere scarsi. È lo spirito che è diverso».
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