Dei molti programmi televisivi di cucina nessuno ha inciso nell’immaginario collettivo e ha contribuito a cambiare come la società guardi alla professione dello chef e ai ristoranti stellati quanto Masterchef. Il programma Endemol nato nel Regno Unito e presente in 34 paesi del mondo, è ricominciato per la dodicesima volta in Italia il 15 dicembre. Nella sua storia ha rappresentato tutta la filiera del cibo dalla coltivazione all’impiattamento, ha portato in scena un numero impressionante di grandi chef italiani e stranieri e trasformato in star eccellenze come Iginio Massari. 

La spettacolarizzazione dell’alta cucina e la chiave dell’ambizione ha creato il successo televisivo, altrove però si cominciano a diffondere anche rappresentazioni e racconti del mondo stellato più critici e duri come il film The Menu e la serie tv The Bear. All’incrocio di tutto rimangono gli chef giudici di Masterchef, Antonino Cannavacciuolo, Giorgio Locatelli e soprattutto Bruno Barbieri, che nel programma c’è dall’inizio, chef da sette stelle Michelin in carriera, personaggio televisivo da almeno sei programmi condotti e infinite partecipazioni, il testimone più importante di cosa sia successo alla cucina e alla società. «Masterchef è arrivato in un momento di cambiamento gastronomico nelle case e nelle famiglie. I ristoranti si stavano trasformando, le cucine dall’estero stavano arrivando ovunque, ma nessuno, nemmeno noi che facevamo il programma, aveva capito che stava per arrivare questa bomba».

Quale bomba?

Quella che ci ha trasformato, ma non solo qui in Italia, dovunque nel mondo sia arrivato il programma. Nessuno tra il pubblico immaginava che lo sperma del tonno può essere fatto a fette e mangiato come una bistecca! Nessuno di noi pensava che a seguito dei programmi come Masterchef le persone si sarebbero messe in casa gli abbattitori di temperatura!.

In cosa ci ha trasformato?

La gente ha capito che il cibo non è solo riempirsi la pancia ma c’è qualcosa di più dietro, c’è la sua storia e quella dei piccoli produttori in tutte le parti del mondo. Pensa che quando io decisi di fare il cuoco si trattava di una scelta per chi come me non aveva voglia di studiare. Oggi ambire a fare lo chef è come ambire a fare il chirurgo. I ragazzini dicono di voler fare lo chef.

Questa centralità della cucina è una bolla o rimarrà?

No, ma che bolla! Io credo che l’interesse intorno al cibo aumenterà! Il cibo è storia, fa parte del background di tutti. Chi non ha avuto una nonna o uno zio legati al cibo? Hai visto che è successo quando siamo rimasti in casa per i vari lockdown? Tutti a fare pane e pizza, la farina che non si trova più… Finalmente l’abbiamo capito: finalmente questo mestiere è diventato importante!.

A Masterchef siete molto attenti agli sprechi, alla sostenibilità e a tutto quello che non va fatto nel gestire una cucina, però non si parla mai della qualità del lavoro. Ritmi massacranti sono inevitabili per un ristorante che aspira alle stelle e alla cucina gourmet?

Non sono molto d’accordo. È normale che quando lavori in cucina ci siano delle regole da rispettare e queste vanno imparate da subito. Idem a Masterchef: ci sono regole da imparare e rispettare. Ma anche nelle cucina casalinga ci sono regole, perché altrimenti chi vive con te si arrabbia. Sono cose che vanno insegnate, non si può fare la spesa distratti, comprare mille cose, buttarle nel frigo e poi ti muoiono, per questo nel gioco ci sono regole anche su come fare la spesa. Sono cose che servono nella vita.

LaPresse

Intanto sempre di più chi racconta la cucina fuori dai programmi (i film o le serie tv) comincia a dare un altro ritratto, quello di un mondo del lavoro malato.

Quello che si vede in tv alle volte è vero, alle volte è un po’ spinto. Tuttavia scaricare merci dai container al porto di Genova o stare 14 ore in cucina non è diverso. È un lavoro massacrante, un mestiere duro e complesso, non facile da fare.

Quindi quel ritratto così duro è vero?

Considera che le cose sono molto cambiate negli ultimi anni, le tecnologie arrivate dentro le cucine hanno evoluto molti meccanismi, oggi non si lavora più 19 ore al giorno come facevo io all’inizio, perché per molte cose si schiaccia un bottone. 

E psicologicamente?

Ogni chef ha il suo modo di imporsi o organizzare il lavoro, ma sì, psicologicamente è impegnativo: ti alzi alle quattro del mattino, vai al mercato e devi sapere cosa stanno vendendo in Papa Nuova Guinea in quel momento. Un grande cuoco crea 50 o 60 piatti l’anno e solo uno o due restano nel suo percorso gastronomico. Non è tutto facile o semplice. Poi come tutte le cose se ti piace ti viene facile e spontaneo. Io non ho mai guardato un orario e andavo a lavorare pure con la febbre. Ma la mia cucina è sempre stata un circo, non le ho mai gestite come la Gestapo. Io sono bolognese, non posso essere cattivo!.

Eppure è proprio lei che più di tutti dà un’immagine degli chef come datori di lavoro inflessibili, che mettono grande pressione…

La mia durezza viene dall’esigenza di non farmi fregare, non farmela raccontare. Anche quando gli amici mi invitano a mangiare rompo le scatole. La vera cucina però non è così spietata, un bravo chef è come un bravo allenatore.

22/03/2010 Majano, La chef Antonia Klugmann

Il mondo dello spettacolo è stato il primo a promuovere un nuovo ruolo per le donne, quello della cucina sembra invece ancora indietro. Masterchef che è all’incrocio dei due mostra e premia moltissime ottime concorrenti ma poi ha avuto una sola giudice e per poco tempo. L’alta cucina è ancora molto maschile?

Questa è un’immagine un po’ vecchia, oggi le cose sono cambiate. Antonia Klugmann è venuta a far parte dei giudici, poi alle volta capita che si abbiano altri impegni nella vita.

Andata via lei però non è stata sostituita da un’altra donna.

Sono convinto che Masterchef sia un programma per tre giudici, solo così ognuno ha il tempo giusto per creare del feeling con i concorrenti, instaurare un rapporto (per quanto velato) e lasciargli qualcosa o trasmettergli dei meccanismi che li facciano crescere. Giorgio Locatelli è arrivato anche perché l’ho voluto io, ha quella parte anglosassone che gli viene dall’aver lavorato all’estero, che ci voleva.

Qualora qualcuno di voi tre giudici dovesse lasciare Masterchef c’è un nome di chef donna che pensa sarebbe adeguato?

Guarda, noi tre siamo talmente fusi insieme che è impossibile immaginare il programma senza uno di noi. Poi può succedere di tutto ma credo sia l’unica cosa a non cambiare.

E fuori da Masterchef com’è la situazione?

Se vai a vedere tra i primi 20 grandi chef del mondo, trovi almeno cinque o sei donne. Una volta era impensabile, perché sai com’era: le donne dovevano stare a casa, avere dei figli… Oggi invece per fortuna è tutto cambiato e molte donne gestiscono ristoranti stellati. Io poi nelle mie brigate ho sempre voluto donne in certi posizioni, perché ci sono dei lavori che fanno molto meglio degli uomini.

08/12/2022 Milano, Photocall per la nuova edizione di Masterchef Italia. Nella foto Giorgio Locatelli, Antonino Cannavacciuolo e Bruno Barbieri

Ad esempio?

Sicuramente per un certo modo di gestire le pasticcerie sono avanti, c’è proprio un tipo di manualità che solo le donne hanno.

Quali sono i programmi televisivi che ha rifiutato?

Quando si fa televisione bisogna stare attenti, perché come ti rende un protagonista poi in un nanosecondo sei finito. Per decidere di fare un programma devi assicurarti che il gruppo di persone che lavora con te e organizza le cose ti aiuti. Altri programmi ne ho fatti, anche in diretta e con il pubblico, come Cuochi dal mondo, ma ora mi dedico solo ed esclusivamente a due: Masterchef e 4 Hotel. Sono gli ambiti più importanti oggi. Vorrei fare in modo che tramite la televisione il mondo dell’hotellerie avesse la medesima esplosione di quello della cucina, perché è il biglietto da visita del nostro paese. Se parliamo di hotel di media grandezza, i boutique hotel (non le grandi catene), eravamo fermi agli anni Sessanta e Settanta, ora invece in quel segmento stiamo accendendo la miccia che dodici anni fa abbiamo acceso con Masterchef. La gente sta capendo che l’hotellerie non è buttare quattro quattro cose su un tavolo. E poi sto lavorando ad un grande progetto per il cinema ma è troppo presto per parlarne.

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