L'età dello spaesamento è quello dell'insicurezza: ci sono meno punti di riferimento, tutto si confonde e, come si dice, non c’è più nemmeno tanta differenza tra destra e sinistra. Qualche pensatore l’ha chiamata “età del vuoto” in cui si parla troppo di crisi (ambientale, finanziaria, economica, climatica, valoriale), il che provoca pessimismo e lascia apparentemente una sola via di uscita: quella individuale del “si salvi chi può”.

Il capro espiatorio

Davanti ai problemi della convivenza – specie in città-  si cercano facili capri espiatori come i poveri, invece di combattere la povertà. La storia dell’Esquilino a Roma, raccontata su queste pagine, è emblematica: la soluzione a tutti i problemi risiederebbe nella cacciata di 8 (otto!) senza fissa dimora. Tale falsa soluzione che pare rassicurare e confortare è come una scienza della felicità privata. Ma si compie un paradosso: la fuga dall’insicurezza e dal disordine è solo apparentemente una scelta individuale o locale: in realtà si tratta di una traccia del mercato globale.

Non si sfugge alla globalizzazione, che tutto ingurgita e che ha creato un’industria della sicurezza e del conforto individuale. Un intero settore commerciale è specializzato in prodotti e servizi di sollievo e sostegno morale, psicologico e fisico per l’individuo. La globalizzazione crea il problema e la soluzione assieme. Fatta salvo l'industria della sicurezza vera e propria, esiste un vastissimo ambito di cura della persona che va dalle medicine, agli antidepressivi, alla ginnastica, alla cura del corpo e via via fino alla chirurgia estetica (domani alla clonazione?).

All'uomo spaesato sono offerte molteplici possibilità per curare le proprie ansie, tra le quali le più rozze sono proprio le petizioni contro i poveri, come all’Esquilino. Il motto è “stare bene con sé stessi” per vincere l'angoscia, e allontanare ogni fastidio. Si dimentica che chi ha sofferto di più della pandemia sono proprio i senza tetto. Tale approccio ha a che fare con l'ordine: c'è sempre meno tolleranza per il disordine che crea disagio e contrasta il decoro.

Nella globalizzazione prevale un'idea sempre più autoritaria di vita sociale, per limitare il caos. Ogni cosa deve essere illusoriamente rimessa al suo posto, per non creare apprensione. L’uomo della globalizzazione non sopporta più nulla. Pochi immigrati o nomadi in un quartiere possono ingenerare un panico totalmente spropositato rispetto al fatto in sé. E i media amplificano tale finto terrore. Disagio e decoro divengono le parole d'ordine di tale contesto emotivo: sostantivi appositamente indefiniti e vaghi. Così in tre decenni si è passati dalla rivolta giovanile, protestataria, anti-autoritaria, egualitaria, favorevole alla libertà dei costumi, ad un’ossessiva quanto cieca ricerca di ordine esistenziale soggettivo, nel quadro del liberismo economico più sfrenato.

La stessa generazione che ieri si volle libertaria e sregolata, oggi -non sopportando più nessun disagio o fastidio- si scopre alla ricerca di ordine per contenere l'ansia. Ma non ci sarà alcun ordine senza solidarietà e spirito di convivenza.  

© Riproduzione riservata