«Da prefetto di Roma sono quello che l'ha inserito nell'elenco dei centri che sono da sgomberare», ha detto il capo del Viminale a margine del Meeting di Rimini. Sul Leoncavallo: «Lo sgombero del Leoncavallo non è stato anticipato»
«Anche CasaPound rientra, io sono stato da prefetto di Roma quello che l'ha inserito nell'elenco dei centri che sono da sgomberare, prima o poi arriverà anche il suo turno». A margine del Meeting di Rimini, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha risposto ai giornalisti che lo hanno interpellato sullo sgombero del centro sociale Leoncavallo di Milano avvenuto il 21 agosto.
A chi gli fa notare che il collega di governo Alessandro Giuli ha detto che l'immobile di CasaPound potrebbe non essere sgomberato nel caso in cui rientri nella legalità, il ministro ha spiegato: «Credo abbia detto che se si legalizza in qualche modo potrebbe non essere sgomberato. È successo già ad altri centri, il comune di Roma ha comprato addirittura delle strutture per legalizzarli, è successo anche in altre città».
Sul caso è intervenuto anche il presidente della commissione Cultura della Camera, il meloniano Federico Mollicone. «Sosteniamo il ragionamento del ministro Giuli rispetto al fatto che Casapound debba essere valutata alla stregua dei più di 200 centri sociali occupati di cui decine solo a Roma», ha detto.
«Se anche Gualtieri acquista un immobile al Tuscolano per 22 milioni per regalarlo agli occupanti – ha aggiunto – non si capisce perché un processo di transizione legale non debba essere valutato anche per lo stabile di via Napoleone III, di proprietà pubblica così come lo Spin Lab occupato da sostenitori del PD e di Gualtieri, tanto da essere sede delle primarie del Partito Democratico. Casapound, un movimento extraparlamentare che non ha nulla a che fare con Fratelli d'Italia, è diventata la foglia di fico per attaccare il Governo, ma ancora una volta la sinistra prende una cantonata».
Sul Leoncavallo
Lo sgombero del Leoncavallo di Milano «non è stato anticipato, anzi noi siamo stati condannati per un ritardo nell'esecuzione dello sfratto. Io ricordo a tutti che abbiamo pagato e siamo stati condannati a pagare per quel ritardo 3,3 milioni euro solo per i dieci anni pregressi e ogni ritardo avrebbe comportato un ulteriore risarcimento».
Il capo del Viminale ha poi aggiunto: «Voi capirete - ha aggiunto - che non era più procrastinabile nel momento in cui era possibile restituire la proprietà, è stata fatta un'operazione quantomeno doverosamente logica».
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