«In uno stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità». La premier Giorgia Meloni è intervenuta così sullo sgombero dello storico centro sociale di Milano Leoncavallo, avvenuto nelle prime ore della giornata. Dimenticando, però, che esistono anche altre occupazioni abusive, più vicine alla sua parte politica, come quella di Casapound a Roma. Mentre il sindaco Beppe Sala, in una nota, ha fatto sapere di non essere stato avvisato. «Per un'operazione di tale delicatezza, c'erano molte modalità per avvertire l'amministrazione milanese. Tali modalità non sono state perseguite. Ho ricevuto stamattina dal prefetto la notizia», ha dichiarato il primo cittadino meneghino secondo cui «il Leoncavallo deve continuare ad emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità».

Lo sgombero alle prime ore del mattino

L’ufficiale giudiziario era atteso in via Wattau il prossimo 9 settembre, ma sono stati anticipati i tempi. Alle 7.30 della mattina del 21 agosto polizia ed ufficiale giudiziario hanno dato inizio alle operazioni di sfratto del Leoncavallo dai locali di via Watteau a Milano. All’interno dell’ex cartiera, di proprietà  dei Cabassi non era presente nessuno. Lo storico centro sociale, nato nel 1975 nella sede di via Leoncavallo, da cui era stato sgomberato nel 1994, viveva nei locali di via Wattau dallo stesso anno. «Dopo quarant'anni di nuovo uno sgombero ad agosto. Non mi pare una buona idea ripetere il passato»: ha dichiarato Mirko Mazzali, legale del Leoncavallo alla notizia della esecuzione dello sfratto. «C'era una data, il 9 settembre, e dovrebbe essere rispettata. Cerchiamo di capire perché è successo e se è legittimo. Avevano richiesto l'uso della forza pubblica per il 9 settembre, se hanno anticipato immagino ci sia una ordinanza del questore». Proprio a inizio settembre, nell'area di via Watteau, era prevista la festa nazionale di Alleanza Verdi Sinistra. 

Per l’occupazione di quegli spazi il ministero dell’Interno è stato condannato al risarcimento di 3 milioni di euro alla società dell’Orologio, proprietaria dell’immobile. Multa che il Viminale ha girato alla presidente dell’associazione Madri Antifasciste del Leoncavallo. 

«Se perdi anche il Leoncavallo cosa ti rimane? Il nuovo piatto che puoi trovare anche a Masterchef?» si legge in un appello di qualche mese fa firmato anche da Sandrone Dazieri e Paolo Rossi. «È uno sfratto esecutivo. Avremo 30 giorni per trovare un accordo con la proprietà per prendere un po' di cose»: dicono le Mamme del Leoncavallo che parlano di «una tragedia». 

ANSA

La mobilitazione


«Riprendiamocelo» è l'urlo partito al presidio che si è formato in via Stella dove continuano ad arrivare persone dopo la notizia dello sgombero. «I simboli fanno paura, la storia ancora di più» scrivono sui social gli attivisti convocando il presidio e un’assemblea pubblica cittadina per le 18.00 di oggi, 21 agosto.

«Un attacco diretto alla libertà di critica e di espressione, un assalto ai diritti scritti nella nostra Costituzione». Dice Daniele Biacchessi, scrittore e autore tra l'altro del libro inchiesta Fausto e Iaio che nota come lo sgombero avvenga «in agosto mentre le inchieste fanno emergere un sistema corrotto composto da politici, costruttori, architetti e faccendieri. Si tolgono spazi di cultura, si costruiscono grattacieli senza ascensori sociali. Una vergogna».

Proprio nei giorni scorsi lo storico centro sociale aveva lanciato una raccolta fondi per difendere lo spazio dallo sfratto. Gli attivisti hanno, infatti, in corso un dialogo con il Comune di Milano per l’assegnazione di un nuovo spazio individuato in via San Dionigi per cui si attendeva la pubblicazione di un bando. Spazio che presenta, però, una serie di criticità a partire dal fatto che non è al momento agibile e che va bonificato dall’amianto. 

Le reazioni politiche
 

Immediato, sui social, il plauso del ministro Matteo Salvini: «Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia.
La legge è uguale per tutti: afuera!». Eppure anche lui, da giovanissimo, prima di approdare alla Lega era un frequentatore dello storico centro sociale, come ha ricordato nei mesi scorsi Giorgi Gori postando su X un vecchio articolo del Corriere della sera.

«Oggi finalmente viene ristabilita la legalità», scrive in una nota il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. «Per trent’anni quell’immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo stato costretto persino a risarcire i danni dell’occupazione. Il governo ha una linea chiara: tolleranza zero verso le occupazioni abusive». 

Di tono diametralmente opposto, arrivano anche le dichiarazioni dell’opposizione. «Si consuma l'ennesimo atto di violenza immobiliare. La nostra totale solidarietà al Leoncavallo. Non ci stiamo a vedere Milano svuotata di senso, ridotta a vetrina per turisti e speculatori». Ha affermato Marco Grimaldi di Avs parlando del Leoncavallo come di  «un presidio culturale, politico, umano. Un luogo che da cinquant'anni dà voce a chi non ne ha, che ha curato ferite sociali che le istituzioni hanno spesso ignorato».

Il quartiere Greco nella Milano degli immobiliaristi

Dal 1994, anno in cui il Leoncavallo si è trasferito nel quartiere Greco, la zona ha cambiato faccia. «Oggi via Watteau vale miliardi», raccontava a Domani Enrico, uno dei più giovani occupanti dello storico centro sociale - e l’amministrazione stende un tappeto rosso ai Cabassi, proprietari dell’immobile, che a Milano hanno già guadagnato cifre stratosferiche. In città i centri sociali hanno perso la battaglia sulle aree dismesse: sono tutte messe a profitto dagli immobiliaristi». Ma la vera domanda è, come dice sempre l’attivista, «cosa sorgerà al posto del Leo, un ambulatorio popolare? No, chiaramente sorgerà un nuovo complesso residenziale da decine di migliaia di euro al metro quadro». 

Il primo sgombero il 16 agosto del 1989

Il primo sgombero del Leoncavallo avvenne in un’altra mattina, quella del 16 agosto 1989. Quando, in una Milano completamente deserta, polizia e carabinieri circondarono lo stabile di via Leoncavallo, occupato sin dal 1975. In quell’occasione trovarono una durissima resistenza da parte degli occupanti che salirono sui tetti e riuscirono a restare all’interno del centro sociale per due ore, nonostante il fitto lancio di lacrimogeni. Lo sgombero si chiuse con 55 arresti e 26 denunce degli occupanti. 

La storia del Leoncavallo è strettamente connessa a quella dei movimenti che hanno attraversato gli anni ‘80 e ‘90, quella di «una generazione non più disposta ad accettare una città disegnata dalle grandi società immobiliari a misura dei propri profitti». Come scrivevano gli storici occupanti nel volantino che convocava il corteo nazionale in seguito al violento sgombero del 1989. Uno sgombero di fatto fallito – lo stabile venne rioccupato pochi giorni dopo - ricordato sui social anche da Luca Casarini. 

«Se fossi in loro, da Salvini in giù, farei meno baldoria», ha scritto il capo missione di Mediterranea, «lo spirito del Leoncavallo non potranno mai ucciderlo. È lo spirito di chi dal basso ha sempre lottato contro l’ingiustizia sociale e i ras della speculazione del mattone in una città come Milano. È lo spirito della cultura autogestita senza padroni cocainomani che organizzano sfilate alla moda. Non si cancellano 50 anni di storia, nemmeno se si ha a disposizione l’esercito».

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