Continua a far discutere la scelta di non accettare le firme digitali come certificazione delle liste da parte di alcune circoscrizioni elettorali. Secondo l’esperto Giuseppe Corasaniti, ex procuratore della Corte di Cassazione, dove ricopriva anche il ruolo di responsabile Innovazione e attualmente professore alla Luiss, l’Italia rischia una condanna da parte della Corte di giustizia europea se non accettasse il ricorso di Marco Cappato per certificare la validità delle firme digitali, in formato Spid, presentate per la sua lista elettorale “Referendum e democrazia”.

Il regolamento europeo

Il professore, che appoggia la presentazione, spiega: «L’iniziativa della lista "Referendum e Democrazia” è sacrosanta a livello europeo perché il principio è fissato e determinato da un regolamento, il che vuol dire che espone l’Italia a una procedura d' infrazione di fronte alla Corte di giustizia, oltre che a un comprensibile ricorso, con ampi margini di fondatezza di fronte alla Corte europea dei diritti umani. Si tratta di un vero e proprio diniego di un diritto riconosciuto da un regolamento europeo».

Corasaniti infatti ricorda come in Europa sia presente ormai da anni un regolamento molto chiaro riguardo alla validità delle firme digitali «Bisogna considerare una importante fonte essenziale: il Regolamento dell'Unione europea, eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) UE n. 910 del 2014, attenzione è un Regolamento ovvero ha una forza superiore a quella di una fonte di legge. Equipara le firme digitali a quelle cartacee e si basa sul principio di indiscriminazione per cui nessun cittadino può essere, nel territorio dell'Unione Europea, discriminato per il solo fatto che utilizzi la firma digitale». 

I ricorsi 

Ieri i rappresentanti della lista “Referendum e Democrazia” avevano presentato i ricorsi nelle circoscrizioni dove lunedì 22 agosto erano state consegnate personalmente le firme digitali, tramite pennetta. Le Corti d’Appello competenti per le circoscrizioni di Camera Europa e Lombardia 1, Senato Europa e Emilia Romagna 1 e 2, Lazio 1 e 2, Lombardia 1,2 e 3, Piemonte 1 e 2, Toscana e Veneto 1 e 2 avevano motivato in modo non uniforme la non accettazione delle firme digitali con l’unico argomento comune relativo alla non equiparazione della firma digitale qualificata per la sottoscrizione delle liste elettorali.

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