Il carcere milanese è fatto per ospitare massimo 450 detenuti ma al momento sono ristretti in 1.111. All’interno il tasso di sovraffollamento, al 247 per cento. Oltre 300 ristretti soffrono di patologie o disagi psichici
Milano, San Vittore: la casa circondariale pensata per 450 persone ne ospita oggi 1.111, con temperature interne alla struttura che raggiungono i 37 gradi. I detenuti con dipendenze sono 600, mentre 400 presentano problemi psichiatrici accertati. È questo il quadro emerso mercoledì 2 luglio durante la visita dell’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone.
San Vittore non è un’eccezione: rappresenta oggi lo stato del sistema penitenziario italiano. Una crisi strutturale fatta di sovraffollamento, marginalità sociale, carenza di personale e condizioni sanitarie e ambientali insostenibili. Il tasso di sovraffollamento, al 247 per cento, è il più alto del Paese. Dei detenuti presenti, il 67,3 per cento è di origine straniera, quasi il 20 per cento ha meno di 24 anni, e tre sono i minorenni in attesa di trasferimento in strutture adeguate. Uno di loro verrà mandato a Catanzaro: è il primo posto disponibile, a oltre 1.000 chilometri di distanza. Un caso che riflette il livello di saturazione senza precedenti del sistema penale minorile e le conseguenze del decreto Caivano.
Alle condizioni di sovraffollamento si sommano quelle igienico-sanitarie e ambientali. Due celle sono state chiuse per un’infestazione da cimici del letto. I reparti sono per lo più chiusi, il che significa che i detenuti hanno il diritto di lasciare la cella solo per l’ora d’aria, da trascorrere in cortili roventi. L’unico sollievo al caldo soffocante è l’acquisto privato di ventilatori, al costo di 30 euro, inaccessibile per molti detenuti. Non più di due per cella, anche quando questa ospita fino a otto persone.
Dal punto di vista della salute mentale, la situazione è altrettanto tragica. Solo a maggio si sono registrate 497 visite psichiatriche, segno di una domanda di cura che il carcere non è in grado di soddisfare. Sono 217 le persone con diagnosi psichiatriche gravi e 171 quelle con disturbi di personalità o disagio mentale. La domanda che la politica continua a eludere è semplice: è davvero il carcere l’istituzione in grado di prendere in carico la sofferenza psichica di decine di migliaia di persone? A rispondere sono ancora una volta i numeri: 36 suicidi dall’inizio dell’anno, l’ultimo dei quali proprio a San Vittore.
Non si tratta di eventi isolati, né ha più senso parlare di emergenza. Queste morti sono l’esito prevedibile di politiche che criminalizzano povertà, immigrazione, tossicodipendenza e disagio mentale, senza prevedere misure di cura e accoglienza sul territorio, percorsi di recupero, presa in carico da parte dei servizi sociali o sanitari.
A fronte di questi numeri, il carcere è privo di risorse sufficienti: mancano 150 agenti penitenziari rispetto all’organico previsto. L’Icam – l’istituto a custodia attenuata per madri detenute – è chiuso, e le donne con figli sono state trasferite a Bollate. Ogni mese San Vittore registra circa 300 nuovi ingressi. Tra le persone recluse, anche un uomo di 83 anni, senza fissa dimora, condannato per un reato di lieve entità. All’uscita non avrà una casa né alcuna misura alternativa predisposta e verrà quindi restituito alla marginalità che lo ha condotto in carcere.
L’altissimo turnover di detenuti, la mancanza di supporto psicologico, la compressione degli spazi e delle possibilità di socialità rendono la vita quotidiana dei reclusi un orrore che nulla a che vedere con la rieducazione.
«San Vittore non è un’eccezione: è lo specchio di un sistema penitenziario in piena crisi che ha smesso di garantire i diritti fondamentali», dichiarano i portavoce di Antigone. «Ci uniamo all’accorato messaggio del presidente Mattarella, chiedendo subito una risposta concreta al sovraffollamento e alle condizioni delle strutture penitenziarie, a partire dalla riduzione della popolazione detenuta, da un investimento reale nella salute mentale e da un piano straordinario per l’emergenza climatica nelle carceri i».
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