L’aereo della leader di Fratelli d’Italia era in ritardo, ma il segretario della Lega aveva un treno che non poteva perdere. E così l’incontro a sostegno del candidato sindaco del centrodestra a Milano Luca Bernardo, ultima iniziativa comune in vista del voto di domenica e lunedì, diventa l’occasione per due fotografie uguali e distinte.

Nel primo scatto si vede Matteo Salvini con Antonio Tajani di Forza Italia, Maurizio Lupi di Noi con l’Italia e il primario Luca Bernardo. Nella seconda foto Salvini scompare e al suo posto entra Giorgia Meloni.

La conferenza stampa era fissata per metà mattino, nell’auditorium di un hotel in zona Rogoredo, a Milano. Ma il leader della Lega e quella di FdI non si sono incrociati: lui ha preso il treno delle 11.26, lei è arrivata in sala un minuto prima. «Scusate il ritardo, Alitalia in questi giorni ha un po’ di problemi. Ma ci tenevo a esserci per ribadire il nostro sostegno al candidato e per smentire le voci su presunte divisioni nel centrodestra», ha detto Meloni.

Un tentativo di smorzare gli animi accolto dal brusio dei presenti e reso vano dall’ira di Ignazio La Russa, che ha puntato il dito contro Alitalia – «fa schifo e fa bene a chiudere» – e si è sfogato al telefono con Daniela Santanchè: «Sono due pazzi, uno scappa e l’altro arriva. Matteo se n’è andato e non ha dato ascolto a nessuno. Ma io voglio bene a entrambi».

Un regolamento di conti

L’episodio ricorda quanto avvenuto lo scorso 16 luglio, quando la leader di FdI ha disertato la presentazione del candidato sindaco Bernardo, generando dissapori all’interno del centrodestra. Incidenti come quello di ieri mostrano in maniera evidente le frizioni che attraversano la coalizione, alla fine di una campagna elettorale fosca e sonnolenta. Salvini e Meloni non sembrano avere interesse per le sfide elettorali che serviranno soprattutto per regolamenti di conti interni, in vista dell’elezione del presidente della Repubblica e delle elezioni politiche.

I due non hanno deciso di perdere, ma spesso danno questa impressione. In realtà si sono trovati in una situazione disastrosa su cui si sono comodamente adagiati. Sull’andamento della campagna elettorale ha pesato la scelta dei candidati, in alcuni casi non all’altezza: le uscite di Enrico Michetti a Roma e di Luca Bernardo a Milano parlano da sole. A produrre la corsa al ribasso è stato un insieme di fattori che va dall’assenza di una classe dirigente di livello fino alle rinunce di candidati più all’altezza della sfida.

Le comunali del 3 e 4 ottobre serviranno più che altro a chiarire i rapporti di forza tra i partiti della coalizione. E anche dentro di essi. Rimane aperta la sfida su chi prenderà più voti tra Salvini e Meloni, fermo restando l’accordo per cui il partito più votato esprimerà il candidato premier. All’interno della Lega, si avvicina il redde rationem tra l’ala sovranista dell’ex ministro dell’Interno e l’ala governista che risponde a Giancarlo Giorgetti e ai governatori del nord. Mentre Fratelli d’Italia, che all’esterno appare compatto, dovrà gestire la frattura tra l’anima milanese e quella romana, oltre all’assenza di una classe dirigente in grado di governare.

Il centrodestra è unito

Dalle parti di Milano, ieri tutti ripetevano che «l’unità della coalizione non è in discussione». Un mantra che si dissolve nell’aria ogni volta che viene evocato. Le dichiarazioni degli ultimi giorni, a partire dall’attacco di Giorgetti a Salvini e dal suo endorsement per Carlo Calenda a Roma, non sono state indolori.

«Noi ci presentiamo tutti insieme, altri stanno facendo accordi per garantire qualche poltrona ai Cinque stelle per il secondo turno», ha detto Salvini, sicuro che il caso Morisi non influirà sui risultati delle amministrative. A rivendicare l’unità di intenti nel centrodestra è stata anche Meloni: «Noi siamo uniti, i nostri avversari no. Noi facciamo manifestazioni insieme, non mi sembra che Speranza, Conte e Letta facciano lo stesso».

Il terzo incomodo

Ma il vero assente all’incontro di ieri, anche se ormai non è più una novità, era Silvio Berlusconi, 85 anni appena compiuti. Il leader di FI, in un’intervista alla Stampa smentita dal suo staff e confermata dal direttore del giornale, ha detto di stare bene e di essere «pronto a tornare in campo».

Peccato che abbia accompagnato la notizia con parole svilenti nei confronti degli alleati: «Se Draghi va al Quirinale, poi a chi dà l’incarico di fare il governo? A Salvini, alla Meloni? Ma dai, non scherziamo». Insomma, nonostante le smentite e i sorrisi di circostanza, le frizioni e gli attriti fra i partiti del centrodestra sembrano aumentare. Oggi, a Roma, è previsto un punto stampa a sostegno di Enrico Michetti. Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno promesso che ci saranno.

 

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