Un minuto di silenzio per Ciccio Franco, sindacalista della Cisnal, ex senatore missino, neofascista leader dei “boia chi molla” e capo della rivolta scoppiata a Reggio Calabria nel 1970 conosciuta come i moti per Reggio Capoluogo.

È successo sabato scorso 13 novembre durante il Consiglio comunale di Reggio Calabria, città natale di Franco, oggi a guida Pd. La richiesta è arrivata da Antonino Minicuci, consigliere del centrodestra, candidato della Lega alle comunali del 2020, ed è stata accolta dall’intero consiglio – maggioranza e opposizione – che si è alzato in piedi e ha poi applaudito per rendere omaggio all’ex collaboratore di Avanguardia nazionale.

È rimasto seduto, in segno di dissenso, solo Pazzano, consigliere comunale eletto nel 2020, sostenuto dal movimento la Strada, da Democrazia e Autonomia e da Possibile. Pazzano ha poi postato sui social il video del momento: «Solo io sono rimasto seduto al mio posto – ha scritto – L’ho fatto per ragioni storiche, civili, politiche, di coscienza. Memoria è una parola seria».

«Non mi capacito di quest’omaggio, non credo sia una figura da onorare – ha detto Pazzano a Domani – Mi ha sorpreso che sia stato subito accolto dal presidente del consiglio, ma non che abbia partecipato anche il centrosinistra. Il motivo del gesto non saprei dirlo, credo sia stato per una sorta di “pacificazione storica”. Ma per me è un’azione di rimozione che non è sana laddove manca l’analisi storica e politica».

Il precedente con Scopelliti

La città di Reggio Calabria aveva già una volta onorato la memoria di Ciccio Franco, durante l’amministrazione di Giuseppe Scopelliti, sindaco di Reggio dal 2002 al 2010, intitolandogli l’arena principale della via Marina, con un busto che lo raffigura su quella che è la passeggiata principale della città.

Per Pazzano è lecito parlare di «incoerenza» da parte di un Consiglio comunale «che solo la settimana scorsa ha votato una risoluzione contro Forza Nuova. È una contraddizione non solo per chi si proclama antifascista, ma anche solo per chi dice di stare “dalla parte della buona politica”».

Senatore per vent’anni, dal ’72 al ’91 – anno della morte – Francesco “Ciccio” Franco viene arrestato nel 1970 per il ruolo da leader avuto nei moti di Reggio, iniziati come rivolta popolare (trasversale a diverse forze politiche) in opposizione alla decisione di far diventare Catanzaro capoluogo di regione, e poi da lui indirizzati in senso violento e neofascista.

Per l’occasione recupera il motto di dannunziana memoria «Boia chi molla». Resta in carcere due mesi per istigazione a delinquere e apologia di reato, poi torna in libertà, ma alla notizia dell’arresto un assalto della Questura organizzato da centinaia di suoi sostenitori aveva portato alla morte di un poliziotto di 47 anni, Vincenzo Curigliano.

La polizia lo cerca ancora, lui passa un periodo di latitanza. «Molti, oggi, fanno i fascisti semplicemente perché ritengono che la battaglia di Reggio sia interpretata in modo fedele solo dai fascisti» dice a Oriana Fallaci quando lei lo scova per un’intervista nel ’71. Nel ’72 è di nuovo indagato, stavolta per terrorismo: ha distribuito dei volantini contro una manifestazione antifascista che è stata preceduta da otto bombe piazzate sui treni diretti a Reggio, ma al processo viene assolto.

Sospetti di ‘ndrangheta

Il suo nome è emerso anche in un’inchiesta dopo la sua morte, quando nel 1993 un pentito della ‘ndrangheta, Giacomo Lauro, ammette che era stato il Comitato d’azione per Reggio capitale, guidato da Franco, a commissionare all’organizzazione mafiosa calabra alcune azioni eversive, tra cui il deragliamento del treno di Gioia Tauro del luglio 1970, che aveva provocato la morte di sei persone e il ferimento di altre 66.

«Sui moti del settanta le analisi sono diverse – spiega Pazzano – ma Franco è una figura controversa anche rispetto alla destra. Di quello che è successo in quegli anni ancora paghiamo le conseguenze: quell’epoca ha dato la stura a tante cose negative che riguardano il nostro territorio. Ci sono addirittura ancora inchieste in corso».

«L'omertà diventa certamente più ferrea, quando non si ha il coraggio di indagare fino in fondo – diceva in parlamento nel 1973 il senatore del Psi Salvatore Frasca, parlando dei fatti di Reggio – non arrestando soltanto qualche giovincello iscritto al Msi, ma indagando nelle sedi, e tra i banchi del parlamento in cui siedono i Ciccio Franco, gli Aloi e altri parlamentari della destra nazionale, che sono gli autori dei tentativi di strage e delitti che si verificano nella nostra regione».

Trent’anni dopo la morte di Franco Reggio Calabria deve forse ancora fare i conti con quel passato nero.

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