Un quartiere popolare con alta densità abitativa, abitato soprattutto da anziani in situazione di solitudine e in condizione di fragilità economica e da famiglie con background migratorio. Il quartiere Palestro a Padova, negli anni, è stato il cuore pulsante di progettualità di movimenti e associazioni che, insieme ai suoi abitanti, hanno creato spazi di mutuo aiuto e condivisione, per affrontare le problematiche che spesso affliggono le zone abitative popolari: povertà economica ed educativa unita a difficoltà di accesso ai luoghi di salute di prossimità: dal medico di base al pediatra di libera scelta. Proprio per queste ragioni è stato inaugurato, venerdì 14 febbraio, il primo ambulatorio popolare autogestito in quartiere: la clinica popolare Azadi.

La storia del quartiere

L’associazione di promozione sociale “Quadrato Meticcio”, all’interno del quartiere Palestro, dal 2012 si occupa di diversi servizi: doposcuola, scuola di italiano, sportello casa e distribuzione di beni alimentari per la cittadinanza. Camilla Previati, educatrice e vice presidente dell’associazione, racconta a Domani: «E’ nata, in principio, un'associazione sportiva dilettantistica di calcio e negli anni, ascoltando le esigenze di chi vive il quartiere, abbiamo ampliato il raggio d’azione occupandoci di tutto ciò che mancava ai residenti in termini di servizi e di supporto attivo all’educazione e al contrasto alla povertà». Nel quartiere vivono famiglie numerose con background migratorio e persone anziane che risiedono nelle case popolari: «Il Quadrato Meticcio è un presidio sociale che fa lotta di prossimità: si occupa di cogliere e accogliere i bisogni degli abitanti, cercando di sostenere la cittadinanza e fare da ponte con le istituzioni cittadine». Durante la pandemia è nato il progetto della recupera alimentare: ogni settimana vengono distribuiti beni alimentari e di prima necessità agli abitanti, in collaborazione con il mercato e i supermercati, «con l’idea di creare una vera e propria rete di mutuo aiuto e non di mero assistenzialismo». Dai vari lavori negli sportelli sono state raccolte le prime richieste di aiuto rispetto alla difficoltà di accesso ai servizi sanitari pubblici.

La clinica popolare

Da queste vertenze e dal lavoro cittadino insieme ad altre realtà, è nata l’Assemblea salute cura di Padova, in cui attivisti e sanitari si sono interrogati per un anno su come poter sopperire a questa mancanza di salute. Nel 2023 il personale medico aveva aperto uno sportello d'ascolto all’interno del Quadrato Meticcio, dove, fin da subito, avevano raccolto diverse esigenze di salute: «Persone senza dimora con background migratorio che non hanno documenti per poter accedere ai servizi pubblici e richieste da parte della popolazione del quartiere di poter ricevere una presa in carico dal punto di vista medico e psicosociale».

L’assemblea, a fronte della mappatura sul territorio, è poi riuscita a costruire un’ équipe medica e psico-sociale e a creare il primo ambulatorio popolare autogestito di Padova, come racconta a Domani Anita Franceschi, psicologa in specializzazione che collabora all’ambulatorio: «Nasciamo in un quartiere in cui non ci sono presidi di salute tranne un solo medico di base, oberato di richieste. Un quartiere povero di servizi, in cui se non ci fossero le associazioni, ci si troverebbe in grandissima difficoltà». All’interno della clinica popolare si troveranno «medici, psicologi e fisioterapisti pronti a raccogliere i bisogni della cittadinanza e per fissare degli appuntamenti per visite di consulenza». L’ambulatorio, nel tempo, cercherà di organizzare l’attività «all’interno di una cornice burocratica e legale che permetta di svolgere delle attività a carattere medico specialistico, come studio medico accreditato».

I medici in pensione volontari

Luigi Bartolomei è un medico neurologo in pensione, ex direttore dell’unità operativa di neurologia dell’ospedale di Mirano (Ve). Dice che da tempo si avverte «una difficoltà enorme, da parte dei pazienti, ad entrare nelle maglie della sanità, sempre più privatizzata». A Domani racconta: «Un presidio di salute come questo avrà un impatto eccezionale, e lo avrebbe in tutti i quartieri. C’è una grande richiesta per entrare in contatto con gli operatori sanitari. Daremo ai cittadini delle informazioni importanti per capire come muoversi all’interno della sanità pubblica». Per il dottore, inoltre, a causa dell’invecchiamento della popolazione, aumenta anche il bisogno di salute: «Ci sono molte malattie croniche che hanno bisogno di controlli continui e l’aspetto territoriale della sanità, al momento, è delegato solo ai medici di base, sempre più oberati». A livello territoriale, le case di comunità finanziate dal Pnrr, «sono scatole vuote, senza infermieri e medici». Questa apertura, racconta Bartolomei, è un modo per intercettare i bisogni di salute della popolazione in modo innovativo: «La nostra idea è quella di avere un rapporto diretto e paritario con le persone, annullando la distanza medico-paziente. Un approccio di salute a trecentosessanta gradi, senza dimenticare la salute mentale».

La collaborazione tra diverse professionalità in campo, dimostra che essere in salute non significa solo venire presi in carico da un punto di vista strettamente medico, ma anche avere l'opportunità di avere una casa, di poter avere uno spazio dove studiare e di avere un lavoro che possa permettere di non vivere in povertà. Una scommessa aperta dall'associazione quadrato Meticcio insieme alla nuova clinica popolare Azadi, che spalanca le porte ad un nuovo concetto di cura di comunità.

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