Il primo febbraio 2023 comincia il processo che vede imputato lo scrittore Roberto Saviano per l'accusa di diffamazione ai danni di Matteo Salvini. In un post dell’estate del 2018 lo aveva definito “ministro della Mala vita”, ora come allora Saviano ribadisce la sua posizione. 

Lo scrittore, che si difenderà dal ministro dei Trasporti, si prepara a chiamare a testimoniare l’attuale ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, all’epoca capo di Gabinetto di Salvini e oggi parte dell’esecutivo guidato da Meloni.

Governo contro giornalisti

Un nuovo capitolo di scontro con l’esecutivo, visto che di recente Saviano è stato chiamato a rispondere in tribunale anche dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dopo averla accusata per la sua linea sulle politiche migratorie. La versione dei fatti dell’intellettuale in entrambi i casi è che vige la libertà di critica, e va rispettata. A cui si aggiunge oggi che le sue espressioni su Salvini non sono diffamatorie ma storicamente fondate.

Sud e migranti

Il procedimento si svolge davanti al tribunale monocratico di Roma. Le carte intestate “ministero dell’Interno” in cui Salvini all’epoca lo aveva querelato hanno fatto il giro del web.

A fare arrabbiare il ministro i video sui social di Saviano, che in più giorni rispondeva alle critiche del ministro per la sua scorta, ma soprattutto lo attaccava per la gestione dei flussi migratori e le sue relazioni meridionali.

Il 9 giugno era scoppiato il caso della nave Aquarius. Il leader della Lega aveva lanciato l’hashtag “chiudiamo i porti”, bloccando l’imbarcazione di SOS Méditerranée e Medici Senza Frontiere. Saviano aveva definito “banditi” sia Salvini sia l’allora ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, per aver lasciato 629 persone nel Mediterraneo. Tra queste, 123 minori non accompagnati, 11 bambini e 7 donne incinte. Tra i testimoni che vorrebbe convocare la difesa anche il fondatore della Ong Open Arms, Oscar Camps. «Assolutamente non rispondenti al vero» le critiche, obiettava Salvini. Nella querela si riporta poi la dicitura “ministro della Mala vita” di un video in cui Saviano raccontava le relazioni di Salvini al sud. Per il leader della Lega una definizione «totalmente al di fuori della verità oggettiva».

Il post

«Piacerebbe, a Salvini, poter dire: “querelo Saviano che mi ha definito malavitoso”, ma la questione è un tantino più complessa», commenta oggi l’autore in un post. A quanto risulta a Domani si prepara a presentare anche opinioni di intellettuali a tal proposito: «Gaetano Salvemini definì Giovanni Giolitti “Ministro della Mala Vita” perché  utilizzava il sud Italia come bacino di voti dimenticandolo una volta vinte le elezioni e soprattutto perché sottovalutava e ignorava i problemi più gravi e atavici da cui il Sud era (ed è) afflitto».

Saviano oggi ricorda per prima cosa che Matteo Salvini a Napoli, nel 2019, durante la sua prima  conferenza stampa in città da ministro degli Interni «disse che i problemi di Napoli erano i troppi motorini sequestrati e tenuti nei depositi comunali e gli immigrati. Praticamente un marziano».

Poi fa riferimento al comizio a Rosarno all’indomani delle elezioni, di cui diede notizia l’Espresso e citato anche in un video di quell’estate. Nel 2018, il leader della Lega aveva parlato davanti ad affiliati di ‘ndrangheta, persone della cosca Bellocco e imparentate con i Pesce: «Sapete - conclude lo scrittore - cosa fece Salvini con queste persone nelle prime file? Disse che il problema di Rosarno era la baraccopoli, mica la presenza capillare della 'ndrangheta sul territorio; E la soluzione? Ruspe, mica alloggi dignitosi per chi lavora da schiavo, vittima di caporali italiani legati alle cosche. Qualcuno teme i professionisti dell'antimafia, peggio sono gli incompetenti in ruoli apicali». Come raccontato da Domani, nel 2021, ritornato a Rosarno, Salvini aveva alle sue spalle, durante il comizio, il candidato al consiglio regionale della Lega, Enzo Cusato, il consuocero del boss di Rosarno, Rocco Bellocco.

Come per il processo Meloni, Saviano sta ricevendo solidarietà. Il rapper Fedez alla vigilia dell’udienza gli ha dedicato una diretta e hanno parlato del fatto che a più riprese Salvini avrebbe voluto che gli fosse revocata la scorta. Meloni non è stata chiamata a testimoniare nel processo per la sua stessa querela, adesso si vedrà se verrà coinvolto direttamente Salvini. Qualcuno, scrive su Instagram il giornalista, «teme i professionisti dell’antimafia, peggio sono gli incompetenti in ruoli apicali». 

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