Entro ottobre sarà pubblicato il nuovo bando straordinario per 60mila posti teorici, mentre non si sono ancora chiuse le procedure dei precedenti, ponendo molti precari davanti a un dilemma. Intanto migliaia di candidati idonei restano nel limbo. I sindacati chiedono almeno che non siano banditi nuovi posti nelle classi di concorso dove le graduatorie sono già capienti
Il ministero dell’Istruzione e del Merito ha deciso di correre. Il bando del terzo concorso straordinario previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza sarà pubblicato entro ottobre, con appena venti giorni di tempo per presentare domanda, prove scritte fissate prima di Natale e chiusura delle procedure entro giugno 2026. In palio quasi 60mila posti, divisi tra 30.759 per la scuola secondaria e 27.376 per infanzia e primaria. Ma lo stesso Ministero definisce questi numeri “previsionali”: includono residui da concorsi precedenti, cattedre lasciate scoperte per esaurimento delle graduatorie e stime su pensionamenti futuri. Un calcolo di carta, dunque, che lascia aperta la questione dei posti reali disponibili.
Le tempistiche sono uno dei nodi principali. Venti giorni per le istanze, prove a ridosso delle festività, orali tra gennaio e primavera 2026 e graduatorie da chiudere entro fine giugno. Una fuga che non tiene conto delle procedure ancora in corso: i candidati che hanno partecipato ai bandi precedenti non conoscono ancora la propria posizione, e rischiano di dover ripetere le prove senza sapere se risultano già vincitori o idonei. La sovrapposizione dei concorsi è un elemento che, secondo i sindacati, aumenta il caos e mette in discussione la stessa trasparenza del reclutamento.
A questo si aggiunge il meccanismo degli idonei: solo il 30 per cento di chi supera le prove senza rientrare nei posti messi a bando può essere inserito nelle graduatorie, con la possibilità di scorrimento. Una quota che Flc Cgil, Uil Scuola e Cisl Scuola giudicano inadeguata. Non si tratta solo di un dettaglio tecnico: parliamo di migliaia di candidati che, pur avendo superato tutte le selezioni, rischiano di restare esclusi.
Le richieste dei sindacati
La Uil Scuola definisce il concorso una «ennesima forzatura» e chiede lo scorrimento pieno degli idonei, la stabilizzazione da graduatorie provinciali delle supplenze (Gps) e l’ammissione con riserva per chi frequenta il Tirocinio formativo attivo (Tfa) sostegno X ciclo. La Flc Cgil contesta l’avvio «a prescindere» e propone di non bandire nelle classi di concorso con graduatorie già capienti, per evitare duplicazioni e sprechi.
La Cisl Scuola accetta l’idea di un terzo concorso, ma pretende garanzie: applicazione immediata della quota del 30% per gli idonei e, dal 2026/27, elenchi regionali per assumere chi ha superato le prove dal 2020 in poi. L’Anief, per voce di Chiara Cozzetto, accoglie con favore l’ampiezza dei posti ma insiste su graduatorie triennali funzionanti e su un «doppio canale» stabile, che affianchi i concorsi alle Gps per garantire copertura reale delle cattedre.
Dietro l’accelerazione imposta dal ministero c’è l’obbligo di raggiungere i target fissati a Bruxelles: 70mila assunzioni entro giugno 2026. È la scadenza indicata nella Missione 4 del Pnrr, da cui dipende l’erogazione di miliardi di fondi europei. Ma la logica dei numeri “previsionali” rischia di trasformare il concorso in un esercizio contabile. Se i posti messi a bando non corrisponderanno a reali immissioni in ruolo, il risultato sarà un’operazione di facciata, utile a salvare le scadenze ma incapace di dare stabilità al sistema scolastico.
Nuovi requisiti
Anche i requisiti segnano uno spartiacque. Per la scuola secondaria non basteranno più i 24 crediti formativi universitari Cfu, sarà necessario avere l’abilitazione o almeno tre anni di servizio, di cui uno specifico. Per gli insegnanti tecnico-pratici è l’ultima finestra utile con il solo diploma, che dal 2026 dovrà essere sostituito da una laurea triennale. Per i posti di sostegno serve la specializzazione, con la possibilità di accesso con riserva per chi frequenta i percorsi in corso. Un quadro che aumenta la selettività ma rischia di restringere ulteriormente il bacino, in un settore già segnato dalla mancanza cronica di specializzati.
La questione è tutt’altro che astratta. Nel sostegno, ad esempio, cicli precedenti hanno lasciato scoperte fino a tre cattedre su quattro per mancanza di specializzati. E molte province già oggi registrano Gps esaurite, con posti vacanti coperti da supplenze brevi o da interpelli di istituto. In queste condizioni, parlare di concorso come strumento di stabilizzazione rischia di essere un ossimoro.
I sindacati convergono su tre richieste minime: scorrere tutti gli idonei, non bandire dove le graduatorie sono sufficienti, garantire tempi certi a candidati e scuole. Senza queste correzioni, il concorso Pnrr 3 rischia di replicare il caos dei precedenti: procedure affastellate, migliaia di docenti costretti a riesaminarsi e studenti che a settembre continueranno a trovare supplenti al posto di insegnanti di ruolo.
Il decreto legge 45/2025 ha introdotto misure tampone, come l’integrazione delle graduatorie con idonei fino al 30% e l’istituzione di elenchi regionali dal 2026/27. Ma la stessa Flc Cgil le definisce “pezze” che non risolvono il problema strutturale. Senza una riforma organica del reclutamento, capace di tenere insieme concorsi, Gps e continuità didattica, il Pnrr 3 rischia di essere ricordato come l’ultimo atto di una continua lotteria amministrativa, più che come una vera occasione di stabilizzazione.
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