Nei bilanci del Twiga, il locale più famoso e ambito della Versilia, ci sono i soldi che lo stato ha versato per fronteggiare il Covid, la pace fiscale nel procedimento avviato da una verifica della Guardia di finanza, ma anche i contenziosi che la società ha dovuto affrontare negli ultimi tempi.

La creatura di Daniela Santanchè – e Flavio Briatore – racconta gli interessi e come rischiano di entrare in collisione con gli incarichi istituzionali.

Fino a poche settimane fa, l’imprenditrice era senatrice di Fratelli d’Italia, ma adesso è ministra del Turismo.

Santanchè si occupa del settore, la sua società ha una concessione pubblica, ma ha deciso di non cedere le sue quote a differenza, ad esempio, di quanto fatto da Guido Crosetto, il cui caso di porte girevoli è stato sollevato proprio da Domani.

Per lei basta rinunciare alle deleghe sulle concessioni balneari e il possibile conflitto d’interessi teoricamente sparisce.

Le porte della neoministra non sono mai state chiuse, visto che dal Twiga ha bacchettato i precedenti governi vestendo due parti in commedia: imprenditrice e politica. 

(Foto Paolo Della Bella/LaPresse)

«Noi imprenditori sputiamo sangue e il governo fa i balletti», diceva in una delle tante ospitate in tv, ma poi la sua società, come abbiamo raccontato, ha incassato nel 2020 soldi dallo stato: 141mila euro di contributi a fondo perduto (ristori), 9mila euro di contributi per la sanificazione e acquisto mascherine, 14mila euro di contributi per canoni di locazione.

In tutto 180mila euro dal secondo governo Conte, quello dei balletti, soldi che hanno consentito di chiudere il bilancio con un risultato soddisfacente nell’anno nero della pandemia.

I contenziosi e il processo Costa

Dodici mesi dopo è andata anche meglio, «il risultato di fine anno registra una notevole crescita sia del fatturato che della marginalità dell'utile prodotto», si legge nella nota integrativa al bilancio 2021.

A spulciare i conti emerge chiaro un concetto espresso di recente anche dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, quando ha detto che non bisogna «disturbare chi vuole fare, chi vuole produrre ricchezza, chi vuole lavorare».

Il bilancio di esercizio, approvato lo scorso maggio, racconta anche di contenziosi con l’Agenzia delle entrate e con il personale dello stabilimento, in particolare con l’ex direttore Carlo Costa, una vicenda che ha avuto un risvolto anche penale.

I contenziosi hanno un precedente, si tratta della verifica fiscale alla quale è stata sottoposta la società nel 2015. 

Nell’ambito del procedimento l’azienda ha aderito alla «pace fiscale», normativa introdotta nel 2018 dal primo governo Conte, voluta da Matteo Salvini che adesso spinge per l’approvazione di un nuovo provvedimento di rottamazione.

«Si precisa che a fine giugno 2021 l’Agenzia delle entrate ha notificato alla società due ingiunzioni di pagamento constatando il ritardato pagamento di due rate dei piani di ammortamento, relativi alla verifica fiscale fino al periodo di imposta 2015 e i cui costi sono già contabilizzati nei bilanci dei precedenti esercizi», si legge nei documenti contabili.

In pratica l’agenzia ha bussato di nuovo al Twiga per rimarcare un ritardo nei pagamenti del piano predisposto.

Come si è chiusa la vicenda? «Contro dette ingiunzioni si è fatto tempestivo ricorso in autotutela in parte accolto con una riduzione dell'importo richiesto che ad oggi risulta essere pari ad euro 101.955 euro».

La risposta dell’Agenzia delle entrate non ha soddisfatto la società che ha presentato un ricorso alla commissione tributaria «di cui non conosciamo l’esito», si legge.

Non c’è alcun accantonamento nel fondo rischi, perché secondo i legali della società il ricorso sarà accolto.

Ma l’agenzia ha messo il naso, con un avviso di accertamento, anche nell’atto notarile di acquisto dell’azienda contestando l’applicazione dell’aliquota, «il maggior tributo è stato determinato in euro 23mila, non sono dovute sanzioni», si legge. Anche in questo caso è stato presentato ricorso.

Viene accantonata anche una cifra relativa a una sanzione dell’ispettorato del lavoro per 68mila euro che è stata impugnata. «L’importo è stato accantonato nel corso del 2019 e alla data odierna si è in attesa di una decisione del competente tribunale».

Il tribunale si è espresso? Il suo ruolo di ministra, mentre è imprenditrice del settore che guida, rappresenta un potenziale conflitto d’interessi?

Sono alcune delle domande rivolte alla ministra Santanché tramite messaggi e email. «La chiamo dopo le 17», ha scritto dopo aver letto i quesiti, ma poi non ha più chiamato e non ha risposto al telefono.

L’ultima vicenda che emerge dai bilanci è la chiusura della guerra con  Costa, l’ex direttore del Twiga, un tempo braccio destro dei soci e poi finito a processo.

Costa lamentava compensi non pagati e per questo aveva il possesso di un assegno a garanzia delle retribuzioni attese, ma alla fine è finito imputato proprio lui a causa di quell'assegno. Un processo per appropriazione indebita dal quale Costa è uscito totalmente assolto.

Dopo l’assoluzione è stato liquidato, «nel 2021 è stato risolto il contenzioso con il signor Carlo Costa grazie a un accordo transattivo permettendo di sottrarre dal fondo l'importo impugnato a garanzia del rischio pari a 322mila euro». 

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