- Le modalità di fare la spesa, specialmente in questo ultimo anno di pandemia, si sono moltiplicate e capire chi ha scelto cosa può aiutare a leggere il nostro presente, e anche un pezzo di futuro.
- La forte emergenza alimentare sorta nel periodo della pandemia e le diseguaglianze che ha inasprito hanno fatto emergere la fragilità di un sistema alimentare piegato di volta in volta ai nuovi trend di consumo innescati dagli shock economici, sociali, ecologici.
- Eppure le istituzioni non riescono a sentire l’urgenza di una riforma del mondo del cibo, che aumenti la tutela per il settore agricolo, la trasparenza delle filiere e l’accesso al cibo di qualità da parte dei cittadini.
In fila al supermercato, al market, al banco del mercato, o seduti comodamente sul divano con pc e tablet tra le mani.
Le modalità di fare la spesa, specialmente in questo ultimo anno di pandemia, si sono moltiplicate e capire chi ha scelto cosa può aiutare a leggere il nostro presente, e anche un pezzo di futuro.
Ma mentre assistiamo meravigliati alle continue evoluzioni, forse ci interroghiamo poco su come i forti cambiamenti in atto negli stili di consumo e nelle pratiche di acquisto possono trasformare il sistema alimentare.
La pandemia e le restrizioni hanno dato un’accelerazione al già forte mercato delle vendite online nel campo dell’e-grocery, i beni di largo consumo che vanno dagli alimenti ai prodotti per l’igiene della casa. Le proiezioni raccontano un mercato che in futuro sarà praticamente dominato dalle vendite in rete, il che significa che i sistemi logistici della grande distribuzione dovranno essere potenziati, ma anche che il dominio delle piattaforme di delivery alimentare è tutt’altro che destinato a ridursi. Le proiezioni contenute nel nuovo report mondiale di Nielsen, Future opportunities in Fmcg e-commerce, segnalano che da qui ai prossimi quattro anni il ritmo medio di progressione del settore sarà del +18,4 per cento. A guidare il cambiamento sul fronte consumatori, secondo Nielsen, saranno fiducia ma anche cultura del risparmio.
Le cucine oscure
La pandemia da Covid-19 ha cambiato per sempre anche l’industria alimentare, coltivando nuove tendenze. Tra queste le cosiddette dark kitchen, le “cucine oscure” o “cucine fantasma”.
Si tratta di locali in cui il cibo viene preparato per la consegna a domicilio, che non hanno una sala da pranzo o dei camerieri.
Le dark kitchen eliminano tutto il servizio al cliente, risparmiando sull’affitto della sala. Sono cucine senza ristorante, che abbattono i costi e rinunciano al rapporto diretto con il cliente.
Si affidano alle piattaforme di logistica da cui noi ordiniamo tramite app, ma anche ai volantini che troviamo nella nostra buca delle lettere, sui quali non troveremo l’indirizzo di un locale, ma solo il menù e un numero di telefono.
Molti ex ristoratori investono nelle cucine oscure: secondo l’Osservatorio ristorazione 2021, il 27 per cento ha creato in periodo di pandemia una dark kitchen oppure un brand virtuale. A volte anche condividendo locali e strutture per ridurre ulteriormente i costi. Così accade che capannoni, magazzini, piani di palazzi in periferia delle grandi città vengano attrezzati per cucinare tutto il giorno. Uno accanto all’altro, se entriamo in questi luoghi, potremmo trovare un forno per la pizza, una cucina cinese, un greco, un sushi e un messicano. Fuori, una schiera di rider pronti a raccogliere l’ordine e correre verso le nostre abitazioni, in una continua danza scandita dai tempi dell’algoritmo.
In questa disintermediazione crescente tra produzione e consumo, sarà sempre più difficile tracciare la provenienza dei prodotti e la loro qualità, così come valutare il rispetto delle norme igienico-sanitarie e soprattutto dei diritti del lavoro. È il prezzo da pagare per avere tutto e sùbito, a un prezzo competitivo.
Discount
Del resto, la pandemia ha impattato duramente sulla capacità di spesa delle persone, così come sulla loro possibilità di muoversi liberamente. Se da un lato ne beneficia il sistema del delivery, dall’altro trionfano i discount.
Rispetto a maggio 2020, secondo l’Istat, il valore delle vendite al dettaglio nel 2021 è aumentato in tutti i canali distributivi: la grande distribuzione, le imprese operanti su piccole superfici, le vendite al di fuori dei negozi e il commercio elettronico. Ma il combinato disposto di restrizioni, fabbisogno alimentare e crisi economica ha portato, nel settore delle vendite alimentari, ad una particolare crescita dei discount nell’ultimo anno.
Nei primi mesi del 2021, questi punti vendita hanno registrato un +7,4 per cento rispetto all’anno precedente, a differenza dei supermercati che hanno segnato un -0,8 per cento.
E pensare che già nel 2020, i discount avevano raggiunto numeri record: secondo i dati Nielsen, il fatturato medio per metro quadro della categoria si attestava sui 5.800 euro, sempre più vicini ai supermercati, che raggiungono i 5.860 euro. Numeri che ci raccontano come la pandemia abbia intaccato il potere di acquisto degli italiani.
Aumentano i prezzi
Se da un lato cerchiamo di risparmiare, dall’altro però aumentano i prezzi del cibo per fattori economici e ambientali. La Banca mondiale ha registrato le fluttuazioni dei prezzi dei prodotti alimentari tra il 2020 e il 2021. Il 15 luglio l’indice dei prezzi delle commodity agricole l’Agricultural commodity price index (l’indice che si utilizza per spiegare quando un prodotto è stato venduto troppo o troppo poco) è cresciuto del +33 per cento rispetto al gennaio 2020. L’aumento dei prezzi riflette la forte domanda, ma anche l’incertezza climatica che incombe sulla produzione alimentare.
Ci troviamo quindi in una congiuntura in cui crescono i prezzi al dettaglio mentre si abbassano i redditi. Risultato: sempre più famiglie devono ridurre la quantità ma anche la qualità del loro consumo alimentare, con impatti inevitabili sul settore agricolo, dominato da una grande distribuzione che comprime i costi di acquisto per rivendere a prezzi stracciati.
La riduzione della capacità di spesa delle famiglie è una realtà non solo globale, ma anche italiana: lo dimostrano i dati Istat e Inps di luglio.
La brusca caduta del 2020 ha prodotto un calo di lavoro e guadagno, in particolare dei soggetti più fragili della società e soprattutto nei luoghi in cui la pandemia è stata maggiormente aggressiva. Secondo l’Istituto nazionale di statistica, in Italia la povertà assoluta è una realtà per oltre due milioni di nuclei familiari. Tra marzo e giugno 2020, Caritas e Banco alimentare hanno registrato rispettivamente un aumento di 153mila domande e un incremento del 40 per cento della distribuzione di pacchi.
L’urgenza di una riforma
La forte emergenza alimentare sorta nel periodo della pandemia e le diseguaglianze che ha inasprito hanno fatto emergere la fragilità di un sistema alimentare piegato di volta in volta ai nuovi trend di consumo innescati dagli shock economici, sociali, ecologici. Eppure le istituzioni non riescono a sentire l’urgenza di una riforma del mondo del cibo, che aumenti la tutela per il settore agricolo, la trasparenza delle filiere e l’accesso al cibo di qualità da parte dei cittadini.
Le esperienze solidali e di mutuo aiuto nate dal basso hanno sicuramente aiutato a contenere la catastrofe alimentare nei nostri centri. Ma quando in gioco c’è il futuro di interi sistemi alimentari non ci si può affidare unicamente al volontariato. Occorre una governance seria delle filiere, che contrasti la continua rincorsa all’abbattimento del prezzo e favorisca un più frequente e duraturo incontro tra produzione e consumo. Fondi e politiche esistono già, occorre orientarli nella giusta direzione.
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