I carabinieri nei giorni scorsi hanno scoperto una banda di truffatori che percepiva illegittimamente il reddito di cittadinanza, misura sulla quale mancano controlli nella fase di erogazione del contributo. Tra i percettori ci sono anche i Casamonica, ma chi sono e come hanno truffato lo stato?

La piazza di spaccio

Nel settembre 2020 i protagonisti di questa storia sono stati arrestati in flagranza di reato dalla polizia di stato. La squadra mobile di Roma e gli agenti del commissariato Casilino hanno fatto irruzione in un’abitazione, nel quartiere Torre Angela, trasformata in una piazza di spaccio che riforniva l’intero territorio circostante con due modalità: la vendita diretta delle sostanze stupefacenti all’interno dell’appartamento, ma anche la consegna all’esterno attraverso l’arruolamento di un giovane pusher. 

Gli agenti si sono appostati all’esterno dell’abitazione e sono riusciti a entrare bloccando i componenti del clan che erano intenti nel confezionare dosi di marijuana e hashish. 

Circa un migliaio di dosi erano già pronte per essere vendute al dettaglio, nonché vari panetti di hashish e quattro buste sottovuoto contenenti marijuana, per un peso complessivo di quattro chili di marijuana e oltre due chili di hashish.

«Oltre alla sostanza stupefacente è stato anche rinvenuto materiale da taglio e confezionamento, un libro mastro contenente, nel dettaglio, la contabilità dell’attività illecita, nonché computer e telefoni cellulari usati per i contatti tra i spacciatori e tossicodipendenti», si leggeva nel resoconto dell’operazione.

Sono proprio Ivana Casamonica, Stella Casamonica, Entoni e Angelo Spada i truffatori del reddito di cittadinanza, gli stessi che due anni fa sono stati arrestati per reati di droga. 

La vicenda è emersa nei giorni scorsi, ma senza i nomi dei componenti del clan Spada-Casamonica e i loro precedenti. In pratica prima hanno messo in piedi una piazza di spaccio in casa, poi è scattato l’arresto. E nonostante tutto hanno chiesto e ottenuto il reddito di cittadinanza. Come?

Il meccanismo è quello denunciato fin dall’inizio dell’attivazione di questo strumento di contrasto alla povertà.

Il meccanismo

Anche i Casamonica hanno dichiarato falsamente una residenza differente da quella reale e, grazie a un reddito nullo e alle finte condizioni di indigenza, hanno ottenuto il sussidio.

Ora sono tutti indagati perché hanno violato la legge e reso «dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute», in particolare quella relativa alla residenza. Ma hanno anche taciuto le misure cautelari a loro carico. 

Il meccanismo illecito è diffuso: i carabinieri hanno scoperto circa 61 persone che hanno truffato lo stato per un totale di 430mila euro sottratti al fisco. Di questi, 17mila euro sono finiti nelle tasche dei Casamonica-Spada, spacciatori di professione ed elemosinieri di soldi dallo stato. 

Tra i furbetti c’è anche una donna di origini rom, residente nel campo di via di Salone, che è riuscita a incassare due volte il reddito di cittadinanza grazie al possesso di due codici fiscali diversi, anche lei con precedenti per furti con destrezza. 

Per i Casamonica truffare lo stato è un gioco da ragazzi, perché per il fisco figurano sempre come nullatenenti. E così incassano agevolazioni, vantaggi e utilità nonostante gli ingenti patrimoni che possiedono e lo stile di vita all’insegna di champagne e sfarzo. 

L’indagine non è partita dalle proprietà, auto e case dei soggetti, ma dal curriculum penale, in particolare dalle omesse dichiarazioni relative a procedimenti giudiziari a carico, nell’ambito dei quali sono stati destinatari di misure cautelari, ma anche per la mancata comunicazioni nelle autodichiarazioni di condanne penali ricevute negli ultimi dieci anni.

L’inchiesta potrebbe allargarsi utilizzando lo stesso strumento di controllo incrociato che, con buona pace dei processi di digitalizzazione, non si riesce ad applicare in una fase precedente alle erogazioni del reddito di cittadinanza, ma solo successivamente. 

I Casamonica, in tutto cinque componenti, risiedono in diversi indirizzi, ma in realtà vivono in zona Colli Albani e ora sono senza reddito e con un’altra indagine da affrontare. 

La strada dove vivono è senza uscita, un classico del clan perché in questo modo possono monitorare l’accesso in zona, evitare fughe e difendersi da eventuali blitz delle forze dell’ordine. 

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