«Con il decesso di David Rossi non c’entro nulla. Coloro che lo hanno fatto, sono ancora fuori. Io c’entro con i festini fatti a Montecarlo, Porto Santo Stefano, Ischia, Capri e altre località.

Ci sono giudici, magistrati». È il 26 gennaio del 2019, all’interno del carcere di Massa Carrara dove è recluso accusato dell’omicidio della prostituta Camargo Lucelly, l’escort brasiliano Villanova Correa, che consegna al sostituto procuratore di Siena, Niccolò Ludovici, frammenti del contesto sulla morte di Rossi, l’ex responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena.

Una morte avvolta dal mistero, un giallo irrisolvibile, tanto che è il parlamento, dopo le indagini giudiziarie senza risultato, ha creato una commissione di inchiesta ad hoc per scoprire la verità, o almeno una parte di essa.

Di certo stanno affiorando nuovi elementi e indizi nel corso delle audizioni dei testimoni chiamati dai parlamentari. La procura di Genova, invece, sta cercando di fare chiarezza sull’operato dei magistrati di Siena, cercando di rispondere a una semplice domanda: la procura ha fatto tutto seguendo le regole o si sono verificate interferenze? Una verifica che ancora non è un vero e proprio fascicolo con indagati. 

Correa

La testimonianza di Correa è preziosa per entrare nei segreti inconfessabili del potere e della provincia toscana: «Per scoprire la verità dovete partire dalla donna che ho ucciso, dal suo amante. Lei era l’amante di un alto dirigente del Monte dei Paschi di Siena».

Un anno dopo, il 18 dicembre del 2019, Correa riferisce ai carabinieri del nucleo investigativo di Siena che lo interrogano di nuovo di avere «conosciuto persone importanti attraverso le quali sono arrivato a partecipare a feste private a Monteriggioni. David Rossi ricordo che era presente a un incontro, non un festino, ma un incontro per affari. Poi non l’ho più visto, dopo quell’incontro i festini finirono e poi ci furono solo problemi». Quali?

Correa li elenca: «Alcune prostitute avevano avuto rapporti di spicco con personaggi di spicco sia della magistratura di Siena che del Monte dei Paschi e ricattavano i loro clienti. Tra queste c’era Camargo Lucelly, io dovevo risolvere questo problema, prendendo istruzioni da un albanese, tale Marcus». Degli altri problemi che sarebbero sorti un altro «riguardava la presenza di minori a questi festini». Infine:«L’altro riguardava il riciclaggio tra la banca Ior e il Monte dei Paschi di Siena».

L’altro testimone

Matteo Bonaccorsi, invece, è nato a Varese ed è un altro dei testimoni nella vicenda dei “festini” che si sarebbero svolti, a suo dire, tra l’autunno del 2012 e l’inverno del 2013. Oggi Bonaccorsi ha 27 anni e, il 6 ottobre del 2018, comparso davanti ai magistrati della procura di Genova, Cristina Camaiori e Ranieri Miniati, ha riferito di aver partecipato al suo primo festino (accompagnato da un tale di nome Mario) a Monteriggioni, nell’autunno del 2012.

«In questo luogo sono tornato altre 5 o 6 volte. C’era un ristorante con una piscina». Quando a Bonaccorsi i magistrati di Genova hanno mostrato durante l’interrogatorio alcune fotografie, l’uomo ha fatto mettere a verbale queste parole: «Riconosco nella foto della persona con la cravatta grigio argento un frequentatore abituale dei festini con cui ho avuto in più occasioni rapporti sessuali (n.d.r. l’allora comandante provinciale dei carabinieri di Siena, Pasquale Aglieco). Mi pare si chiami Pasquale».

Inoltre, ha affermato Bonaccorsi: «Riconosco nel soggetto di destra una persona vista ai festini. L’ho visto appartarsi con un ragazzo in una stanza», riferendosi al magistrato Aldo Natalini, di cui gli inquirenti avevano mostrato la foto. Natalini, contattato da Domani, nega con forza le accuse e smentisce categoricamente la ricostruzione del testimone. Di più. Il magistrato dice a questo giornale che «abbiamo provveduto a denunciare per falsa dichiarazione ai magistrati il signor Bonaccorsi, e per diffamazione, poiché con le sue dichiarazioni senza riscontri ha leso la mia dignità professionale e personale e quella degli altri colleghi chiamati in causa». E così si difende: «siamo stati coinvolti in questa vicenda maniera delinquenziale e per questo stiamo sollecitando la procura di Genova ad esprimersi, perché sono ormai anni che attendiamo che le indagini si chiudano». Nella memoria presentata da Natalini, difeso dall’avvocato Vernazza, si legge: «è vieppiù evidente come il Bonaccorsi sia stato istigato da altri ad effettuare dapprima i suddetti riconoscimenti fotografici nel corso dell’intervista televisiva e, successivamente, convocato davanti all’autorità giudiziaria, a confermarli, almeno in parte, davanti a codesta Procura».

Le stesse accuse di aver partecipato ai festini - Bonaccorsi – le aveva rivolte anche nei confronti dell’altro magistrato della procura di Siena che ha indagato sulla sorte di David Rossi, Nicola Marini, anche lui riconosciuto in una foto che lo ritraeva in gruppo di tre persone. «Riconosco la persona al centro per averlo visto consumare un rapporto sessuale con un altro ragazzo», ha detto. Salvo poi ammettere, lo stesso testimone, nel verbale dell’ottobre 2018: «avevo associato la persona nella foto come appartenente al mondo della giustizia, ma rivedendola ho ancora oggi dei dubbi perché nel mio ricordo l’uomo dei festini è meno corpulento». Circostanze, queste, in tutti i casi, che sono negate anche dal magistrato Marini, tuttora in forza alla procura di Siena, il quale attraverso il suo legale, Enrico De Martino, fa sapere a Domani di «aver già querelato Bonaccorsi per diffamazione in un procedimento che è pendente alla procura di Genova».

La Commissione 

Nel frattempo, la commissione parlamentare di inchiesta che ha l’obiettivo di fare luce sui punti oscuri che ancora avvolgono la morte dell’ex responsabile della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, continua a svolgere le audizioni. Oggi è stata la volta di Giuseppe Mussari, l’ex presidente di Mps. La Commissione ha chiesto a Mussari se Rossi fosse a conoscenza di festini di cui è stato parlato in varie ricostruzioni dei media. «David in un festino? Ma lei sta scherzando? Se avesse saputo di qualcosa di non lecito sarebbe andato in procura», ha risposto Mussari: «date per scontato che io non so niente. Quando si sarebbero tenuti questi festini? Lo chiedo perché non lo so».

«A mano a mano che ascoltiamo i testimoni, aumentano i buchi neri su questa vicenda», racconta un deputato componente della commissione parlamentare di inchiesta. «Siamo uniti, al di là delle rispettive appartenenze, con l’obiettivo di trovare la verità sul decesso dell’ex capo della comunicazione del Monte dei Paschi, un caso che ha ancora molti punti oscuri, tante domande e nessuna risposta».

Domani sarà ascoltato il magistrato Aldo Natalini. In tutti i casi, tra le persone che sono state ascoltate finora dalla Commissione, molti appartengono al mondo della giustizia. L’attuale comandante del Reparto Comando Scuola ufficiali Carabinieri di Roma, il colonnello Pasquale Aglieco, chiamato in causa da Bonaccorsi, per avere (a suo dire) partecipato ai festini, è uno di questi.

Ascoltato per cinque ore il 9 dicembre 2021. Il colonnello si è difeso così: «Ritengo che probabilmente ci troviamo di fronte alla più grande truffa mediatica a cui abbiamo mai assistito in televisione, architettata da un programma televisivo». Il riferimento è alla trasmissione “Le Iene”, i cui inviati per primi avevano parlato dei festini. Sui testimoni di questo programma (che sono gli stessi che hanno deposto davanti ai magistrati di Siena e di Genova) Aglieco ha detto: «Hanno una caratteristica comune, in televisione sono fortissimi, fanno delle dichiarazioni roboanti e scandalose, la trasmissione li rilancia più volte su tutti i social network e sui suoi canali, ma quando vengono chiamati dai pubblici ministeri a rendere testimonianza o ritrattano oppure cominciano a vacillare».

Buchi neri

Al di là dell’esistenza (o meno) dei festini di Siena, restano i buchi neri nella vicenda della morte di David Rossi, soprattutto, quelle delle prime indagini che sono state “carenti” sui motivi del decesso, come le ha definite la procura di Genova nel decreto con cui ha archiviato la sua prima inchiesta, riconoscendo, però, «la mancanza di connessione tra l’acclarata partecipazione ai festini di due dei Pm che si sono occupati delle indagini sulla morte del Dott. David Rossi e l’avvenuta archiviazione delle prime indagini da parte della procura di Siena».

La giudice Maria Franca Borzone ha riconosciuto che «i magistrati, al massimo, hanno potuto “semplicemente” partecipare ai festini, ma di certo non li hanno organizzati». E così è caduto il presupposto della competenza territoriale, con la conseguente trasmissione degli atti alla procura di Siena, «affinché svolga ulteriori indagini sullo sfruttamento della prostituzione, anche minorile», aveva scritto ancora il giudice ligure.  

Tante domande

Nel frattempo, restano sullo sfondo tante domande. Perché i magistrati che per primi entrano nell’ufficio spostano la sedia di Rossi, provando ad accendere il suo Pc e spostando il mouse? Perché rovistano dentro il cestino dei rifiuti rovesciandolo sulla scrivania, rispondendo a una telefonata della parlamentare Daniela Santanchè in arrivo sul cellulare dell’uomo scomparso? Si chiede oggi la difesa della famiglia di David Rossi, rappresentata dall’avvocato Carmelo Miceli: «Perché è stata compromessa la scena dell’evento, molto prima che arrivasse la polizia scientifica»?

Lo scorso 10 febbraio, il magistrato Antonino Nastasi ha negato davanti ai parlamentari di aver compromesso la scena dell’evento. In particolare, Nastasi ha negato di aver rovesciato il cestino dei rifiuti che si trovava nella stanza di David Rossi, come aveva riferito a dicembre alla stessa Commissione di inchiesta il colonnello Pasquale Aglieco.

Infine uno dei punti più oscuri: perché i fazzoletti di carta imbrattati «di presunta sostanza ematica», rinvenuti sul pavimento vicino al cestino dei rifiuti all’interno dell’ufficio da cui precipitava Rossi il 6 marzo del 2013 sono andati distrutti su ordine dell’allora Sostituto Procuratore della Procura di Siena, Aldo Natalini, senza informare in alcun provvedimento le persone offese dal reato? Questa domanda è quella che tormenta da anni Antonella Tognazzi, la moglie dell’ex responsabile comunicazione di Mps.

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