Un passo avanti sul decreto Green pass alla mattina, il caos in aula alla sera. Alla fine la Camera boccia l’emendamento sull’eliminazione del certificato verde per entrare al ristorante, ma nella votazione a scrutinio segreto la maggioranza perde pezzi: la proposta di Fratelli d’Italia viene bocciata con 270 no, 4 astenuti e 134 voti a favore. I favorevoli sono ben più dei voti teorici dell’opposizione, che sono poco più di 50.

«Chiediamo chiarezza, non si può stare nella maggioranza e votare con l’opposizione», ha detto il segretario del Pd, Enrico Letta. «Trovo gravissimo l’atteggiamento della Lega, che non ha a cuore la salute degli italiani e non è un partner di governo affidabile. Se lo fosse non voterebbe gli emendamenti dell’opposizione su una questione chiave», ha spiegato Letta.

Il voto è arrivato al termine di una lunga giornata che si era aperta con la decisione della Lega di ritirare gli emendamenti al decreto Green pass, varato il 6 agosto. «Qualcuno voleva mettere la fiducia eliminando la discussione in parlamento e fortunatamente così non è stato. Noi abbiamo dimostrato buona volontà trasformando gli emendamenti in ordini del giorno. Ora è chiaro che se ci bocciano le proposte in aula voteremo di conseguenza», aveva avvisato il leader della Lega, Matteo Salvini.

Dopo il ritiro degli emendamenti leghisti, il governo ha deciso di non porre la fiducia alla Camera. Il voto finale sul decreto Green pass, che era atteso per martedì, slitterà a giovedì per lasciare posto alle comunicazioni del governo sull’Afghanistan. A Montecitorio la maggioranza può contare su numeri alti, ma nelle chat interne i partiti hanno sollecitato i deputati a essere presenti in aula.

Tra le condizioni poste da Salvini perché la Lega voti a favore del decreto c’è la richiesta di tamponi gratuiti «soprattutto per minori, disabili e famiglie numerose». Il leader della Lega ha bocciato la possibilità di introdurre l’obbligo vaccinale: «Ribadiamo il no a qualsiasi tipo di obbligo visto che 40 milioni di italiani hanno scelto liberamente di vaccinarsi. Stiamo lavorando per garantire salute, lavoro e libertà senza parlare di chiusure e lockdown».

Già in mattinata, la disponibilità di Salvini a sostenere gli emendamenti di Fratelli d’Italia aveva sollevato le critiche degli alleati di governo: «È un atto irresponsabile. Deve finire l’ambiguità della Lega, che in Consiglio dei ministri condivide le scelte del governo e in parlamento lavora per cancellarle in accordo con la Meloni», ha detto Debora Serracchiani, capogruppo del Pd alla Camera.

La trattativa

La decisione della Lega di ritirare gli emendamenti è arrivata dopo giorni di trattative tra i partiti che sostengono Draghi: la settimana scorsa, durante i lavori in commissione Affari sociali, alcuni deputati della Lega avevano votato contro il certificato verde, insieme con Fratelli d’Italia. La Lega aveva presentato 900 emendamenti, pur chiedendo di evitare un voto di fiducia.

Al momento del ritiro degli emendamenti, ne restavano in piedi una cinquantina: su alcuni era previsto il voto segreto, che avrebbe potuto compromettere la coesione della maggioranza. La Lega era stata l’unica forza di governo a presentare emendamenti.

Nonostante le minacce del leader della Lega, il premier Draghi sembra deciso ad andare avanti sulla linea indicata: l’estensione con un nuovo decreto del Green pass sui luoghi di lavoro (a cominciare dalla pubblica amministrazione) e, se necessario, l’obbligo di vaccinazione.

I ministri sono dalla sua parte. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha confermato lunedì l’estensione del Green pass. Sulla stessa linea è il ministro dello Sviluppo economico, il leghista Giancarlo Giorgetti: «Le condizioni di sicurezza esigono che chi frequenta i luoghi affollati dia garanzie di non contagiare. Il Green pass va in questa direzione, ne prevedo un’estensione».

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