Il principale oppositore russo Aleksej Navalny è morto in prigione. Lo riporta l'agenzia russa Tass, secondo la quale le cause della morte sono in fase di accertamento. Secondo la tv russa, avrebbe avuto una trombosi. Navalny, 47 anni, è stato uno dei più importanti oppositori del presidente Putin. Si trovava in una prigione oltre il Circolo polare artico: l’ultima notizia che lo riguardava era stato l’allarme suscitato dalla scomparsa dal carcere della regione di Vladimir e poi la ricomparsa nella colonia penale Ik-3 a Kharp, nell’estremo nord della Russia. 

Scontava una sentenza a oltre 30 anni per estremismo e frode, condanna considerata una punizione per la sua opposizione politica al regime. Al momento il portavoce di Navalny non ha confermato la morte. Leonid Solovyov, avvocato di Navalny, ha detto di avergli fatto visita per l’ultima volta il 14 febbraio.

La nota

La nota dell’agenzia russa scrive che «Il 16 febbraio il detenuto A.A. Navalny si è sentito male dopo una passeggiata, perdendo quasi subito conoscenza. Immediatamente è arrivato il personale medico dell'istituto ed è stata chiamata un'ambulanza. «Sono state eseguite tutte le misure di rianimazione necessarie, che non hanno dato risultati positivi» e «i medici dell'ambulanza hanno dichiarato il decesso del detenuto».

Nel 2011-2012 come attivista politico Navalny guidò le proteste in Russia facendo compagna contro la corruzione del governo e i brogli elettorali, conducendo indagini sugli uomini più vicini a Putin, riscuotendo una grande eco pubblica.

L’avvelenamento

Si candidò nel 2013 alle elezioni di Mosca, svelò l’esistenza di una residenza sul Mar Nero per usi personali del presidente, per anni rimase una spina nel fianco del regime.

Finché nel 2020 andò in coma dopo un sospetto avvelenamento. Si riuscì a portarlo in Germania per le cure e si salvò. Nel gennaio 2021 tornò in Russia dove fu arrestato al suo arrivo in aeroporto.

Le reazioni

In poche ora la notizia della morte di Aleksej Navalny ha fatto il giro del mondo suscitando reazioni di sorpresa e indignazione. Nessuno si aspettava che, a un mese esatto dall’inizio delle elezioni presidenziali in Russia, l’oppositore politico di Vladimir Putin potesse morire in carcere a tre anni dal suo arresto. «La morte di Alexei Navalny, durante la sua detenzione, è un'altra triste pagina che ammonisce la comunità internazionale. Esprimiamo il nostro sentito cordoglio e ci auguriamo che su questo inquietante evento venga fatta piena chiarezza», ha detto la premier Meloni in una nota diffusa da Palazzo Chigi.

«Il responsabile della morte di Aleksej Navalny è Vladimir Putin, quello che è successo è una prova ulteriore della sua brutalità». Senza mezzi termini il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha attaccato il presidente russo per la morte dell’oppositore politico avvenuta in una colonia penale nel nord della Russia.

«Qualunque sia la storia che raccontano, sia chiaro: la Russia è responsabile e su questo avremo altro da dire in futuro», ha detto la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris provocando la reazione del Cremlino che ha invitato Washington a moderare i toni.

Dal palco della conferenza sulla sicurezza in corso a Monaco è intervenuta la moglie di Navalny, Yulia Navalnaya, che si trova in Germania da tempo. «Se è vero, voglio che Putin, il suo entourage, gli amici di Putin e il suo governo sappiano che saranno ritenuti responsabili per ciò che hanno fatto al nostro paese, alla mia famiglia e a mio marito. E quel giorno arriverà molto presto», ha detto. «Non voglio sentire le condoglianze», ha detto la madre ricordando la sua ultima visita in carcere in cui Navalny appariva «vivo e sano».

I tre leader dell’Unione europea, Charles Michel, Ursula con der Leyene e Josep Borrell hanno rilasciato dichiarazioni molto simili, accusando il governo russo della morte di Navalny. «Putin non teme altro che il dissenso del suo stesso popolo. Un triste promemoria di ciò che rappresentano Putin e il suo regime. Uniamoci nella nostra lotta per salvaguardare la libertà e la sicurezza di coloro che osano opporsi all'autocrazia», ha detto Von der Leyen. «Navalny ha pagato con la morte il suo coraggio di tornare in Russia», ha detto invece il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Proprio in Germania, l’oppositore e blogger russo aveva trovato rifugio dopo l’avvelenamento subito nell’agosto del 2020 con il Novichok, un agente nervino usato già in passato dai servizi segreti russi.

All’epoca la cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron avevano fatto pressioni su Putin affinché Navalny potesse lasciare il paese e ricevere le cure a Berlino. Ieri il capo dell’Eliseo è stato tra i leader che ha espresso dichiarazioni più ferme nei confronti del Cremlino. «Nella Russia odierna gli spiriti liberi vengono mandati nei Gulag e condannati a morte. Rabbia e indignazione. Rendo omaggio alla memoria di Aleksej Navalny, alla sua dedizione, al suo coraggio. I miei pensieri vanno alla sua famiglia, ai suoi cari e al popolo russo», ha scritto nel suo messaggio.

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