Una situazione sul fronte dei diritti molto carente, un’accoglienza ancora strutturata sull’emergenza, precarietà e vulnerabilità diffuse ampliate dalla pandemia, oltre a politiche che oscillano tra marcata xenofobia e scarsa lungimiranza. È questo il quadro che caratterizza la gestione del fenomeno migratorio del nostro paese che emerge dal Rapporto annuale 2022 del centro Astalli.

Il documento, presentato ieri, oltre a far luce sulle attività, promuove preziose riflessioni attorno al mondo dei migranti forzati. Il percorso verso la loro integrazione è pieno di scogli talora insormontabili. Tra i problemi principali, la difficoltà dell’iscrizione anagrafica, il rinnovo dei permessi, con questure che ancora non hanno recepito il superamento avvenuto nel dicembre 2020 dei decreti sicurezza di salviniana memoria. Secondo lo stesso rapporto, l’amministrazione finisce così per corroborare l’idea di una «burocrazia respingente».

Il tutto, con l’ulteriore complicazione dalle misure necessarie al contenimento della pandemia che «in molti casi non hanno tenuto conto delle difficoltà dei più fragili».

Emergenza continua

In Italia si ragiona con la continua logica dell’emergenza, anche se sono ormai trascorsi più di dieci anni dalle primavere arabe e siamo passati dalla cifra più alta (ma non certo ingestibile) mai raggiunta in Italia di 180mila irregolari in un anno, nel 2016, a quella quasi insignificante degli 11.500 del 2019.

Eppure, in Italia si vive di strategie emergenziali: «Ancora oggi – recita il rapporto – circa due migranti su tre sono ospitati nei Cas, i centri di accoglienza straordinaria pensati per far fronte all’arrivo di grandi numeri» Si privilegiano, cioè, strutture pesanti e massive in cui è molto più complesso un percorso integrativo a scapito dei Sai (ex Sprar) luoghi pensati per l’accoglienza diffusa con piccoli numeri e progetti mirati».

L’accoglienza che non c’è

Sotto l’occhio di osservazione del rapporto, ovviamente, c’è l’Europa capace un mese fa di riesumare la direttiva 55 del 2001 sulla Protezione temporanea in caso di flussi massicci e accogliere milioni di ucraini, ma anche di rendersi protagonista di orrori alle frontiere orientali dove migranti di altre provenienze, anche minori, vengono respinti, picchiati e maltrattati: i confini tra Polonia e Bielorussia o tra Bosnia e Croazia, con gli infiniti casi documentati di abusi sono lì a testimoniarcelo. 

«Con la direttiva 55 è stato dimostrato che basta un minimo di volontà politica per attivare ingressi legali», ha detto padre Camillo Ripamonti, presidente di Astalli. L’Europa si sta trasformando in una fortezza inaccessibile. Continua a proporre politiche restrittive che hanno portato di fatto al blocco degli ingressi i cui esempi più plastici sono i mille chilometri di muri eretti in Europa da Berlino ad oggi, tutti in funzione anti migranti, oltre a decreti improntanti all’invalicabilità. 

Senza parlare delle strategie di outsourcing dell’accoglienza con appalti affidati ad est alla Turchia di Erdogan (alla quale paghiamo sei miliardi di euro) e a sud alla Libia. Tutti sanno che nel paese nordafricano vanno in scena i nuovi campi di concentramento, eppure «lo scorso 2 febbraio – ancora Ripamonti – abbiamo “celebrato” i 5 anni dal memorandum d’intesa con la Libia» (siglato dal governo Gentiloni, con ministro dell’Interno Marco Minniti).

Una via diversa

Queste politiche hanno un ricasco drammatico sulla vita delle persone. Non essendoci alternative reali per ingressi legali, chi fugge ha un solo tour operator a cui rivolgersi: i trafficanti. Quelli che non si perdono per strada (un numero altissimo ma non documentabile di individui muore prima di arrivare al mare) o in acqua, sono condannati a una fragilità permanente: «Va sottolineata – ha detto Ripamonti – l’alta percentuale di vulnerabilità, oltre il 40 per cento di persone ha subito torture, molte sono passate dalla Libia».

Ma al di là della denuncia, Astalli propone. Forte di una lunga esperienza, 600 volontari e otto sedi in Italia,  fornisce il background di teoria e pratica necessario a comprendere che un altro modello è possibile. Che si può passare dall’improvvisazione o dall’appalto solo al privato, alla serietà di un sistema degno di un paese civile. Che un cambio di cultura è alla portata. A tutto questo contribuisce un’informazione corretta e una maggiore consapevolezza: «È questo l’obiettivo delle attività di sensibilizzazione di Astalli che ha coinvolto oltre 20mila studenti in 17 città italiane sul diritto d’asilo e sul dialogo interreligioso».

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