Equiparare le foibe all’olocausto, come ha proposto di fare Fratelli d’Italia in un disegno di legge che dovrebbe essere discusso questa settimana al Senato, «è frutto di ignoranza o di stupidità», dice Marcello Flores, uno dei principali studiosi italiani di genocidi, professore all’Università di Siena e uno dei membri del comitato scientifico che ha curato i cinque volumi della Storia della Shoah: La crisi dell'Europa, lo sterminio degli ebrei e la memoria del XX secolo. 

La proposta

La proposta di legge, presentata dal capogruppo di FdI al Senato Luca Ciriani, punta a modificare l’articolo 604 bis del codice penale, che attualmente prevede pene da  due a sei anni per la «propaganda», «l'istigazione e l'incitamento» alle discriminazioni fondate sulla «negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia della Shoah» o «dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra». I senatori di FdI propongono di aggiungere, dopo la parola Shoah, anche «dei massacri delle foibe».

«L’articolo del codice è assolutamente preciso – prosegue Flores – si applica se la propaganda e l’istigazione all’odio e alla discriminazioni si fondano in tutto o in parte sulla negazione o minimizzazione della Shoah e di tutti gli altri crimini di guerra o contro l’umanità. La cosa non chiara ai propugnatori del disegno di legge è che i massacri delle foibe sono già compresi in quanto crimini di guerra: non si capisce la necessità di nominarli esplicitamente».

Flores è contrario alla formulazione della legge. Come molti altri storici, è particolarmente critico della parte in cui si parla di “minimizzazione”, un termine ambiguo che sembra suggerire che gli storici non possano, ad esempio, condurre ricerche sul numero delle persone effettivamente uccise nei vari genocidi, come l’Olocausto. «La legge – dice –  introduce una possibilità di intervento di un giudice su una discussione storica». La modifica che propone Fratelli d’Italia, avrebbe il risultato di aprire a questo intervento anche un tema che nel nostro paese è ben più controverso dell’Olocausto.

Un’azione politica

Il tentativo di costruire un parallelo tra il genocidio degli ebrei e i massacri avvenuti sul confine orientale durante e alla fine della Seconda guerra mondiale è un progetto politico che la destra radicale e l’estrema destra portano avanti da anni (e spesso condiviso trasversalmente, a partire dalla decisione di collocare il giorno della memoria di quell’evento a breve distanza da quello che ricorda l’Olocausto).

Alcune regioni, come il Veneto, hanno già approvato leggi regionali in questo senso. Secondo Flores, sono tentativi che non hanno basi storiche. «Saranno anche delle mosse politiche, ma finiscono solo con il nobilitare un atto di stupidità e ignoranza al tempo stesso».

I massacri delle foibe sono un episodio ancora controverso e doloroso della nostra storia. Si verificarono alla fine dell’ultimo conflitto nei territorio di lingua mista, slava e italiana, che il nostro paese occupava dalla fine della Prima guerra mondiale e dove, anche prima dello scoppio del secondo conflitto, si erano verificate violenze ed episodi di intolleranza che si moltiplicarono dopo che, nel 1941, l’Italia fascista alleata con la Germania nazista invase e occupò l’intera Jugoslavia.

Poi, quando i partigiani jugoslavi guidati dal leader comunista Tito rioccuparono il paese e gran parte dei territorio di lingua mista, ci furono terribili rappresaglie e migliaia di italiani e slavi accusati di collaborazionismo vennero uccisi e gettati nelle foibe, pozzi naturali o minerari tipici del territorio. 

La differenza

«Il problema rispetto alle foibe – dice Flores – è che non solo i propugnatori di questo disegno di legge, ma un po’ tutti, compresi i nostri presidenti della Repubblica, ne hanno parlato come un episodio di pulizia etnica». Ma, prosegue il professore, questo paragone, da un punto di vista storico «non sta in piedi». L’uso di parole come pulizia etnica o genocidio ha un forte impatto emotivo, ma definisce in realtà pratiche ben precise di sterminio mirato su basi etniche. «Ma quello che è accaduto con le foibe è un intreccio di odi etnici, territoriali e di volontà rivoluzionaria di eliminare nemici di classe. Italiani e slavi uccisero slavi e italiani. Ridurlo a una sola cosa fa comodo alla propaganda, ma non è una verità storica».

Flores ricorda che i massacri delle foibe, per quanto tragici e dolorosi per coloro che furono coinvolti nelle uccisioni e nell’esodo che ne seguì, non sono un episodio che numericamente è particolarmente rilevante nella storia della Seconda guerra mondiale. Si trovano esempi ben più rilevanti anche limitandosi a considerare i fatti che riguardarono il nostro paese. Molti più italiani furono uccisi dai nazisti rispetto a quanti furono uccisi dai partigiani jugoslavi. E gli italiani, insieme ai tedeschi, uccisero molti più jugoslavi durante l’occupazione (si calcola che durante la guerra morirono circa un milione di jugoslavi, circa la metà civili).

Anche per questo, l’equiparazione con la Shoah non ha senso, secondo Flores. «L’Olocausto occupa un posto speciale perché è l’evento storico che in quel momento e in quel contesto ha portato a una presa coscienza su un tipo di crimini che prima non avevano compiutezza di definizione». I termini “genocidio” e “crimini contro l’umanità” vennero inventati mentre l’Olocausto era in corso o subito dopo, anche perché le dimensioni e la velocità di quei massacro avevano resto impellente trovare un nome con cui definire questi atti e avevano reso impossibile non mettere gli autori di fronte alle loro responsabilità. Nulla del genere si può dire dei massacri avvenuti sul confine orientale dell’Italia alla fine della guerra.

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