La solida cultura tedesca del grillen, della grigliata all’aperto di Wurstel e altre specialità di carne appena il tempo lo consente, potrebbe subire una svolta inaspettata. Nello specifico, sulla griglia dei tedeschi potrebbe non trovarsi in futuro più carne ottenuta dagli animali. 

I dati dimostrano chiaramente in che direzione si sta sviluppando il mercato. Secondo le rilevazioni dell’istituto di statistica tedesco, nel 2021 sono state prodotte in Germania 98mila tonnellate di prodotti sostitutivi della carne di origine vegetale, per un giro d’affari di 458 milioni di euro. Confrontando i dati con quelli dell’anno precedente, si riscontra un aumento del 17 per cento nella quantità e un +22,2 per cento nel valore degli scambi.

E le cifre continuano a salire. Anche nel primo trimestre 2022 il fatturato ottenuto da questo tipo di prodotti è cresciuto di un ulteriore 13,3 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

I tedeschi meno carnivori

Il trend si incrocia con quello discendente dei prodotti di carne animale. Nel giro di dieci anni, tra il 2011 e il 2021, secondo i dati dell’ufficio federale competente, la quantità di carne consumata è diminuita di circa 7,8 chili, arrivando l’anno scorso a un consumo di 55 chili annui a testa.
A fare ancora la differenza è il giro d’affari, che per i prodotti animali vale ancora 35,6 miliardi di euro, circa 80 volte quello della carne vegetale. Il trend mondiale, però, sorride ai produttori: la società di consulenza americana Bcg ha calcolato che il mercato mondiale varrà entro il 2035 290 miliardi di dollari, mentre Kearney stima che nel 2040 il 60 per cento dei prodotti del settore consumati saranno di origine vegetale. 

L’azione dei grandi marchi

I produttori hanno colto la tendenza: la prova sta nella performance di aziende come Rügenwalder Mühle, un gigante del settore forte di un fatturato di 263 milioni di euro. L’impresa a gestione familiare fondata nel 1834, nel 2014 è stata fra le prime a introdurre sul mercato tedesco la carne vegetale: cotolette, cordon bleu, polpette, carne macinata e affettati, tutto senza animali. Nel 2021 deteneva ancora il primato sul mercato dei prodotti alternativi. Nello stesso anno, ha annunciato di aver venduto più prodotti alternativi che tradizionali.

Il primato di Rügenwalder rischia di essere messo in discussione dalla rincorsa delle multinazionali di settore che sono saltate a loro volta sul carro della carne vegetale. L’inizio l’hanno fatto produttori ormai storici nel settore come Tyson foods, che già negli anni Ottanta aveva cominciato a lavorare sui prodotti sostitutivi registrando nel 2009 il brevetto di Beyond Meat, una carne a base di fibre estratte dai piselli, e Impossible foods, che nel 2011 lanciava sul mercato la propria alternativa a base di soia.

A sfidarli sono arrivati Dr. Oetker (l’azienda madre di Cameo), che nel 2017 ha lanciato la propria Creme Vega, Unilever, che ha acquisito nel 2018 The vegetarian butcher e Nestlé, che ha lanciato nel 2019 l’Incredible burger.

Tutti prodotti che vanno a servire una domanda crescente, mediata anche dal fast food e dai supermercati: Beyond Meat serve i discount Lidl, Impossible foods rifornisce Burger King (in Italia il Rebel Wopper è a marca Unilever) e il macinato dell’Incredible burger di Nestlè finiscono nei panini di McDonald’s (che in Italia utilizza prodotti Beyond Meat).

Che anche catene fast food e discount (che spesso registrano un aumento delle vendite proprio sui prodotti di marca propria) puntino su prodotti alternativi è indice del fatto che i trend di crescita sono stabili.

Secondo le indagini di mercato, tra il 60 e il 70 per cento dei tedeschi hanno intenzione di ridurre il proprio consumo di carne. Il 7-10 per cento della popolazione è vegetariano, mentre l’un per cento è vegano, rinuncia quindi, oltre al consumo degli animali, anche ai prodotti da loro generati. 

Dai dati emerge anche che il consumo della carne diminuisce dai 30 anni in poi e il 55 per cento della popolazione si descrive già come flexitariano, abituato cioè a consumare carne meno di tre volte la settimana. 

Le ragioni dell’ambiente

Le ragioni di chi rinuncia alla carne sono principalmente due: il 54 per cento degli intervistati risponde che lo fa per tutelare il clima mentre il 47 per cento argomenta con ragioni di salute.

I prodotti a base vegetale effettivamente hanno molto meno impatto sull’ambiente: un chilo di carne a base di soia produce il dieci per cento delle emissioni di gas serra di quelle necessarie per ottenere un chilo di carne.

Si consuma anche meno acqua e meno superficie necessaria per crescere il nutrimento degli animali. A osservare da vicino il trend è anche il ministro dell’Ambiente del governo semaforo Cem Özdemir, verde, a sua volta vegetariano.

In una recente intervista alla Zeit, Özdemir ha affermato che è ora che i tedeschi cambino la loro alimentazione, pur mostrandosi comprensivo verso i problemi che questo cambiamento crea agli allevatori. «Dal mio punto di vista avrebbe molto senso rimuovere l’Iva su frutta, verdura e legumi», dice, e annuncia su questo punto una collaborazione con il ministero delle Finanze. 

Per quanto riguarda invece la salute, non sempre i prodotti vegetariano sono davvero meno dannosi: tanti contengono additivi e grandi quantità di sale e grassi. Spesso sono anche alimenti altamente trasformati.

A risultare più salutari sono i prodotti a base di tofu, tempeh e lupinus, tra i più diffusi in Germania. Contengono meno sale, meno grassi saturi e non vi si trova l’eme, una sostanza chimica presente nella carne che è sospettata di favorire lo sviluppo di tumori all’intestino. Anche la qualità delle proteine dei prodotti alternativi sono perfettamente all’altezza di quelle animali, mentre l’alta quantità di fibre che contengono possono avere un buon effetto sulla flora intestinale. 

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