«Il numero di bambine e bambini adolescenti a rischio di sfruttamento lavorativo e sessuale è enormemente aumentato a causa della pandemia per l’impoverimento delle famiglie e per l’abbandono del percorso scolastico». Così, Raffaella Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa di Save the children, descrive con preoccupazione il fenomeno della tratta dei minori, in costante aumento. 

Più di una vittima di tratta su tre, pari al 34 per cento del totale, non ha ancora compiuto 18 anni e si tratta perlopiù di bambine. Una percentuale che, pur riguardando i soli casi giudiziari accertati di un fenomeno ben più vasto, è più che triplicata negli ultimi 15 anni ed è anche più elevata nelle regioni a basso reddito (Africa sub-sahariana e occidentale, Asia meridionale, America centrale e Caraibi) dove i minori sono la metà delle vittime totali accertate.

Tra le regioni del mondo, il numero più alto di casi accertati con vittime minorenni è quello rilevato in Europa occidentale e meridionale, con 4.168 minori vittime, in maggioranza maschi, pari al 59 per cento. Rispetto alle forme di sfruttamento a livello globale, la tratta a scopo di sfruttamento sessuale riguarda il 72 per cento delle bambine e ragazze su un totale di 16.217 casi accertati di minori, mentre la forma prevalente nel caso dei maschi è quella lavorativa, pari al 66 per cento dei casi accertati.  

L’Italia non è esente

Il 30 luglio ricorre la Giornata internazionale contro la tratta di esseri umani. Save the Children, l’organizzazione internazionale che da oltre cento anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, diffonde oggi l’undicesima edizione del rapporto Piccoli schiavi invisibili – fuori dall’ombra: le vite sospese dei figli delle vittime di sfruttamento. Il rapporto analizza le condizioni di bambine, bambini, adolescenti e giovani vittime o potenziali vittime di tratta e sfruttamento nel nostro paese, anche alla luce dell’impatto della pandemia che le rende ancora più vulnerabili. Emerge anche il dramma dei minori figli delle donne vittime, nati e cresciuti in un contesto di isolamento e sfruttamento e con il grave rischio di vedere compromesso il loro futuro.

Dal report emerge come neppure l’Italia sia esente dal fenomeno. Al contrario i casi sono moltissimi: le vittime prese in carico dal sistema nazionale anti-tratta nel 2020 erano 2.040, tra cui 716 nuovi casi emersi e presi in carico nel corso dell’ultimo anno.

Anche sull territorio nazionale si tratta in prevalenza di donne e ragazze 81,8 per cento, mentre una vittima su venti è minorenne.

In cerca di speranza

Le vittime di tratta e sfruttamento sono principalmente migranti, partiti alla volta dell’Europa in cerca di una nuova vita, migliore. Hanno trovato l’orrore.

Tra i paesi d’origine delle vittime prevale la Nigeria, con il 72,3 per cento delle vittime, seguita da Costa d’Avorio, Pakistan, Gambia e Marocco. La forma di sfruttamento più rilevata è quella sessuale, pari al 78,4 per cento dei casi, seguita da quella lavorativa, con una percentuale di gran lunga inferiore, al 13,8 per cento. L’1 per cento delle vittime è stato coinvolto in economie illegali e lo 0,6% per cento nell’accattonaggio.

I minori vittime di sfruttamento lavorativo intercettati dall’Ispettorato nazionale del lavoro nel 2020 sono 127, sia stranieri che italiani, con una leggera prevalenza femminile (57,7 per cento). Gli illeciti riguardano in gran parte il settore terziario (88 per cento), seguito da industria (4,7 per cento), edilizia (3,9 per cento) e agricoltura (2,4 per cento).  Un dato che deve far riflettere sulla necessità di indagini mirate a far emergere un fenomeno ancora sommerso.

Vite segnate

«I bambini figli delle vittime di tratta e sfruttamento sono spesso prigionieri, con le loro mamme, di un circuito di violenza, ricatto e abuso che deve essere spezzato ad ogni costo», spiega Raffaella Milano di Save the children. Un elemento particolarmente allarmante e poco considerato, infatti, riguarda le donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale con figli minori, spesso anch’essi nelle mani dei trafficanti. «Le loro mamme sono donne, anche giovanissime, che portano sulla propria pelle una serie ripetuta di violazioni precoci subite in molti casi già nel loro paesi d’origine, in situazioni di estrema povertà materiale e deprivazione sociale», prosegue Milano. I casi di ex-vittime o vittime con figli individuati sono quasi raddoppiati tra il 2016 e il 2020, passando dal 6 per cento all’11,6 per cento sul totale dei casi presi in carico dal sistema anti-tratta, con aumento ulteriore dello 0,4 per cento nei primi sei mesi del 2021. «Occorre mettere in atto ogni misura per evitare che, in assenza di interventi tempestivi e adeguati, per sopravvivere le donne corrano il rischio di ricadere nelle mani dei loro sfruttatori», conclude la direttrice.

Attualmente il sistema anti-tratta assiste 190 nuclei vulnerabili che comprendono 226 minori. Anche nell’ambito dello sfruttamento lavorativo nel settore agricolo, in particolare nel sud, emergono casi di donne che vivono sole con i figli, principalmente originarie dell’est Europa, e che subiscono ricatti, violenze e abusi, costrette in un circuito di isolamento di fatto che riguarda anche i figli, compromettendone irrimediabilmente il futuro. Si tratta di bambine e bambini, generalmente molto piccoli e a volte nati proprio dagli abusi subiti dalle giovani madri, che non solo assistono alle violenze perpetrate sulle loro madri, ma che rischiano di subire essi stessi violenza per mano di sfruttatori e trafficanti o essere oggetto di ricatto per tenere soggiogate le loro mamme.

Il peso della pandemia 

Nella fase iniziale dell’emergenza sanitaria, a partire da marzo 2020, si è registrato un calo del numero delle segnalazioni di nuove vittime. La pandemia le ha rese meno evidenti, visibili e rintracciabili, spesso irraggiungibili dai servizi di identificazione e protezione.

Le reti criminali hanno tuttavia rapidamente intensificato lo spostamento dello sfruttamento dalla strada al chiuso, indoor, una tendenza rilevata già prima del Covid-19, e potenziato lo sfruttamento online sulla rete. Secondo le testimonianze di operatori del sistema anti-tratta, inoltre, si assiste a un crescente sfruttamento multiplo delle vittime, coinvolte non solo nella prostituzione forzata, ma anche in attività connesse alle economie illecite, come nel caso delle «ovulatrici», che trasportano nel proprio corpo ovuli di droga, o delle persone costrette a spostarsi sul territorio nazionale portando con sé pacchi di cui spesso non conoscono il contenuto.

La prostituzione forzata su strada riguarda soprattutto donne trans e ragazze o giovani provenienti dall’est Europa, che nel corso del 2020 hanno rappresentato il 70 per cento dei riscontri delle unità di contatto, per il 75 per cento provenienti dalla Romania, seguite da vittime di nazionalità albanese e bulgara. Si è invece dimezzato il numero delle vittime di origine nigeriana, prima molto numerose, che vengono sempre di più sfruttate in connection house conosciute dai clienti grazie al passaparola. 

L’altro fenomeno di rilievo, evidenziato anche da Raffaella Milano, è l’abbandono del percorso scolastico da parte dei minori, che vengono poi inghiottiti dal vortice delle tratte e dello sfruttamento, sessuale e lavorativo. Il rapporto diffuso da Save the children sottolinea come in alcune aree, come la «fascia trasformata» in Sicilia, tra i minori che vivono nelle campagne spesso con la sola madre appartenente alle comunità rumena e rom, la dispersione scolastica raggiunga picchi dell’80 per cento a causa della distanza delle strutture scolastiche e dell’assenza di trasporti. Per i minori figli di persone sfruttate il rischio di diventare a loro volta vittime è concreto. Spesso, al compimento di 12-13 anni iniziano a lavorare nei campi per paghe più basse rispetto a quelle degli adulti, mentre le bambine possono essere coinvolte anche in forme di sfruttamento sessuale. 

Le nuove forme di tratta online

«La pandemia ha ostacolato il lavoro di contatto diretto e valutazione da parte degli operatori anti-tratta, ma anche l’erogazione dei servizi dei percorsi di fuoriuscita, protezione e inclusione già avviati, compresi i tirocini di formazione e le borse lavoro, che, sommati alla generale vulnerabilità economica dovuta alla crisi, hanno acuito il rischio concreto di re-trafficking per un numero elevato di giovani vittime», spiega Raffaela Milano. 

Come sottolinea l’Europol, la tecnologia ha infatti ampliato la capacità delle reti criminali, acquisendo un ruolo di primo piano in tutte le fasi che caratterizzano il traffico di esseri umani, tanto nei paesi di origine quanto in quelli di transito e destinazione, rendendole più forti, pervasive e aumentandone i profitti. Comunicazioni criptate e anonimato, nessuna intermediazione diretta con le vittime reclutate, minor rischio di incorrere in operazioni di polizia: sono gli elementi da cui trafficanti e sfruttatori hanno tratto maggiore vantaggio, senza dimenticare la possibilità di controllare le vittime attraverso le applicazioni di localizzazione basate su gps.

L’e-trafficking si estende dalla pubblicità online delle vittime rese disponibili per i clienti al loro reclutamento, in prevalenza tramite social media. Possono essere “selezionate” dai trafficanti con metodologie di caccia virtuale, che puntano a un certo tipo di profili, o adescate, con metodologie di “pesca”, che utilizzano il più delle volte falsi annunci di lavoro per attrarre persone economicamente e socialmente vulnerabili da trasformare in vittime del loro business.

© Riproduzione riservata