Gisèle Pelicot è stata violentata per quasi dieci anni nel sonno da decine di uomini. Entravano in casa mentre lei dormiva grazie alla collaborazione del marito Dominique Pelicot (ora ex marito) e poi la stupravano. Lei, nel frattempo, era incosciente perché Dominique la drogava somministrandole sonniferi e farmaci nel cibo o nel vino. Gisèle è stata all’oscuro di ciò che le accadeva fino al 2020, quando Dominique è stato arrestato per aver cercato di filmare sotto la gonna di alcune donne in un negozio. In quell’occasione la polizia ha sequestrato i dispositivi elettronici e ha trovato migliaia di video e fotografie delle violenze sessuali nei confronti della moglie. Gli abusi erano iniziati molto prima, nel 2011. Solo nove anni dopo ha scoperto che la responsabilità dei vuoti di memoria e dei problemi ginecologici ricorrenti era del marito.

Due settimane fa è iniziato il processo al tribunale di Avignone. Gli uomini imputati sono 51, compreso l’ex marito. La signora Pelicot per la legge francese avrebbe potuto scegliere di far svolgere il processo a porte chiuse, ma ha deciso che tutti e tutte potessero conoscere questa storia. La riposta delle donne è stata immediata: ci sono state proteste davanti al tribunale e manifestazioni organizzate in tutta la Francia sabato 14 settembre.

Questa vicenda porta con sé tante possibili riflessioni. La prima è quella che ha fatto Caroline Criado-Perez, autrice del libro Invisibili, nella sua newsletter e riguarda gli aggressori. «Tutti questi uomini sembravano essere normali per coloro che li circondavano». Sono infermieri, giornalisti, pompieri, funzionari pubblici, spesso padri, mariti, fidanzati. «Per gli uomini – continua – ho una domanda: perché non ne parli? Hai paura di quello che potresti scoprire o non ti preoccupi perché questa è una cosa che solo alcuni uomini fanno alle donne e tu non sei uno di quegli uomini? Beh, lascia che te lo dica, ti riguarda. Gli uomini devono iniziare a parlarne».

Per fare in modo che non ci sia più un altro “caso Pelicot”, secondo l’autrice è necessario che si sviluppi una riflessione comune che coinvolga soprattutto gli uomini: «Dovete fare discussioni reali sul significato di queste storie, sul perché gli uomini si comportano in questo modo e cosa dobbiamo cambiare per farlo finire».

Il ruolo della tecnologia

Gli unici colpevoli sono gli autori delle violenze, ma la storia non sarebbe completa se non si analizzasse anche il ruolo che ha avuto (e che continua ad avere) la tecnologia. Dominique ha coinvolto negli stupri decine di uomini grazie a un sito francese, Coco, oggi chiuso. Non è un sito porno, il quotidiano Le Parisien lo descrive come «una chat online gratuita caratterizzata dalla facilità di accesso è dall’anonimato degli utenti: non c’è bisogno di creare un account per registrarsi e utilizzare la chat. Bastava inserire uno pseudonimo, il sesso, il codice postale e l’età».

Coco è stato spesso utilizzato per diffondere materiale pedopornografico, per traffici di armi e droga, ma anche per adescare persone e poi picchiarle o violentarle. Tutto grazie all’anonimato e alle scarse verifiche della piattaforma. Il sito è stato implicato in più di 23mila procedimenti giudiziari in Francia tra il 2021 e il 2024, ed è stato chiuso a giugno di quest’anno, quattro anni dopo che la signora Pelicot aveva scoperto che il marito usava Coco per reclutare stupratori.

A che punto siamo

Questo caso ha nuovamente messo in luce il tema della diffusione dei contenuti non consensuali su internet. Oggi è ancora semplice imbattersi in immagini che ritraggono scene di sesso non consensuale o con minori, ma le piattaforme stanno cercando di far fronte al problema. È di pochi giorni fa l’annuncio delle nuove regole di Instagram per i più giovani in arrivo entro la fine del 2024. L’obiettivo è quello di applicare restrizioni ai minorenni sui contenuti sensibili, permettere interazioni limitate con chi non si segue e sospendere automaticamente l’applicazione nelle ore notturne. Importante anche il coinvolgimento dei genitori: se vorranno modificare le impostazioni di sicurezza per renderle meno restrittive sarà necessaria l’approvazione di un genitore.

Questa è solo l’ultima delle iniziative in materia di tutela. Già nel 2023 Meta aveva lanciato Take it down, una piattaforma dell’associazione di protezione dell’infanzia National center for missing and exploited children, che impedisce la diffusione di immagini intime di minori, compresi i contenuti generati dall’intelligenza artificiale. Per i maggiorenni, invece, avevano sviluppato StopNCII.org (Stop non-consensual intimate image abuse). Entrambi gli strumenti sono accessibili sulle app di Instagram e Facebook quando si segnalano contenuti che potrebbero contenere immagini non consensuali o pedopornografiche.

Per Telegram il discorso è diverso. Un articolo della Bbc pubblicato nel 2022 racconta che ci sono «canali che condividono migliaia di immagini filmate segretamente o rubate in almeno venti paesi». E, secondo il giornale, «la piattaforma non sta affrontando il problema». Dalle chat è possibile segnalare un messaggio per spam, violenza, pornografia, abuso minorile, copyright, droghe, dettagli personali o altro. Per testare quanto Telegram applicasse le sue politiche la Bbc aveva segnalato cento immagini come «pornografia». Un mese dopo «96 erano ancora accessibili», le altre quattro non erano riusciti a localizzarle perché erano in gruppi a cui non potevano più accedere.

La situazione non sembra essere migliorata nel tempo. I dati più recenti sono stati diffusi a fine novembre 2023 da Permesso negato, un’associazione che contrasta la diffusione non consensuale di materiale intimo, ed evidenziano che in Italia ci sono almeno 147 gruppi e canali Telegram che divulgano contenuti intimi non consensuali.

I siti porno

La diffusione di quei contenuti però non è esclusiva delle piattaforme social. Nel 2020 un articolo del New York Times firmato da Nicholas Kristof ha fatto luce sulla situazione del sito porno più noto al mondo: Pornhub. È facile trovare «stupri di bambini, video di telecamere spia di donne che fanno la doccia, contenuti razzisti e misogini, filmati di donne asfissiate in sacchetti di plastica – aveva scritto Kristof –. La ricerca “ragazze sotto i 18 anni” o “14 anni” porta a più di 100mila video». L’articolo ha innescato immediatamente un cambiamento: pochi giorni dopo Pornhub ha modificato le modalità di caricamento e download di contenuti. Da quel momento solo gli utenti verificati hanno la possibilità di caricare video.

In questi quattro anni i controlli di Pornhub sono diventati più stringenti. Oggi se si cerca “14 anni” non compaiono più video, ma un banner che spiega che la «ricerca potrebbe riguardare materiale illegale in cui bambini hanno subito violenze». Lo stesso discorso vale se si digita “stupro/violenza” o “dormire/sonno”: «La tua ricerca potrebbe riguardare materiale sessuale illegale o offensivo, incluse immagini intime non consensuali o basate su abusi sessuali».

E poi fornisce indicazioni per le vittime di quello che in Italia viene chiamato revenge porn (cioè la diffusione in rete di immagini sessualmente esplicite senza consenso ndr), indicando un modulo per la richiesta di rimozione dei contenuti, i contatti di Permesso negato e la possibilità di rivolgersi alle forze dell’ordine.

La normativa

A fine dicembre 2023 l’Ue ha inserito Pornhub, Stripchat e Xvideos tra le grandi piattaforme online che, in quanto tali, devono conformarsi alla legge sui servizi digitali, il Digital services act. Per quanto riguarda le novità introdotte in ambito di contenuti con minori o diffusi senza consenso, la norma prevede una collaborazione più stretta con le forze dell’ordine, l’introduzione di misure di mitigazione per affrontare i rischi legati alla diffusione di contenuti illegali e il miglioramento della rimozione di materiale deepfake creato con l’ai. Pochi mesi fa, poi, su Pornhub è stata introdotta un’ulteriore regola che riguarda il consenso: tutte le persone che appaiono nei video devono caricare un documento che attesta che la partecipazione è consensuale.

Qualche dato

I contenuti illegali non sono spariti, ma c’è un tentativo di miglioramento in atto. Secondo il Rapporto sulla trasparenza riferito ai primi sei mesi del 2024, da gennaio a fine giugno di quest’anno Pornhub ha rimosso 8.549 contenuti che ritraevano atti non consensuali e ha segnalato al National center for missing and exploited children 3.759 contenuti che sessualizzavano, sfruttavano o mettevano in pericolo i minori.

Molto rimane da fare su tutti i social, le chat e le piattaforme online, alcuni però pare stiano davvero cercando di cambiare le cose. Oltre alle piattaforme però, come scrive Criado-Perez, gli uomini devono fare la loro parte: «Abbiamo bisogno che gli uomini che non assumerebbero quei comportamenti siano in prima linea per contrastarli. Per insegnare ai ragazzi che quello non è essere uomo».

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