Un’archiviazione che diventa un atto d’accusa al pubblico ministero milanese Paolo Storari. È quello che emerge dalle motivazioni con le quali il giudice per le indagini preliminari di Brescia, Andrea Gaboardi, ha accolto la richiesta della procura di mettere fine al procedimento a carico di Francesco Greco. L’ex procuratore capo di Milano indagato per omissione e rifiuto d’atto d’ufficio in relazione alla mancata apertura di un fascicolo sulla fantomatica loggia Ungheria, rivelata in alcuni interrogatori, tra il dicembre del 2019 e il gennaio del 2020, dall’ex avvocato esterno di Eni, Piero Amara.

Greco era finito sotto indagine per la accuse di Storari il quale, in preda a quella che il gip definisce una «frustrazione» dovuta al fatto di non poter indagare su questa presunta loggia, si era impossessato di sei verbali redatti sui racconti di Amara ai magistrati milanesi che indagano sul presunto complotto dell’Eni ai danni della procura di Milano (lo stesso Storari e Laura Pedio). Quindi li aveva consegnati furtivamente, nell’aprile del 2020, all’allora membro del Csm Piercamillo Davigo. Quei verbali faranno poi il giro del Consiglio e finiranno a un paio di quotidiani facendo esplodere il caso e implodere qualsiasi possibilità di verificare approfonditamente le parole di Amara.

L’archiviazione

Le indagini della procura di Brescia su Greco sono però giunte alla conclusione opposta, fatta propria dal gip che ha archiviato la sua posizione, smontando le accuse «manifestamente infondate». Per il gip non c’è stato alcun ritardo nelle indagini sulla presunta loggia perché dalle rivelazioni di Amara era emerso un quadro troppo «fluido» per procedere con l’apertura di un fascicolo con una lista di indagati. Al contrario andava condotta con «estrema prudenza e cautela» l’attività preliminare di verifica su quelle dichiarazioni, «considerata la scarsa affidabilità soggettiva» del legale siciliano coinvolto in gravi vicende penali, a Roma e Messina, «connotate da forme di indebita interferenza su processi in corso».

Il gip contro Storari

Il gip non crede a Storari nemmeno quando indica una serie di motivi sul perché non si sia proceduto subito, nel gennaio 2020, a investigare sui nomi elencati da Amara, ma si sia aspettato maggio. Secondo il magistrato i ritardi erano dovuti alla volontà di preservare la posizione processuale di Amara nel processo Eni-Nigeria. Per il gip questo è un movente da «escludere», così come è da respingere la ricostruzione di un rallentamento di Greco motivato dal voler favorire il colonnello Vito Giordano che doveva diventare comandante del Nucleo di polizia valutaria della Guardia di finanza.

Il gip ha anche sottolineato che non sono ancora chiare le «reali finalità, quantomeno improvvide», della rivelazione di segreto di ufficio di Storari, che il 3 febbraio comparirà davanti al gup di Brescia per rispondere di questo reato per il quale è indagato in concorso con Davigo.

Il gip sostiene che Greco abbia avuto una «piena e fattiva» collaborazione nei confronti dei colleghi Storari e Pedio impegnati in questo passaggio fondamentale della loro indagine e che questi, comunque, avevano già compiuto una serie di passi. A partire dall’incontro di gennaio 2020 con i pm di Perugia, Mario Formisano e Gemma Miliani, che stavano già indagando su Luca Palamara. Le carte milanesi sulla loggia Ungheria sono poi state trasferite alla procura del capoluogo umbro dove è in corso l’indagine, destinata a chiudersi a breve.

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