La procura di Brescia ha deciso di esercitare l’azione penale nei confronti del pubblico ministero milanese Paolo Storari e dell’ex membro del Consiglio superiore della magistratura Piercamillo Davigo, volto noto agli italiani per essere stato uno dei magistrati del pool di Mani Pulite e, successivamente, per le tante ospitate televisive.

Il procuratore capo Francesco Prete e il pm Donato Greco hanno infatti depositato la richiesta di rinvio a giudizio per i due magistrati, accusati di rivelazione e utilizzazione di segreto d’ufficio legati alla fuga di notizie sulla presunta loggia Ungheria, l’oscuro comitato affari rivelato dall’ex avvocato esterno dell’Eni Piero Amara.

La procura bresciana aveva chiuso le indagini lo scorso ottobre e adesso la palla passa al giudice per l’udienza preliminare che dovrà decidere se rinviare a giudizio i due imputati.

Mentre Brescia decide di muovere su Storari e Davigo, parallelamente da Roma affiorano le nuove indiscrezioni sul lavoro intrapreso mesi fa dalla prima commissione del Csm, quella che si interessa di «incompatibilità ambientale» dei magistrati e del loro eventuale spostamento di sede.

La novità è che anche l’ex procuratore capo Francesco Greco è stato sentito dai membri della commissione, che lo hanno chiamato per ben tre volte a ricostruire nel dettaglio le vicende degli ultimi mesi che hanno avvelenato quella che è ritenuta la più importante procura italiana.

Fatti che interessano Storari e Fabio De Pasquale, il procuratore aggiunto del processo per corruzione internazionale Eni Nigeria accusato dal primo di aver omesso ai giudici di quel procedimento una serie di fatti e circostanze che avrebbero potuto alleggerire la posizione degli imputati, in primis Claudio Descalzi. De Pasquale è indagato a Brescia con l'ex collega Sergio Spadaro per rifiuto d'atti d'ufficio, ma la sua posizione non è stata ancora definita.

La prima commissione del Csm, dopo aver sentito la scorsa estate molti procuratori aggiunti di Milano, il procuratore generale Francesca Nanni e alcuni giudici del Tribunale tra cui il presidente del collegio Eni Nigeria Marco Tremolada, con le audizioni di Greco dovrebbe avere adesso davanti a sé un quadro più chiaro dei veleni milanesi e procederà in uno due mesi a chiudere l'istruttoria, se non vi saranno intoppi.

Di questa commissione fanno parte anche Paola Braggion e Carmelo Celentano che avevano rigettato mesi fa la richiesta di una sospensione cautelare d'urgenza dalle funzioni di Storari, sollecitata da Giovanni Salvi, procuratore generale presso la Cassazione dopo la scoperta del  pasticciaccio dei verbali.

Le rivelazioni di Greco

Per quel che si è appreso, Greco ha anche parlato delle accuse mosse da Storari a De Pasquale per la conduzione di Eni Nigeria e ha evidenziato tutte le contraddizioni nelle quali sarebbe caduto il pm ora imputato a Brescia nel cercare di smarcarsi dalle accuse di rivelazione di atti coperti da segreto, che hanno danneggiato anche l'ex segretaria di Davigo Marcella Contraffatto, intercettata illegalmente per mesi..

Tornando a Brescia, i fatti a monte dell'inchiesta sono noti: Amara, indagato dalla procura di Milano nel fascicolo sul cosiddetto «complotto Eni» per sviare le indagini dei processi per corruzione internazionale Eni – Shell Nigeria e Saipem Algeria, durante alcuni interrogatori ha rivelato l’esistenza di Ungheria, la struttura segreta della quale avrebbero fatto parte magistrati, forze dell'ordine, imprenditori, politici e faccendieri nata per fare lucrosi affari e condizionare il lavoro di giudici impegnati in procedimenti sensibili.

Nomi di primo piano sui quali sta lavorando in questo momento la procura di Perugia che ha indagato al momento alcuni volti noti come Luigi Bisignani e l’ex senatore di Forza Italia Denis Verdini, lo stesso Amara e altre figure minori.

La fuga dei verbali

I verbali nei quali Amara metteva nero su bianco Ungheria, redatti tra dicembre 2019 e gennaio 2020, erano stati secretati dai pm milanesi per proteggerne il contenuto. Tra il marzo e l’aprile del 2020, però, Storari aveva rotto il segreto consegnando una copia non firmata di cinque verbali e tre trascrizioni di file audio di conversazioni tra presenti a Piercamillo Davigo, che ne aveva diffuso il contenuto ad altri membri del Csm, tra cui il vice presidente dell’organo costituzionale David Ermini. Anche il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra era stato messo al corrente della questione «in assenza di qualunque ragione istituzionale» hanno sottolineato i pm.

Scoperta la fuga dei verbali, Storari si era difeso dicendo di aver fatto questo gesto in autotutela perché il procuratore capo di Milano Francesco Greco e la sua collega di indagine Laura Pedio non avevano provveduto a indagare sulle parole dell'avvocato ex Eni.

Un’autodifesa piuttosto traballante in verità, perché Storari non aveva formalizzato al Csm i propri dubbi sull'agire della procura di Milano ma aveva preferito interessare Davigo che avrebbe utilizzato i verbali anche per attaccare l’ex collega al Csm ed ex compagno di corrente nella Associazione nazionale magistrati Stefano Ardita, già pm a Catania e citato da Amara come appartenente alla loggia.

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