La pace, la giustizia, la verità. È seguendo un percorso costruito a partire da queste tre parole, che papa Leone XIV ha declinato, davanti al corpo diplomatico accreditato presso la Santa sede ricevuto in udienza nella Sala Clementina del palazzo apostolico, il ruolo che immagina per il Vaticano e per la chiesa negli attuali scenari internazionali.

Nel frattempo, Oltretevere arrivavano le notizie da Istanbul, in un alternarsi di delusioni e qualche barlume di speranza circa l’avvio di negoziati diretti fra Russia e Ucraina. D’altro canto era stato lo stesso pontefice a sottolineare che la «Santa sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi».

Ma la pace evocata da Leone XIV, ancora una volta, non è un richiamo astratto, né tantomeno significa solamente l’assenza di guerre. In tale prospettiva, il pontefice ha indicato alcuni punti fermi del suo magistero: fra questi la promozione del dialogo fra cultura e fedi differenti e della libertà religiosa quale diritto fondamentale, la necessità di ricostruire una diplomazia multilaterale e l’urgenza di affermare principi di giustizia per ridurre le grandi disuguaglianze che oggi attraversano il mondo.

Religioni e dialogo

In primo luogo, il pontefice ha indicato un metodo: «La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi».

Quindi nel merito ha parlato del contributo che possono dare le religioni: «In quest’ottica, ritengo fondamentale il contributo che le religioni e il dialogo interreligioso possono svolgere per favorire contesti di pace. Ciò naturalmente esige il pieno rispetto della libertà religiosa in ogni paese, poiché l'esperienza religiosa è una dimensione fondamentale della persona umana, tralasciando la quale è difficile, se non impossibile, compiere quella purificazione del cuore necessaria per costruire relazioni di pace».

Dunque dialogo fra le fedi e libertà religiosa restano due capisaldi sui quali costruire un futuro di convivenza pacifica. A partire da questo lavoro – ha aggiunto Prevost – «si possono sradicare le premesse di ogni conflitto e di ogni distruttiva volontà di conquista. In questa prospettiva è necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale ea quelle istituzioni internazionali che sono state volute e pensare anzitutto per porre rimedio alle contese che riusciamo a insorgere in seno alla Comunità internazionale».

Va detto poi che il pontefice, nel suo discorso, ha anche spiegato come intende portare avanti l’azione diplomatica della Santa sede per la quale ha disegnato un ruolo da protagonista per la Segreteria di stato. «Tramite il costante e paziente lavoro della Segreteria di Stato – ha affermato infatti Prevost – intendo consolidare la conoscenza e il dialogo con voi e con i vostri paesi, molti dei quali ho avuto già la grazia di visitare nel corso della mia vita, specialmente quando ero priore generale degli Agostiniani».

Disparità globali

Il tema delle ingiustizie è stato, per certi versi, il centro del suo intervento. «Perseguire la pace esige di praticare la giustizia», ha affermato il papa. «Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, la Santa sede non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai squilibri e alle numerose ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e società sempre più frammentate e conflittuali. Occorre per altro adoperarsi per porre rimedio alle disparità globali», ha precisato Leone XIV.

Quindi è arrivato il richiamo esplicito a chi ha responsabilità di governo che ha il compito di costruire società civili armoniche. In questo contesto, il pontefice ha fatto riferimento alla necessità di investire sulla famiglia «fondata sull’unione stabile tra uomo e donna, società piccola ma vera, e anteriore a ogni civile società».

«Inoltre – ha aggiunto subito dopo – nessuno può esimersi dal favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato». Su quest’ultima categoria il papa si è voluto soffermare rievocando il proprio percorso biografico: «La mia stessa storia è quella di un cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato. Ciascuno di noi, nel corso della vita, si può ritrovare sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio».

Mediazione vaticana

In merito alla crisi ucraina va sottolineato come, in mattinata, il segretario di Stato Pietro Parolin, rispondendo ai giornalisti a margine di un incontro in Vaticano, aveva ribadito la disponibilità a «mettere a disposizione il Vaticano per un incontro diretto tra le due parti». L’obiettivo è che le due parti «si parlino, è una disponibilità di luogo». Nel frattempo si lavora alla messa di inizio pontificato che si terrà il 18 maggio. Tra i presenti ci sarà il vicepresidente americano J.D. Vance, e non è escluso che possa incontrare il pontefice.

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