«I promotori di questo appello avremmo voluto non essere noi, ma essere ospiti di un’iniziativa promossa dalle istituzioni. Ci prendiamo questa responsabilità ma vogliamo far capire che non siamo quelli da compatire. Contro i vergognosi attacchi agli ebrei si devono unire le forze politiche». Parla così Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, sul palco della manifestazione “No antisemitismo, no terrorismo”, in scena ieri sera a Roma, in una piazza del Popolo blindata dalle forze dell’ordine.

All’evento, una maratona oratoria di tre ore, c’erano circa 3mila persone, tra bandiere di Israele, dell’arcobaleno con stelle di David e qualche bandiera italiana. Tanti giovani della comunità ebraica, anziani, coppie borghesi di mezza età. Su un lato del palco un camioncino, dei lego, un piccolo scivolo: giochi che ricordano i bambini uccisi e rapiti da Hamas nell’attacco del 7 ottobre. «Due mesi fa centinaia di miliziani hanno seviziato, torturato, scannato, decapitato donne e bambini innocenti, ma nei giorni seguenti non ci sono state fiaccolate o sit-in di sostegno», lamenta il giornalista Rai Franco Di Mare, presentatore della serata.

«Questo antisemitismo ormai non più invisibile, con la profanazione delle pietre d’inciampo nella capitale e i recenti attacchi in giro per l’Europa, è una violenza che nega a noi ebrei il diritto al ricordo e deride la società democratica. Il massacro del 7 ottobre è stato rimosso da gran parte dell’opinione pubblica», aggiunge Victor Fadlun, presidente della Comunità ebraica di Roma.

Una sfilata di ministri

La manifestazione di ieri ha trovato istituzioni presenti e solidali e la partecipazione di molti ministri. Dopo il presidente del Senato La Russa sono intervenuti i vicepremier Salvini e Tajani; poi Nordio, Valditara, Sangiuliano e Roccella. Ma anche una quarantina di associazioni e l’adesione delle ambasciate dei principali paesi europei (e degli Stati Uniti), oltre ai rappresentanti della Coreis, la Comunità islamica italiana, e dell’associazione Lgbt Keshet.

«Provo angoscia per gli ostaggi e le loro famiglie. Provo pietà per tutti i bambini, che sono sacri senza distinzione di nazionalità o di fede, che soffrono e muoiono. Che pagano perché altri non hanno saputo trovare le vie della pace», dice la senatrice a vita Liliana Segre, in un messaggio letto sul palco. «Si pensa sempre che sia finita, che il mondo sia andato avanti. E invece si devono rivedere ebrei braccati in quanto ebrei, chiamati a discolparsi in quanto ebrei, indotti a nascondersi in quanto ebrei».

Tocca poi alla seconda carica dello stato, Ignazio La Russa, accolto dagli applausi. «È impossibile distinguere tra antisemitismo e antisionismo, le due cose stanno insieme. Tutti gli antisionisti odiano gli ebrei. Serve una pace giusta che dia a Israele la certezza di esistere», dice in una piazza schierata «senza se e senza ma», in un appoggio incondizionato a Israele che esclude ogni critica a Netanyahu.

Il leader della Lega, Matteo Salvini – reduce dal weekend di Firenze con partiti sovranisti e di estrema destra, anche in odore di antisemitismo – è tra i più applauditi dalla piazza. Legge alcuni passaggi del New York Times che descrivono le violenze del 7 ottobre su donne a cui «hanno sparato nella vagina e nel seno» e un articolo di Oriana Fallaci, pubblicato su Panorama dopo l’attacco alle Torri gemelle. «Io sto con Israele e con gli ebrei, lunga vita a Israele», urla Salvini per dieci volte. «Ti amo», gli risponde qualcuno dalla folla.

Ma il primo a pronunciare il nome di Hamas è il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: «Il gruppo terroristico è responsabile di tutto ciò che accade in Medio Oriente, della fine della tregua e delle morti di civili a Gaza, che ha preso in ostaggio. Israele, con la sua tecnologia, sta facendo il possibile per ridurre il numero delle vittime. In futuro ci dovrà essere un mutuo riconoscimento: di Israele da parte dei palestinesi e dello stato palestinese da parte degli israeliani».

Una sinistra sullo sfondo

In piazza ci sono delegazioni di tutte le opposizioni, tranne Alleanza verdi e sinistra. C’è Elly Schlein, che però non parla dal palco: «Ci preoccupa il rigurgito dell’antisemitismo. È importante essere qui contro ogni forma di odio e discriminazione», dice la segretaria del Pd. Alla fine compare anche Giuseppe Conte: «Per noi non è una novità dire no a ogni forma di antisemitismo, ma Israele ha un governo di destra che sta violando il diritto umanitario», ripete a margine ai giornalisti.

Alla sfilata di ministri della prima ora e mezza assistono in un angolo Calenda e Gualtieri, tra qualche sorriso e occhi al cielo mentre parla Salvini. Piero Fassino, già presidente della commissione Esteri della Camera, la prende alla larga e ripercorre i pogrom che hanno segnato la storia, da quello di Siena nel 1799 fino alla Russia e alla Notte dei cristalli. «In Medio Oriente ci sono due ragioni: quella di Israele di esistere e quella dei palestinesi di avere un proprio stato. Non ci sarà pace né sicurezza se non saranno riconosciute entrambe», dice il deputato del Pd.

Più in linea con gli umori della piazza è Carlo Calenda, segretario di Azione: «Antisemitismo è anche l’indifferenza verso i morti ebrei, la doppia morale per cui la vita degli ebrei vale meno di altre, per cui si dice che Israele ha il diritto di difendersi ma lo si attacca quando lo fa. L’odio per Israele è l’odio che l’Occidente ha per sé stesso, per la libertà, l’uguaglianza e i diritti umani». Calenda è anche il primo a criticare la piazza del 25 novembre, con la grande manifestazione contro la violenza di genere, e «quelle femministe che non hanno preso le distanze da Hamas, che violenta e massacra le donne».

Contro Non una di meno

La mancata condanna del terrorismo di Hamas da parte dei movimenti femministi è uno dei leitmotiv della serata. “Non una di meno, anche se israeliana”, si legge su un cartello retto da due ragazze. “Queer jews lives matter”, c’è scritto su altri. «Voglio denunciare il silenzio del mondo femminista sulle violenze sessuali contro le donne ebree. Per me è stato doloroso non scendere in piazza il 25 novembre, ma abbiamo fatto bene», dice dal palco Maria Elena Boschi, deputata di Italia viva. «Voglio dire grazie a chi oggi è al fronte, a chi combatte per la famiglia ma anche per noi e i nostri valori».

Parole che anticipano quelle della ministra per la Pari opportunità e la famiglia, Eugenia Roccella: «Noi in quella piazza non c’eravamo perché quella piazza non ha detto la verità sui femminicidi e gli stupri contro le donne ebree. Così come non lo hanno fatto tante altre organizzazioni: più che Amnesty International è Amnesy International! Il 7 ottobre c’è stato un femminicidio di massa. Israele sta lottando per la libertà di tutti e tutte, anche per la libertà delle palestinesi».

Toni sempre più duri che esondano nelle testimonianze di “giovani sostenitori”. Come nel discorso finale di Simone Leoni, 23 anni, presentato come studente ma membro attivo di Forza Italia: «Mi vergogno nel vedere le immagini delle università che solidarizzano con quelle bestie di Hamas e invitano terroristi in aula (il riferimento è a Leila Khaled, ospitata a Torino il 16 novembre, ndr). Non voglio condividere la cittadinanza con loro. Hamas è il nazismo 2.0 e Israele ha il dovere di difendersi con ogni mezzo e sino alla fine. From the river to the sea, io resto qui», dice Leoni tra applausi scroscianti.

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