Lo scandalo dell’esame finto di italiano per dare la cittadinanza al calciatore Luìs Suárez può diventare uno scandalo di governo che coinvolge due ministeri e, in particolare, la ministra dei Trasporti Paola De Micheli. A inizio settembre mentre tutti la pensavano occupata soltanto a organizzare (poco) i mezzi pubblici per la riapertura delle scuole e a trattare sul futuro di Autostrade per l’Italia, De Micheli ha dato un aiuto al suo amico d’infanzia Fabio Paratici, alto dirigente della Juventus, che stava lavorando al trasferimento dell’allora attaccante del Barcellona in Italia, previa concessione della cittadinanza per aggirare il tetto all’ingaggio di atleti extra comunitari.

Sono entrambi di Piacenza e quasi coetanei, lui del 1972 lei del 1973. Paratici è indagato per aver fornito false informazioni ai pm di Perugia, De Micheli invece non risulta indagata ma è stata sentita dai magistrati di Perugia.

Nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Piercarlo Frabotta si legge che “ha ammesso di aver procurato all’amico di infanzia Paratici il contatto di Bruno Frattasi, capo di gabinetto del ministero dell’Interno”.

Saltare la fila

In un procedimento delicato come questo, ma anche in tanti altri, il ministero dell’Interno ha potere quasi assoluto. Tutto dipende dall’ordine di priorità che viene deciso alle tantissime richieste di cittadinanza che arrivano al Viminale.

Quando interviene De Micheli sono ancora in vigore i decreti Sicurezza di Matteo Salvini che hanno fissato a 48 mesi il termine  per rispondere alle richieste di cittadinanza, la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese ha ispirato la riforma che lo ha ridotto a 36 mesi. Una persona normale, cioè, poteva sperare di ottenere una risposta dal ministero entro quattro anni, Paratici e la Juventus pretendevano di avere il responso in pochi giorni. C’è un margine di discrezionalità da parte del ministero, ma un’accelerazione può avvenire soltanto con pieno coinvolgimento del ministro, non è certo una decisione che può prendere da solo il capo di gabinetto.

In una nota la ministra De Micheli si trincera dietro questa versione: «Non avendo conoscenza della procedura specifica, ho chiamato il capo di gabinetto del ministero dell’Interno, Bruno Frattasi, per anticipargli che sarebbe stato contattato da un dirigente della Juve che aveva bisogno di avere  informazioni necessarie per completare la pratica per il riconoscimento della cittadinanza italiana di Suarez. Ogni racconto differente da questi fatti è pura strumentalizzazione che non corrisponde a quanto accaduto realmente, dal momento che non ho nulla a che fare con la procedura d’esame d’italiano di Suarez, oggetto dell’inchiesta».

Le interlocuzioni

Secondo i magistrati, comunque la scelta di Paratici di rivolgersi alla De Micheli qualche risultato lo produce, visto che «per effetto di tale segnalazione» l’avvocato della Juventus Luigi Chiappero (dello studio Chiusano) ottiene «interlocuzioni» con la vice prefetto Antonella Dinacci, che al ministero dell’Interno è a capo proprio dell’Ufficio pianificazione generale e politiche della cittadinanza.

Un ex dirigente del ministero spiega che questo tipo di pressioni sono frequenti e che a volte la risposta a chi chiede favori è soltanto un atto di cortesia, non implica che la pressione abbia avuto successo. In ogni caso l’operazione di mercato che doveva portare Suárez alla Juventus non si è concretizzata, dunque non è dato sapere se l’intervento della ministra De Micheli avesse fatto arrivare la pratica per la cittadinanza dell’attaccante uruguagio su una corsia preferenziale. Ancora non è noto neppure il contenuto della sua deposizione presso la procura di Perugia, questo filone dell’inchiesta è ancora poco esplorato, mentre è ben chiara la prima parte.

I vertici dell’università sapevano 

L’Università per stranieri di Perugia si adopera per organizzare una apposita sessione di esame di italiano per Suarez, il 17 settembre, in modo da fargli avere il certificato di italiano di livello B1 necessario a ottenere la cittadinanza, anche se Suárez non conosce la lingua.

Alla sessione vengono aggiunti altri candidati per non far sembrare che sia, come è, una cosa su misura. Questo è uno degli elementi che spinge la procura di Perugia ad accusare Simone Oliveri, direttore dell’università, di falso ideologico: «Su sta vicenda dobbiamo dimostrare serietà, perché la Juventus m'ha detto vorrebbe fare un accordo per mandarci anche i calciatori della Primavera, tutti ...  poi non voglio che appariamo dei mercenari insomma! Secondo ho chiesto a Barbara nel verbale di motivare bene che la sessione. siccome i numeri sono ancora indefiniti», dice Olivieri in una telefonata intercettata con Lorenzo Rocca, un altro funzionario dell’università coinvolto nella pratica.

Secondo il giudice per le indagini preliminari, emerge così «l’estrema spregiudicatezza dell’Olivieri che, ben consapevole del favoritismo riservato allo speciale candidato, si preoccupa di salvare le forme con al predisposizione della falsa delibera di anticipazione della sessione».  

Rocca si incarica poi di tenere i rapporti con la rettrice dell’università, nella cui stanza si svolge la prova di Suarez, dopo un corso intensivo online che «serve a mettere a conoscenza Suarez degli argomenti d'esame prima della prova stessa, ma addirittura due giorni prima della verifica viene predisposto l'attestato di positivo superamento dell’esame di lingua B1. con l'inserimento dei voti. secondo "la linea" concordata da Rocca e dagli altri indagati con la rettrice Giuliana Grego Bolli». Grego Bolli è stata sospesa per otto mesi dal suo ruolo per effetto dell’ordinanza di ieri, così come Olivieri, Rocca e della professoressa Stefania Spina.

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