«Per quanto riguarda il reato di tortura esso rimarrà, ci sono questioni tecniche che affronteremo, la norma penale deve essere di facile applicazione. Secondo noi questo reato di tortura difetta di alcune condizioni di tipicità, non deve essere abolito e neanche attenuata l’attenzione dello stato nei confronti di condotte illecite». 

Così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha risposto in aula all’interrogazione presentata dai deputati dell’alleanza Verdi-Sinistra.

Le modifiche di Bignami

Domani aveva sollevato il caso, a fine dicembre, intervistando il viceministro delle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, che non solo aveva prospettato una revisione, ma era entrato nello specifico della sua proposta. 

«Chi sbaglia deve pagare, ma la struttura della norma è eccessiva perché non immagina una reiterazione e sanziona pesantemente anche singoli abusi», diceva Bignami.

Intervenire sul reato di tortura è una battaglia di Fratelli d’Italia e della Lega: lo hanno più volte promesso alle sigle sindacali della polizia penitenziaria. 

La modalità suggerita da Bignami renderebbe di fatto inapplicabile il reato di tortura. Sul tema era intervenuto anche un altro esponente del partito di maggioranza, Fabio Rampelli, che aveva caldeggiato pubblicamente una modifica.

Modifiche che Nordio non nega, ma parla genericamente di un perfezionamento della norma che, a suo avviso, necessita di essere migliorata e specificata meglio. 

«Il ministro Nordio ha aperto all’ipotesi di rivedere il reato di tortura, per tipizzarlo. È una prospettiva pericolosa», dice Devis Dori, deputato di Verdi e sinistra, primo firmatario dell’interrogazione. 

Il reato di tortura nel nostro paese è stato introdotto nel 2017, a seguito di un dibattito parlamentare durato quattro anni. Il testo approvato era molto diverso rispetto a quello inizialmente presentato dal senatore democratico, Luigi Manconi, che alla fine aveva scelto di non votare il testo. 

Il reato 613 bis prevede pene da quattro a dieci anni ed è stato introdotto su sollecitazione dell’Europa che, nel 2015, aveva condannato il nostro paese per le condotte tenute dalla polizia durante il G8 di Genova.

Il nostro paese è stato condannato non solo per il massacro dei manifestanti nella scuola Diaz, ma anche perché priva del reato di tortura all’interno del codice penale. 

Durante il consueto confronto tra governo e parlamento, il ministro è intervenuto anche sul tema dell’affollamento delle carceri e dei suicidi, 89 nel 2022 (80 detenuti e 5 agenti penitenziari). 

L’attacco alle intecettazioni

L’ex magistrato ha annunciato, entro il 2026, la costruzione di 8 nuovi padiglioni e che i detenuti attualmente sono 56ila a fronte dei 51mila posti disponibili.

Nordio ha poi nuovamente attaccato lo strumento delle intercettazioni mettendolo in contrapposizione con la penuria di risorse per il supporto psicologico di chi vive la realtà carceraria. 

«È irrazionale che si spendano centinaia di milioni di euro all’anno per delle intercettazioni molto spesso inutili quando non troviamo soldi per pagare il supporto psicologico per i detenuti», ha detto. 

Parole di fuoco contro uno strumento che ha consentito di contrastare mafie e corruzione diffusa, ma anche di recuperare centinaia di milioni di euro che lo stato ha potuto confiscare e mettere a disposizione della collettività. Ma tutto questo il ministro non lo dice. 

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