La procura di Trapani che indagava sulle ong impegnate nel Mediterraneo nel soccorso dei migranti partiti dalla Libia non ha intercettato solo decine di giornalisti. C’è infatti un capitolo inedito, che Domani in collaborazione con Rai News e il Guardian è in grado svelare: i pm hanno ascoltato anche le telefonate tra alcuni avvocati e i loro assistiti, e quelle tra un prete indagato e un parlamentare. Le intercettazioni non hanno un legame con le indagini, ma sono fatte passare dagli investigatori come utili per ricostruire il contesto.

Prima ancora delle indagini dei pm un primo faro sulle ong era stato acceso dall’ufficio immigrazione del ministero dell’Interno, che con una nota (il giorno stesso dell’insediamento di Marco Minniti al Viminale, prima sottosegretario con la delega ai servizi segreti), ha inviato un rapporto alla polizia su presunti rapporti navi umanitarie e trafficanti.

L’avvocato e il parlamentare

Don Mussie Zerai ha dedicato la sua vita a salvare vite in mare. È eritreo, rifugiato, prete di strada, presidente dell’agenzia Habeshia. Dagli atti dell’inchiesta si scopre che Zerai, indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, viene sentito mentre parla, nell’agosto del 2017, con Luigi Manconi, al tempo senatore del Partito democratico. «Manconi chiama Zerai e gli dice di aver chiamato Mario Morcone», al tempo al Viminale. Erano i giorni in cui a Roma era in atto lo sgombero di un palazzo dove avevano trovato riparo un migliaio di rifugiati provenienti dall’Eritrea. Gli investigatori della polizia, la stessa impegnata in piazza per trasferire a forza i rifugiati, captava in anteprima le mosse di Zerai, che si stava muovendo anche con alcuni parlamentari per disinnescare una potenziale bomba sociale. Per Zerai, ora, la procura di Trapani ha chiesto l’archiviazione.

A imbarazzare di più la procura e il servizio centrale operativo della polizia, che ha condotto l’indagine, sono i dialoghi tra il prete e il suo avvocato, Arturo Salerni. Telefonate in cui i due parlano della difesa da tenere in occasione di un eventuale interrogatorio. Dialoghi che dovrebbero restare riservati, tutelati ancora di più dopo la sentenza della corte europea dei diritti dell’uomo che sancisce «l’inviolabilità delle conversazioni tra assistito e avvocato». Zerai dice amareggiato: «Questo è avvenuto mentre si moriva nel mediterraneo. Mi chiedo se tutto questo è da stato di diritto».

Tra gli avvocati intercettati con i loro clienti c’è anche Alessandra Ballerini, legale della famiglia di Giulio Regeni: parlava con la cronista Nancy Porsia. Anche il legale Fulvio Vassallo Paleologo, riferimento dell’associazione Asgi (studi giuridici sull’immigrazione) a Palermo e da sempre impegnato per i diritti dei migranti, è stato sentito sull’utenza della reporter. Michele Calantropo e la giornalista sono invece ascoltati mentre si confrontano su un processo in cui lo stesso Calantropo era parte attiva. Infine Serena Romano, che con la cronista ragiona su strategie processuali e di lavori sul campo in Libia.

Il segreto professionale

Anche il numero di giornalisti sentiti dagli investigatori è molto maggiore di quanto ipotizzato inizialmente. Non sette, ma addirittura almeno una quindicina, da quanto emerge dal complesso degli atti consultati. Alcuni sono intercettati direttamente, altri perché al telefono con indagati, alcuni pure “schedati” in report dedicati. Porsia, inviata in zone di guerra e “usata” come sorta di agente infiltrato a Tripoli e Bengasi a sua insaputa, è stata ascoltata mentre chiariva a una giornalista di Raitre dettagli significativi sul suo lavoro sotto copertura, in merito a notizie sensibili sul ruolo dei capi della guardia costiera libica, fino a informazioni su clan criminali di Sabrata coinvolti nel traffico di migranti. Porsia è stata registrata anche nel 2016: discuteva di inchieste e viaggi di lavoro con Sergio Nazzaro, al tempo tra i responsabili dell’ufficio stampa alla Camera del Movimento 5 stelle, partito dell’opposizione. Il colloquio – parlano del ruolo del governo, dei servizi segreti, della missione di sicurezza Triton – viene trascritto integralmente, anche se nulla ha a che fare con l’inchiesta di Trapani.

Oltre ad Antonio Massari, Fausto Biloslavo e Francesca Mannocchi, i documenti segnalano come sia stato ascoltato anche il blogger dell’Espresso Corrado Giustiniani mentre parla con Zerai: le critiche del prete sul codice di condotta per le ong varato da Marco Minniti sono evidenziate in grassetto dagli investigatori. La polizia ha poi tentato di prendere informazioni sul reporter tedesco Hagen Kopp. Anche le voci di Carlo Lania e Giovanni Solla del manifesto sono impresse nei nastri. Claudio Buttazza della Radio Svizzera Italiana viene intercettato mentre discute con Tommaso Fabbri di Medici senza frontiere, Nello Scavo di Avvenire si confrontava con Zerai su alcuni video in possesso del prete su maltrattamenti subiti dai migranti dalla guardia costiera libica, con «immagini particolarmente cruente».

«Le intercettazioni tra indagato e avvocato non sono mai legittime, devono essere distrutte, sempre. C’è una violazione flagrante del diritto di difesa. In merito ai giornalisti, questi hanno diritto di non essere ascoltati e soprattutto di conservare la riservatezza delle loro fonti», dice Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte costituzionale. «Si tratta di capire se ci sono state delle violazioni. E se siamo di fronte a illeciti disciplinari, o se si possono configurare dei veri e propri reati». Il ministero della Giustizia, dopo l’inchiesta di Domani della scorsa settimana, ha aperto un’indagine conoscitiva per capire se siano stato violato il codice. Il procuratore Maurizio Agnello ha inviato una relazione al procuratore generale di Palermo per chiarire come mai siano state trascritte le conversazioni. Contattato da Domani il procuratore non commenta, attende l’esito delle verifiche.

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