Si presenterà come il papa sociale, Francesco, nell’incontro con l’uomo che guida il paese che, più di ogni altro, oggi desidera un pontefice politico.

Nel primo bilaterale con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, le agende dei due leader collimeranno sulla crisi climatica, le disuguaglianze create dalla pandemia, la lotta al Covid-19 e le migrazioni incontrollate: temi globali piuttosto che questioni prettamente locali.

Che dentro le mura leonine, durante il pontificato di Francesco, non vi fosse posto per la politica americana era già stato reso evidente un anno fa, quando i tentativi dell’allora Segretario di stato Mike Pompeo di incontrare il pontefice per discutere della tolleranza religiosa in Cina, si erano risolti con un buco nell’acqua.

Allora, però, i rapporti erano piuttosto agitati a causa delle “intemperanze” di Donald Trump, caldeggiate da evangelici e cattolici conservatori. Con il secondo presidente cattolico dopo John Fitzgerald Kennedy, invece, il clima appare più disteso e la concordia tra i due capi di stato sarà il tavolo di discussione di temi più urgenti.

L’agenda sul clima

Contrariamente a quanto preconizzato dai vescovi scozzesi, Francesco non sarà presente alla Cop26 sul clima, in programma a Glasgow dal prossimo 31 ottobre. Ciononostante, il papa della Laudato si’ è intenzionato a dare il suo apporto a scelte verdi, sostenendo la politica di Biden.

Fonti vaticane riferiscono che al centro dell’incontro fra i due capi di stato ci sarà l’ecologia integrale, sviscerata nelle sue implicazioni sociali (migrazioni) e culturali (prossimità).

«Non è più tempo di mezze misure» riportava ieri in prima pagina L’Osservatore Romano. Certamente, il piano strategico americano volto a frenare il cambiamento climatico e le disuguaglianze sociali, del valore complessivo di 3.000 miliardi di dollari, è vincolato alla posizione dei democratici.

Ma il ruolo trasversale di papa Francesco può permettere di superare la paralisi sulle politiche ecologiche che sfiducia coloro che dalla linea internazionale sulle questioni ambientali non si aspettano grandi risultati, memori del nulla di fatto della Cop25.

Oggi, però, l’inquilino della Casa Bianca è in discontinuità rispetto alle posizioni del suo predecessore, e questo potrebbe esercitare una pressione sui burocrati più restii.

Negli ultimi tempi, il pontefice ha aumentato la sua pressione sugli attori internazionali. Tre settimane fa, ha radunato in Vaticano i leader di diverse religioni – escluso il Dalai Lama – in un incontro dal titolo emblematico, “Faith and Science. A petition for Cop26”, facendo sottoscrivere ai capi religiosi un appello urgente per risanare il pianeta, poi consegnato al capo della conferenza Cop26, Alok Sharma.

Dall’altra parte del mondo, il patriarca ecumenico Bartolomeo I, in visita negli Stati Uniti, ha incontrato i leader politici facendo appello a una maggiore giustizia sociale.

Il lavoro dei leader religiosi

È evidente che le religioni, non solo quella cattolica, stiano lavorando sulle questioni ambientali. Ma anche sul terreno sicuro delle discussioni sul clima, il rischio è che si presenti la questione cinese.

Il più grande paese produttore di Co2 al mondo non è intenzionato a seguire in toto la linea dei paesi della Cop26, malgrado gli annunci sulla riduzione delle emissioni degli anni scorsi.

Se Oltretevere assicurano prudenza sulla questione, il papa confermerà in sostanza la linea adottata da sempre: non istruzioni politiche, ma spunti sociali di fronte all’urgenza di una svolta verde.

«Custodire la nostra casa comune, preservarla dalle azioni scellerate, magari ispirate da una politica, un’economia, e una formazione legate al risultato immediato, a vantaggio di pochi» ha detto il papa venti giorni fa davanti ai docenti e gli studenti della Pontificia università lateranense.

Per Francesco un’importante occasione per saggiare il peso politico delle sue parole avverrà sabato, quando incontrerà per la prima volta in Vaticano il premier indiano Narendra Modi, alla guida di uno dei paesi più inquinanti al mondo.

Nell’incontro della durata prevista di mezz’ora, la discussione sui movimenti radicali nel paese potrebbe lasciare il posto alla causa ecologica.

Non se ne parla

È stato confermato che il papa non tratterà con Biden le più spinose questioni dottrinali, come il sostegno presidenziale all’aborto.

Lo ha dichiarato due giorni fa la portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, ribadendo che entrambi i leader discuteranno di questioni su cui sono d’accordo. «La fede del presidente è, come tutti sapete, abbastanza personale per lui» ha detto.

Parole confermate a Domani via Zoom dal gesuita Kevin Gillespie, rettore della Holy Trinity Church, la chiesa nel cuore di Georgetown frequentata dai politici cattolici, tra cui Biden e la speaker dem della Camera, Nancy Pelosi. 

«Seguendo la linea del nostro arcivescovo, il cardinale Wilton Gregory, non negheremo mai la comunione a politici che mostrano una così fervente devozione, come ho visto sia in Biden che Pelosi» ha dichiarato il parroco gesuita.

La questione della cosiddetta «coerenza eucaristica», cioè l’eventualità che la comunione sia negata a politici pro-choice, ha diviso l’episcopato americano e sarà al centro del prossimo, incombente incontro dei vescovi cattolici statunitensi a Baltimora.

La Santa sede non ha mai offerto la sponda ai prelati più intransigenti, come l’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone. La linea ufficiale da Roma è stata espressa nero su bianco nella lettera della Congregazione per la dottrina della fede di maggio scorso, in cui il cardinale Luis Francisco Ladaria ha scritto che «sarebbe fuorviante se si desse l’impressione che aborto ed eutanasia da soli costituiscano le uniche gravi questioni della dottrina morale e sociale cattolica».

La linea della chiesa in materia è, peraltro, già nota prima dell’avvento di Bergoglio: nell’aprile 2008, durante la visita negli Usa di papa Benedetto XVI, Pelosi e l’allora senatore del Massachusetts, John Kerry, ricevettero la comunione durante la messa al National park di Washington.

A distanza di un anno dal mancato incontro tra l’amministrazione Trump e papa Francesco, è cambiata l’amministrazione Usa, non le istanze avanzate dai cattolici conservatori, sempre più riuniti sotto sparuti nomi o emittenti televisive come Ewtn.

Per costoro, il pontefice argentino, che non ha mai fatto mistero del suo disinteresse verso il «capitalismo selvaggio» degli Stati Uniti, nell’incontro con il cattolico Biden tradirà qualsiasi desiderio di riscossa reazionaria.

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