Carri armati, missili, mezzi tattici, poligoni di tiro, basi della Marina e tanto altro. L’Italia deve prepararsi all’eventualità di un conflitto armato. Ne è certo il ministro della Difesa, Guido Crosetto, che in un’intervista rilasciata a La Stampa, ha rilanciato l’idea di avere dei riservisti da mettere «insieme alle forze armate». Al momento è un timore futuribile, intanto il governo ha deciso di non badare a spese per nuovi programmi militari.

Decreti top secret

Negli ultimi giorni, infatti, sono arrivati alle commissioni di Bilancio e Difesa di Camera e Senato ben otto atti del governo, sottoposti a parere parlamentare, per un esborso complessivo monstre di oltre 12 miliardi (spalmati ovviamente nei prossimi anni).

Il via libera è una formalità. E così, nel giro di un mese (l’avallo è previsto massimo entro il 25 febbraio per i primi atti), ci ritroveremo una rimilitarizzazione. E non è roba da poco considerando che solo pochi giorni fa, come raccontato proprio da Domani, l’esecutivo aveva già ricevuto l’ok alla produzione di razzi e droni militari per una spesa complessiva di oltre un miliardo.

Come capitato proprio con i due precedenti programmi pluriennali, è impossibile consultare gli atti governativi. La documentazione, a differenza di ogni altro atto, risulta «non disponibile».

I dati si possono però desumere dal Documento programmatico pluriennale del ministero della Difesa, relativo al triennio 2023 - 2025. E in questo “libro mastro” si rintraccia il progetto “Basi Blu”, «relativo all’adeguamento e ammodernamento delle capacità di supporto logistico delle basi navali della Marina militare», soprattutto per le infrastrutture di ormeggio. Il costo complessivo è stimato in 1,7 miliardi.

Al momento, con il decreto in discussione in parlamento, è finanziata solo la prima parte del programma per 762 milioni. Ci sono altre voci nel carrello della spesa.

Restando nel campo delle infrastrutture, spicca la volontà di realizzare «poligoni di tiro chiusi in galleria per l’addestramento con armi da fuoco portatili», per l’esercito italiano. Il fine è quello di mitigare gli impatti ambientali della «attività addestrativa a fuoco» con strutture modulari semipermanenti che consentiranno di evitare poligoni all’aperto, magari situati in aree naturalistiche di pregio. Costo dell’operazione: 63,5 milioni nei prossimi cinque anni. Ci sono poi 300 milioni per il nuovo «sistema satellitare per le telecomunicazioni governative».

Missili, navi, mezzi militari

Tra i programmi della Difesa ci sono anche mezzi militari nuovi di zecca. L’idea della Difesa è rinnovare la «capacità di combattimento delle forze corazzate». Ecco allora i carri armati di ultimissima generazione che, si legge nella scheda tecnica, «saranno caratterizzati da elevate performance in termini di protezione, letalità, mobilità, interoperabilità e sostenibilità logistica, nonché basati su soluzioni tecnologiche mature allo stato dell’arte. Tali sistemi assicureranno un’adeguata capacità [...] in contesti warfighting».

Il tutto per un «fabbisogno previsionale complessivo di 8,246 miliardi di euro», di cui al momento risulta finanziata una quota di circa 4 miliardi per i prossimi 14 anni. Ma non è finita qui. Spazio, infatti, a due fregate di nuova generazione.

Il conto è nel caso specifico di 155 milioni nel 2024, 181 nel 2025, 443 tra il 2026 e il 2028, e altri 105 milioni fino al 2040. E ancora troviamo i Ground mobility vehicle (Gmv) “Flyer”. Parliamo di mezzi «aviolanciabili», idonei a «proiettare e concentrare forze in tempi brevissimi e con ridotto preavviso, anche in aree di operazione non raggiungibili da altre tipologie di forze». Veicoli, dunque, fondamentali specie per il Comparto forze speciali e la Brigata paracadutisti “Folgore”, come riconosciuto dallo stesso ministero. In tutto 229,6 milioni nei prossimi 12 anni. Non è finita. Spazio, poi, alla potenziale difesa da attacchi nemici.

Il decreto governativo riguarda la volontà di rinnovare «l’intera capacità di difesa contraerei a cortissima portata dell’esercito mediante lo sviluppo e l’acquisizione di un sistema di nuova generazione, di produzione nazionale».

Si tratta di piccoli “missili” difensivi che possono essere utilizzati e montati direttamente su aerei militari oppure usati in versione “Manpads” (Man portable air defense system) e dunque, come si dice in questi casi, “spalleggiabili”.

Il programma, si legge nella scheda tecnica, «assicurerà il rispetto dei requisiti richiesti dalla Nato e un minor grado di dipendenza dalle forniture provenienti da Paesi Terzi».

Si prevede una spesa di 175 milioni di euro nei prossimi cinque anni. Ed è solo la prima tranche di un progetto ben più ampio che arriverà a costare almeno 808 milioni. Per una spesa che tra tutti i programmi, sia quelli in corso di approvazione che quelli già approvati, supera i tredici miliardi. Un ottimo modo per iniziare l’anno con il piglio militare giusto.

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