Proviamo a mettere in fila alcune delle cifre che girano dentro e intorno al trasferimento dell’attaccante Dusan Vlahovic dalla Fiorentina alla Juventus. Cifre che in massima parte non sono ancora ufficiali ma molto probabili. Per portare in bianconero il giovane centravanti serbo la Juventus impegnerebbe 75 milioni di euro tra quota fissa e bonus (67+8).

Vlahovic percepirà 7 milioni netti a stagione, che al lordo fanno quasi il doppio per un contratto con scadenza 30 giugno 2026 con opzione 30 giugno 2027. Si parla di commissioni da 12 milioni agli agenti (Darko Ristic e i suoi sodali della belgradese International Sports Company), che in un primo tempo pareva dovessero arrivare a 18 milioni. E chissà se la Juventus, in uno slancio di trasparenza, spiegherà anche perché decida di accondiscendere a una richiesta tanto esosa. Perché una commissione da 12 milioni su un trasferimento da 75 milioni è molto più che una commissione.

Le cifre monstre appena messe in fila vanno incrociate con altre che fotografano lo stato di salute delle finanze juventine: i 209,9 milioni di euro che segnano il rosso dell’ultimo esercizio, quello chiuso al 30 giugno 2021, e l’aumento di capitale da 400 milioni di euro completato lo scorso dicembre, che fa seguito a un altro aumento di capitale da 300 milioni di euro richiesto soltanto due anni prima, nel 2019.

Cifre da gigantismo calcistico, ma di un gigantismo che continua a non fare i conti con una minima idea di sostenibilità. Perché proprio questo è il punto. In questi giorni ci si chiede soprattutto: ma al di là delle valutazioni tecniche, il trasferimento di Vlahovic è finanziariamente sostenibile? E la risposta è: non si vede proprio come possa esserlo.

La logica dell’azzardo

(Foto AP)

L’acquisizione del giovane attaccante serbo presenta per la Juventus un indiscutibile valore tecnico. La società bianconera ha bisogno di essere presente ogni anno in Champions League e di andare avanti il più possibile nella competizione. E se questa è la prospettiva, nulla da eccepire. La società bianconera ha rafforzato la squadra acquisendo uno dei più forti attaccanti disponibili sul mercato globale, per di più già ambientato nel calcio italiano.

Ma se si sposta il discorso dall’ambito tecnico a quello economico-finanziario, ecco che il quadro cambia e la mossa di mercato assume tutt’altra prospettiva: quella dell’azzardo. Si punta forte sull’esito sportivo e per farlo si stressa ulteriormente un equilibrio economico-finanziario già fortemente provato.

Ciò che è la perpetuazione di una logica imperante, non soltanto in casa bianconera, già prima che il Covid impattasse sul business del calcio. Un rilanciare continuo, con la stratificazione della precarietà economico-finanziaria pregressa e nella speranza che negli esercizi a venire intervenga chissà quale evento salvifico.

Che però non arriva e pone una perenne condizione da “debito che è abbastanza grande da poter badare a se stesso". Tutto ciò avviene nei giorni in cui la Lega di Serie A continua a chiedere aiuti di stato per riparare ai danni provocati dalla pandemia. Il trasferimento di Vlahovic alla Juventus, fatto a quelle cifre, brucia definitivamente ogni pretesa su questo terreno.

Scopritori e plusvalenze

E a margine di questo affare di calciomercato si scatenano le più fantasiose letterature. Per esempio, quella su Vlahovic scoperto da Pantaleo Corvino, dirigente men che minore del calcio italiano. In realtà Vlahovic fa parte della vagonata di calciatori trasferiti dal Partizan Belgrado alla Fiorentina, in epoca Della Valle e sotto la regia di Fali Ramadani.

Calciatori talvolta validi e talvolta impresentabili, approdati a Firenze sia quando c’era Corvino sia quando Corvino era nelle altre (rarissime) società che lo hanno ingaggiato. Come Bologna e Lecce. Dove, chissà perché, di calciatori del Partizan non ne sono mai approdati.

L’altro spunto di letteratura circolato in questi giorni sostiene che, prendendo calciatori calciatori giovani come Vlahovic, la Juventus si metta nelle condizioni di realizzare future plusvalenze. E qui siamo alla fantascienza. Ci si spieghi che razza di plusvalenza sarebbe, quella realizzata sulla cessione di un calciatore costato quelle cifre lì fra acquisizione e stipendio. Ma poco male, quando si realizza un affare del genere i laudatores prendono nettamente il sopravvento su chi ragiona di cifre e rischi. Era già successo con l’acquisizione di Cristiano Ronaldo, che pure qualche lezione in eredità avrebbe dovuto lasciarla. Oggi la storia si ripete.

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