La crisi economica in Cina a causa delle rotture delle catene di forniture globali, delle forti tensioni geopolitiche esplose in Ucraina e Taiwan e dei ricorrenti lockdown anti Covid rischia di diventare crisi finanziaria e quindi successivamente bancaria?

Per ora non ci sono che scricchiolii periferici, piccoli incendi nel sistema del credito, che però potrebbero diventare qualcosa di molto più grande o essere spenti sul nascere.

Sanzioni e nuova variante Omicron

Nel frattempo c’è solo da segnalare che la Banca centrale cinese ha effettuato lunedì 448 milioni di dollari di pronti contro termine in aste per mantenere la liquidità nel sistema bancario. Il 27 giugno ne aveva immessi ben 15 miliardi di dollari.

Un segnale che si somma alle sanzioni di Pechino al proprio settore tecnologico (le autorità di controllo hanno imposto sanzioni ad Alibaba e Tencent per non aver rispettato le regole antimonopolio), mentre una nuova variante di Omicron ha costretto alla chiusura i casinò a Macao, l’ex colonia portoghese, e riportato i tamponi di massa a Shanghai dove si teme un altro lockdown.

Inoltre, gli investitori internazionali stanno valutando le ultime stime che indicano un’inflazione più elevata del previsto a giugno, anche se sotto il target della banca centrale cinese fissato al 3 percento, rispetto al 2 percento della Bce.

L’economia a rilento

Anche l’economia reale manda segnali di rallentamento. Il crollo della domanda di veicoli commerciali in Cina ha portato lunedì l’associazione dell’industria automobilistica cinese a limare le sue previsioni di vendita.

Il settore venderà 27 milioni di auto quest’anno, con un aumento del 3 percento rispetto allo scorso anno, secondo le previsioni della China association of automobile manufacturers, l’ente che ha ridotto le sue stime da 27,5 milioni di vendite da una crescita ipotizzata del 5,4 percento per fine anno. Un calo insolito per la “fabbrica del mondo” abituata a macinare record.

The Associated Press

Una rara protesta

In questo contesto di incertezza è esplosa una protesta, piuttosto insolita in Cina, dove i risparmiatori di quattro banche nella provincia centro orientale dello Henan si sono scontrati con la polizia, a causa del congelamento dei depositi bancari.

Ma vediamo i fatti. Circa mille correntisti si sono radunati a Zhengzhou sotto gli uffici della filiale della People’s bank of China, la banca centrale cinese, per manifestare contro l’impossibilità di accedere al credito: i manifestanti hanno accusato le autorità locali di corruzione e sono stati dispersi dall’intervento della polizia.

I problemi nell’accesso al credito erano cominciati già ad aprile scorso, quando le quattro banche locali, colpite dalla frenata dell’economia cinese, avevano bloccato l’accesso ai depositi per milioni di dollari da aprile, giustificando la mossa con un aggiornamento dei sistemi interni. Alcuni parlano di una frode del tipo schema Ponzi, cioè nuovi debiti per pagare vecchi debiti.

Sui social media locali i video delle proteste sono diventati virali: i partecipanti hanno sventolato bandiere cinesi e ritratti di Mao Zedong, scandendo slogan come «ridateci i nostri ‘Maonny», il nome popolare delle banconote da 100 renminbi con l’immagine del grande timoniere. Poi la tensione è aumenta ed è intervenuta la polizia.

La manifestazione è stata tra le maggiori che Pechino abbia visto dalla pandemia, con gli spostamenti interni ridotti da varie limitazioni di movimento dovute all’epidemia.

Il mese scorso, le autorità di Zhengzhou sono persino ricorse alla manomissione del sistema di codice sanitario digitale Covid del paese per limitare artificiosamente sul telefonino i movimenti dei depositanti e impedire la loro protesta, provocando però una protesta a livello nazionale. Una frode nella frode.

Usare le bandiere nazionali per mostrare patriottismo è una strategia usata per i manifestanti in Cina, dove il dissenso è rigorosamente represso. La tattica ha lo scopo di mostrare che le loro lamentele sono solo dirette contro i governi locali e che cercano l’appoggio del governo centrale per un risarcimento. Ma questa volta questo espediente non è bastato.

Attacchi alle banche

Dopo i disordini di domenica, le autorità finanziarie provinciali hanno annunciato l’istituzione di un piano per proteggere i risparmiatori che non sono riusciti a ritirare i depositi e abbassare la tensione. Secondo il Global Times, le quattro banche sarebbero state attaccate da un gruppo, identificato come Henan new wealth group, che avrebbe manipolato i sistemi delle banche. Il mese scorso erano stati arrestati alcuni membri del gruppo e i loro asset erano stati congelati, e la polizia di Xuchang, nello Henan, ha comunicato nuovi arresti della gang. Le attività illegali ai danni delle banche locali sarebbero iniziate già nel 2011, a opera di un gruppo guidato da un sospettato, identificato con il nome di Lu Yi, ora a capo dello Henan new wealth group, che avrebbe realizzato uno schema per garantirsi il controllo sugli istituti di credito locali. Il problema ora è verificare se questa vicenda sia solo un caso isolato o la scintilla di un incendio più ampio. Nel qual caso la questione sarebbe più complessa.

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