Enorme manifestazione a Roma in solidarietà con la Palestina. Slogan e indignazione. Ma c’è chi inneggia al pogrom del 7 ottobre
(Video di Paolo Di Falco)
«Siamo un milione di persone. E un milione di persone non si può ignorare». Così grida al microfono Maya Issa, del Movimento giovani palestinesi in Italia, dal camion che per tutto il pomeriggio ha guidato il corteo per le strade di Roma, da Porta San Paolo fino a piazza San Giovanni.
«L’avevamo detto e l’abbiamo fatto. Abbiamo bloccato tutto. Anche oggi abbiamo fermato Roma, la Capitale, come simbolo del paese. Siamo un milione in piazza per la Palestina», dice Issa, mentre la marea di persone che riempie San Giovanni scoppia in un coro unico «Free, Free Palestine», inarrestabile, come il desiderio di fermare il genocidio a Gaza.
E di supportare gli attivisti della Flotilla fermati da Israele in acque internazionali mentre provavano a rompere l’assedio della Striscia. Sottoposti a trattamenti «umilianti», come ha raccontato il giornalista Lorenzo D’Agostino, arrivato a Istanbul questo sabato con un volo speciale insieme ad altri 25 italiani. «Basta, non possiamo più restare il silenzio. Non possiamo più sopportare che il nostro governo sia complice dello stato ebraico, il 22 settembre si è rotto un argine, non torniamo più indietro», si sfoga una studentessa con le compagne raggruppate attorno a una delle migliaia di bandiere palestinesi che svettano sopra la folla, insieme ai fumogeni neri, bianchi, rossi e verdi che colorano il cielo.
Il corteo
Man mano che gli interventi, dal camion che si è trasformato in un palco di resistenza, si susseguono, uno dopo l’altro senza break, i manifestanti diventano sempre di più. «Mentre la testa del corteo è arrivata destinazione, la coda è da poco partita da Porta San Paolo», spiegano gli organizzatori, tutte le realtà palestinesi d’Italia, senza distinzioni, unite per una causa comune: che anche il popolo palestinese possa essere un popolo libero.
«Questa piazza è il nostro orgoglio, ringraziamo gli italiani che manifestano per dire stop al genocidio. Ma non basta, serve che la Palestina sia libera, perché il nostro popolo ha diritto alla creazione di uno stato indipendente. Non si può parlare di pace senza giustizia. Perciò ringraziamo tutto il paese per essere sceso in strada ma chiediamo che anche che l’Italia, come altri 160 paesi nel mondo, riconosca lo stato di Palestina», spiega a Domani Yousef Salman, presidente della comunità Palestinese di Roma e del Lazio.
A comporre il corteo persone di ogni età e nazionalità, bambini, famiglie, studenti, lavoratori, che sono arrivati da tutta Italia con ogni mezzo. Tanti, tantissimi quelli che hanno sentito l’esigenza di mobilitarsi per la prima volta in occasione dello sciopero generale lo scorso 22 settembre e da quel giorno non hanno più smesso. «Volevamo salvare la Palestina ma la Palestina sta salvando noi», spiega Eliana Caramelli, arrivata con un’amica a Roma da Firenze, dopo giorni di lotta per Gaza insieme ai lavoratori della fabbrica occupata di Campi Bisanzio Gkn.
A credere che il supporto al popolo palestinese abbia tirato fuori «la nostra umanità», anche Alessandro Zadra, dell’esecutivo nazionale SiCobas, il sindacato che ha proclamato lo sciopero del 3 ottobre con il dovuto anticipo per permettere alle migliaia di lavoratori che nei giorni passati hanno bloccato il paese di astenersi dal lavoro senza incorrere in sanzioni: «Siamo la classe operaia e siamo in tantissimi. Lottare per la liberazione della Palestina significa lottare il contro governo che reprime chi sciopera, che impoverisce il lavoro e che preferisce destinare risorse al riarmo invece che alla sanità o alla scuola», conclude Zadra convinto che le piazze dell’ultima settimana abbiano avuto anche il merito di mostrare la forza delle mobilitazioni dal basso, quelle che uniscono, nel tentativo di rendere l’Italia un posto migliore, lavoratori e le migliaia di studenti convinti dello stesso, come spiega Viola Signorini, di Studenti per la Palestina di Pisa, che insieme a Mariasole Bondioli del movimento No Base, chiarisce come solo unendo le lotte, si avvicinano i territori e si possa costruire un fronte comune.
Le tensioni
Centinaia, infatti, gli striscioni diversi, simbolo delle variegate realtà di tutto il Paese arrivate a Roma con ogni mezzo, per partecipare alla manifestazione nazionale per la Palestina, che hanno composto il lunghissimo corteo arrivato pacificamente fino piazza San Giovanni. Mentre la tensione con le forze dell’ordine è salita dopo, in serata quando, nei pressi di Santa Maria Maggiore e poi in piazza dell’Esquilino, la polizia ha caricato e usato gli idranti contro un gruppo di manifestanti che si era staccato dal corteo.
Tra i tanti striscioni per la pace, però, anche uno con scritto “7 ottobre giornata della resistenza palestinese” che è diventato subito il pretesto per la Lega attaccare la piazza. «Non sappiamo chi sia l’autore dello striscione, ma non ci dissociamo», dicono a Domani i Giovani Palestinesi, senza curarsi delle polemiche in corso.
A tentare di delegittimare la mobilitazione anche la premier Meloni che nel condannare chi ha imbrattato la statua di papa Wojtyla, davanti alla stazione Termini, con la scritta «fascisti di merda» ha aggiunto: «Dicono di scendere in piazza per la pace, ma poi oltraggiano la memoria di un uomo che della pace è stato un vero difensore e costruttore. Un atto indegno commesso da persone obnubilate dall'ideologia, che dimostrano totale ignoranza per la storia e i suoi protagonisti».
Momenti indegni che hanno caratterizzato il 4 ottobre a Roma. Ma anche poco rappresentativi della marea di persone che ha bloccato la città in solidarietà con il popolo palestinese.
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