Quella della Corte d’Appello di Catanzaro è una sentenza dalla forte valenza giuridica e politica, che ora diventa definitiva dopo che le autorità italiane hanno deciso di non impugnarla. Nero su bianco i giudici hanno di fatto non soltanto dato ragione alle ong attive nella ricerca e nel soccorso in mare, ma hanno anche messo in discussione il Memorandum Italia-Libia appena fresco di rinnovo (2 novembre).

Se da una parte è stato confermato che la Sos Humanity ha agito in conformità del diritto internazionale nello svolgimento delle sue operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, rendendo così il suo fermo come illegale e ingiusto, dall’altro si ribadisce che la Guardia costiera libica non può essere considerata un soggetto legittimo per i salvataggi dei migranti.

La vicenda

La vicenda risale a inizi marzo 2024 quando la Humanity 1 è stata colpita da un fermo amministrativo di venti giorni con l’accusa di non aver «rispettato le indicazioni fornite dal competente centro per il soccorso marittimo nella cui area di responsabilità si è svolto l’evento» e di aver creato situazioni di pericolo durante le operazioni Sar. Quest’ultima accusa proviene proprio dal centro di coordinamento libico, secondo cui la nave della ong avrebbe «generato disordini e alcuni migranti si sono gettati in mare». L’imbarcazione aveva appena tratto in salvo 77 migranti soccorsi poche ore prima, ma secondo le autorità italiane non aveva ignorato le istruzione delle autorità libiche.

L’organizzazione decise all’epoca di fare ricorso e sul caso si è espresso il Tribunale di Crotone il 26 giugno del 2024. I giudici avevano deciso che «a fronte del “dovere si soccorso riconosciuto dalle fonti internazionali e delle specifiche modalità in cui lo stesso deve esplicarsi”,  corretta fosse da qualificare la condotta tenuta dal Comandante della nave». E poi che «”l’attività perpetrata dalla guardia costiera libica (non fosse) qualificabile come attività di soccorso per le modalità stesse con cui tale attività (era) stata applicata”, essendo emerso che dalla motovedetta intervenuta erano stati esplosi colpi di arma da fuoco e che le note condizioni dei “campi di accoglienza in Libia, sotto l’esclusivo controllo del Ministero dell’Interno libico escludessero di potere considerare la Libia un posto sicuro”».

Quindi «nessuna condotta ostativa era stata posta in essere dalla ong coinvolta». Alla luce di queste considerazioni, il tribunale ha quindi accolto il ricorso, annullato il provvedimento di fermo e condannato lo stato a pagare le spese processuali.

Qualche mese più tardi, il 2 settembre 2024, i Ministeri coinvolti hanno presentato appello. Ma anche la sentenza di secondo grado del giugno del 2025 ha confermato le conclusioni del tribunale di Crotone e cioè la Humanity 1 ha agito in conformità del diritto internazionale, che la guardia costiera libica finanziata dall’Ue e sostenuta dall’Italia non può essere considerata un soggetto legittimo di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Così come la Libia, come denuncia da tempo anche le Nazioni Unite, non può essere considerato un luogo sicuro di sbarco.

Questa volta i ministeri italiani, e nello specifico quello dell’Interno, dei Trasporti e della Finanza, hanno deciso di non impugnare questa sentenza. Ma il team legale della Sos Humanity ha deciso di chiedere un risarcimento per i danni causati dal sequestro illegale della sua nave. 

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