Prima dell’accordo grazie al quale Marcello Dell’Utri ha beneficiato di un vitalizio mensile da 30mila euro al mese, Silvio Berlusconi ha elargito milioni di euro alla famiglia dell’ex senatore, condannato per collusione con la mafia. Domani ha svelato le riunioni e le trattative condotte per fare fronte alle continue richieste dell’ex senatore, cofondatore di Forza Italia ed ex manager del colosso televisivo.

Negoziati portati avanti da manager di Fininvest, da avvocati e dal tesoriere di Forza Italia, Alfredo Messina. Il patto economico è stato raggiunto nei primi mesi del 2021. Figlio di una vera e propria «trattativa», così la definiscono gli investigatori dell’antimafia nelle informative depositate nell’inchiesta di Firenze sulle stragi del 1993 condotta dai magistrati Luca Tescaroli e Luca Turco, nella quale sono indagati sia Berlusconi sia Dell’Utri per concorso in strage.

I documenti finora inediti dell’antiriciclaggio permettono di ricostruire nei dettagli questi flussi precedenti all’accordo, ritenuti sospetti anche perché disposti negli anni dei processi per collusione con la mafia di Dell’Utri. Decine di segnalazioni sul denaro che da Berlusconi sono approdati sui conti Dell’Utri e famiglia. Una montagna di denaro, che a partire dal 2011 arrivano al 2021. 

Debiti e Verdini

La segnalazione più rilevante è sugli 8 milioni di euro versati dal Cavaliere, Dell’Utri li utilizza in gran parte per effettuare bonifici e soprattutto per ripianare debiti con le banche. È il 2011. Tra i creditori c’era il Credito Fiorentino. Dei soldi ricevuti da Berlusconi, Dell’Utri usa 1,6 milioni per ridurre il debito con l’istituto allora presieduto da Dennis Verdini, altro fedelissimo finito in disgrazia. La banca è fallita l’anno successivo, nel 2012. Per il crack Verdini è stato condannato in via definitiva a sei anni.

Il 2012 è un altro periodo di grande generosità berlusconiana in un momento difficile per Dell’Utri, all’epoca ancora sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. La segnalazione 2012 rileva «fondi di importo considerevole trasferiti da Berlusconi a Dell’Utri o a soggetti allo stesso riconducibili, presumibilmente nell’ambito della compravendita di un complesso immobiliare sito in Comune di Torno (CO) denominato “Villa Comalcione” ceduto da Dell’Utri a Berlusconi». In particolare, a marzo 2012, Berlusconi aveva disposto un bonifico di quasi 3 milioni in favore di Dell’Utri, titolare del conto nella banca di Verdini. Altri 15,7 milioni il Cavaliere li versa alla moglie dell’ex senatore. La donna con quella provvista effettuerà un giroconto su un suo conto nella Repubblica domenicana di 11 milioni, causale «per acquisto immobile».

Il carcere e la yacht

Nel 2016, Dell’Utri era in carcere per scontare la pena a sette anni per concorso esterno alla mafia, l’ex primo ministro versa a uno dei figli un milione di euro, usati da Dell’Utri junior per «pagare i legali del padre e somme ingenti per il noleggio di uno yacht di lusso». Lo stesso anno, segnala l’antiriciclaggio, sui conti della moglie dell’ex senatore Berlusconi invia 2 milioni di euro come «prestito infruttifero».

Nel 2017 sul conto della moglie di Dell’Utri i detective antiriciclaggio, oltre a segnalare operazioni su conti esteri, sottolineano un bonifico dell’ex presidente del consiglio di mezzo milione di euro. 

Il 2018 è l’anno della condanna in primo grado nel processo trattativa stato-mafia, Dell’Utri è poi stato assolto nei giorni scorsi in Cassazione. Quell’anno la moglie incassa da Berlusconi tre bonifici per un totale di 1,9 milioni, causale è sempre la solita: «Prestito infruttifero». Oltre 200mila servono per pagare uno degli avvocati di Dell’Utri.

Due mesi prima della sentenza di primo grado sulla trattativa stato-mafia, Berlusconi fa un altro regalo da 1,2 milioni alla moglie dell’amico imputato. A venti giorni dal verdetto palermitano un nuovo versamento sui conti della donna pari a 800mila euro: 300 li gira al figlio, il quale userà parte della provvista per un «finanziamento soci infruttifero» alla società di cui è azionista, la Finanziaria Cinema srl. Soltanto nel 2018, quindi, il capo di Forza Italia ha versato quasi 4 milioni ai Dell’Utri. 

La casa 

L’anno successivo, il 2019, l’antiriciclaggio segnala un altro movimento sospetto: un  bonifico da mezzo milione destinato alla consorte di Dell’Utri, proveniente dal solito Berlusconi. Tuttavia i detective di Banca d’Italia individuano anche una compravendita di una villa liberty in un quartiere di Milano da poco riqualificato, “il villaggio del sarto”. In pratica ad attirare l’attenzione è un atto preliminare di vendita tra i Dell’Utri e la società “Quartiere del sarto” il cui rappresentante legale è Simon Pietro Salini, dell’omonima famiglia di costruttori coinvolti nella progettazione del Ponte sullo Stretto, pallino di Berlusconi e riportato in auge da Matteo Salvini.

Il prezzo pattuito per la casa di pregio in centro a Milano è di 1,2 milioni di euro. Dai documenti letti risulta però che alla fine di dicembre 2019 l’atto è stato annullato e alla signora Dell’Utri ha ottenuto la restituzione di 200 mila euro versati come caparra. Poco dopo però Salini ha avuto una nuova offerta della stessa cifra. Il nuovo acquirente è l’immobiliare Dueville srl, tra gli azionisti diverse società, molte delle quali «riconducibili a Silvio Berlusconi», si legge nelle carte dell’antiriciclaggio.

Negli anni successivi, fino al 2021, il canovaccio si ripete fino al vitalizio concordato per l’ex senatore di 30mila euro al mese. Alla pensione d’oro offerta all’ex senatore vanno aggiunti altri benefit, come la ristrutturazione della casa della figlia.

Anni Novanta

Nel fascicolo dell’inchiesta sulle stragi del 1993 c’è molto altro sulle origini dei rapporti economici tra Dell’Utri e Berlusconi. Sono stati allegati gli atti del processo di Torino scaturito dall’inchiesta su Publitalia e le fatture false con Fininvest. Dell’Utri era il principale imputato. Da quelle carte emergono dazioni di denaro extra ricevute dall’allora manager berlusconiano, principale artefice della nascita di Forza Italia. Berlusconi sentito come testimone in quel processo contro l’amico aveva confermato le elargizioni, dal canto suo Dell’Utri aveva dichiarato di aver ricevuto una somma intorno ai 5 miliardi di lire tra contante e valori mobiliari. 

Per l’antimafia sono regali importanti se contestualizzati al periodo in cui si concretizzano, «storicamente individuabile in quello delle stragi continentali, ma anche della nascita del partito di Forza Italia, dell’impegno politico di Silvio Berlusconi, del concorso di Dell’Utri nella nascita del partito e del suo ruolo nei rapporti tra Berlusconi e persone appartenenti alla mafia siciliana, e, non ultimo, tra il 18 e il 21 gennaio 1994, l’incontro al bar Doney, per arrivare all’arresto dei fratelli Graviano il 27 gennaio 1994». 

I Graviano sono i mafiosi stragisti attorno ai quali ruota l’inchiesta di Firenze e ai loro rapporti con Berlusconi e Dell’Utri. Secondo il pentito Gaspare Spatuzza, al bar Doney, Giuseppe Graviano gli disse che «avevano il paese nelle mani» grazie all’interlocuzione con Berlusconi e il loro compaesano Dell’Utri. 

La carta dimenticata

Per tutti questi motivi, secondo gli investigatori antimafia è rilevante anche un altro documento del processo Publitalia: si tratta della causa di lavoro che Dell’Utri ha mosso contro Fininvest nell’ottobre 1994 per demansionamento. Era l’anno d’oro della discesa in politica e della vittoria elettorale, Berlusconi e Dell’Utri erano una cosa sola. Ancora più strano quel che è accaduto il giorno stesso della presentazione della causa con una conciliazione tra i legali delle due parti  che riconosce a Dell’Utri un ammontare di tre miliardi e mezzo di lire «quale risarcimento del danno e incentivo all’esodo», somma più alta di quella chiesta dal fido sodale.

La causa di lavoro serviva a giustificare un’elargizione personale di Berlusconi a Dell’Utri «in modo legale», emerge dalla sentenza di Torino.

La conclusione degli inquirenti in una delle informative dell’inchiesta sulle stragi lega quelle dazioni del 1994 al mutato contesto di relazioni con la mafia: «L’appunto sequestrato (sui 3 miliardi e mezzo, ndr) è relativo al giugno 1994, la causa del lavoro è del fine ottobre dello stesso anno. Ancora una volta il 1994. Dopo l’arresto dei fratelli Graviano, il quadro dell’anno offre un dinamismo finanziario “intenso”, volto quasi a impostare nuovi andamenti, scevri dalla necessità di confrontarsi economicamente con una vecchia compagine mafiosa siciliana, verso la quale si era debitori al fine di instaurare affari economici legati al mondo dell’edilizia, ma per proporsi, anche per il tramite di nuovi contatti con la mafia, individuati da Dell’Utri, a cui va riconoscenza, non per consolidare gli affari immobiliari o televisivi, ma per acquistare, questa volta, potere politico». Ipotesi per chi indaga. Solo teoremi e fango come sostengono i fedelissimi del capo di Forza Italia. Per capire chi avrà ragione bisognerà attendere la fine dell’indagine di Firenze. 

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