Il rapporto “Il triangolo pericoloso. Mafie, corruzione e pandemia” presentato da Libera ci restituisce una fotografia della percezione dei fenomeni criminali e corruttivi all’interno del nostro territorio durante la pandemia da Covid-19.

I dati

Il rapporto si basa sui risultati del sondaggio curato da Demos su un campione di 995 persone intervistate nel novembre 2020. Ciò che emerge in maniera chiara è la scarsa fiducia nei rappresentanti dei cittadini: secondo l’83 per cento degli intervistati sono proprio i politici nazionali ad aver favorito l’espansione delle mafie in Italia, mentre per l’81 per cento i colpevoli sarebbero i partiti e i politici locali. Ben il 55 per cento dei partecipanti valuta negativamente le politiche dello stato per contrastare la mafia.

Una percezione della permeabilità del fenomeno mafioso che, secondo il 45 per cento degli intervistati, è diffuso soprattutto a livello internazionale. Per quasi la metà dei partecipanti al sondaggio la mafia di oggi è meno incline alla violenza rispetto al passato e più legata ai professionisti, ai cosiddetti colletti bianchi e i gruppi criminali sono più attivi nel traffico di sostanze stupefacenti e nella gestione dei rifiuti.

La percezione del fenomeno corruttivo sembra mettere d’accordo un po’ tutti. Secondo l’81 per cento degli intervistati la corruzione politica è lo specchio della società italiana, e il 71 per cento è convinto che questa sia aumentata con l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia. Addirittura il 30 per cento ritiene che la corruzione sia maggiormente diffusa oggi rispetto al periodo di Tangentopoli.

«La pandemia è tra i protagonisti del rapporto – spiega nel comunicato Francesca Rispoli, curatrice del Rapporto e ufficio presidenza di Libera – perché si è pensato che fosse particolarmente importante stimolare le risposte su come il virus sia un’occasione per le mafie e la corruzione, e su quale destinazione fosse importante dare ai fondi dell’Unione Europea, per spingere la ripartenza».

L’aumento delle attività sospette

Nell’anno della pandemia è stato registrato un incremento di alcuni reati spia. Infatti, secondo i dati del ministero dell’Interno, nel 2020 le interdittive antimafia sono state ben 2130, circa sei al giorno, e hanno ricevuto una crescita del 38 per cento rispetto al 2019. Il 68 per cento di queste interdittive riguardano le regioni del sud, mentre il 24 per cento sono state emanate al Nord Italia. Sono aumentate anche le operazioni sospette (Sos) ricevute dalla Unità di informazione finanziaria per l’Italia di Banca d’Italia (Uif) che sono state 113.187, registrando un aumento del 7 per cento rispetto al 2019. In particolare c’è stato un incremento delle Sos in alcune regioni più di altre: Lazio (+35,6 per cento), Sardegna (+23,7 per cento, Trentino Alto Adige (+23,5 per cento) Puglia (+20 per cento), Calabria (+20 per cento). A livello provinciale, le prime cinque posizioni sono occupate dalle città di Prato, Milano, Napoli, Roma e Rimini.

«Quest’indagine sulla percezione di mafie e corruzione durante la pandemia non è solo un prezioso strumento conoscitivo: è anche un antidoto alla disattenzione e alla normalizzazione» è il commento al rapporto di Luigi Ciotti, presidente di Libera.

Secondo il procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo, Federico Cafiero de Raho, questo è: «Una rilevazione tanto più importante in un momento storico come quello che stiamo vivendo, nel quale l’incertezza si fa largo nella vita delle persone, così come il depauperimento materiale; e il rischio di allontanare dalla visuale fenomeni che si ritengono meno vicini, è ancora più alto».

Leggi anche:

© Riproduzione riservata