Fallito l’alza bandiera per il Liceo del Made in Italy. Nonostante i collegi dei docenti convocati in periodo natalizio per approvare il nuovo indirizzo e la proroga ministeriale per iscriversi, solo lo 0,08% dei nuovi iscritti ha scelto la scuola simbolo del Governo Meloni. I numeri sono talmente insignificanti che, al momento di effettuare il computo definitivo, qualche decina di iscrizioni in più, su migliaia, è stata salutata dal Ministero dell’Istruzione, in un recente comunicato stampa, come un +12%. La farsa, di cui abbiamo già parlato su queste pagine, continua.

Potendo contare su un solo iscritto nella sua scuola, il preside dell’Istituto Superiore Bruno Munari di Crema (Cremona), Pierluigi Tadi, forse per dare un senso al tricolore che ha fatto inserire nella pagina della sua scuola, dedicata al nuovo indirizzo, è giunto a scrivere una lettera alle famiglie, che per i propri figli avevano scelto il collaudato e apprezzato Liceo Economico Sociale, sostenendo che ci sarebbe stato un sorteggio per formare una classe del Made in Italy. Dopo la levata di scudi di Luca Avaldi, rappresentante dei genitori nel consiglio d’istituto, per cui la lettera del preside «è stata un fulmine a ciel sereno, perché non era quello che avevamo deciso», Tadi ha fatto marcia indietro. Il tricolore non potrà sventolare al Munari.

«La scuola ridotta a propaganda obbligatoria; davvero non è sopportabile. L'indiscutibile flop dell'inutile liceo «“made in Italy” ha prodotto, all’Istituto “Munari” di Crema, un esito che supera la fantasia», secondo Giuseppe Buondonno, responsabile Scuola e Università di Sinistra Italiana. La presidente dei Senatori del Partito Democratico, Simona Flavia Malpezzi, sta predisponendo una interrogazione parlamentare per fare luce sulla vicenda, così come Aurora Floridia di Alleanza Verdi Sinistra. L’ex sindaca di Crema, Stefania Bonaldi, fa sapere, sulla sua pagina Facebook, che il preside Tadi non è «nuovo a forzature e scivoloni autoritari».

È significativo il modo in cui il preside ha giustificato la scelta di scrivere alle famiglie: «Dato che la legge istitutiva del liceo del made in Italy è entrata in vigore solo l’11 gennaio 2024 a ridosso delle iscrizioni e senza aver potuto fare orientamento ho informato i genitori del disposto legislativo che prevederà la confluenza del liceo economico sociale nel liceo del made in italy concedendo la possibilità ai genitori di valutare l’opportunità della scelta dell'indirizzo ancora per qualche giorno dopo il termine delle iscrizioni, lasciando liberamente scegliere se confermare l’iscrizione nel liceo economico sociale o passare nel liceo Made in italy.» Il Ministero dell’Istruzione prevede, in effetti, che l’opzione economico-sociale confluisca nei percorsi liceali del made in Italy, ma solo qualora il nuovo indirizzo fosse scelto al posto dell’economico-sociale. Così non è stato al Munari, per cui, «valutato che la maggioranza delle risposte da parte delle famiglie è stata di confermare la scelta», come ha dovuto dichiarare lo stesso Tadi, «provvederemo nel prossimo anno scolastico ad attivare due corsi del liceo economico sociale e nessuno del liceo del Made in italy».

È intervenuta nella vicenda paradigmatica anche la Flc Cgil, che sostiene la rete dei presidi dei licei economico-sociali esistenti e che, per bocca di Graziamaria Pistorino, spiega: «Per avviare il Made in Italy gli stessi Uffici scolastici regionali, in maniera inconsueta, hanno organizzato riunioni ad hoc. Tuttavia, non sarà possibile far partire classi al di sotto dei 12 studenti, anche il dirigente del liceo di Crema, che voleva organizzare la sezione con un solo alunno, è tornato sui suoi passi. Molti dei novantadue istituti che hanno dato la loro disponibilità si stanno accorgendo che non potranno far partire l’indirizzo».

Intanto, allargando lo sguardo, il ministro Valditara deve affrontare anche la contestazione degli studenti, che non fermano le occupazioni, nonostante la linea dura.

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