Dovrà rimboccarsi le maniche il neo amministratore unico di Aria Lorenzo Gubian per far funzionare bene la stazione appaltante della Regione Lombardia di cui è a capo, una sorta di Consip con base a Milano che fa capo alla giunta guidata dal leghista Attilio Fontana. Non sono pochi, infatti, i profili di inefficienza rilevati dalla Sezione regionale di controllo per la Lombardia della Corte dei Conti nella sua prima analisi sul funzionamento della società pubblica che deve acquistare beni e servizi per la regione e per gli enti extra regionali convenzionati.

I rilievi dei magistrati contabili sono contenuti in un corposo documento di oltre 300 pagine appena rilasciato: una radiografia molto ben fatta dalla quale emerge la difficoltà di funzionamento di questa macchina, che a pochi mesi dalla sua partenza è stata già attraversata da scandali, inchieste della procura di Milano, azzeramento del suo consiglio d'amministrazione e soggetti apicali indagati, come l'ex direttore generale Filippo Bongiovanni e la direttrice centrale Carmen Schweigl, finiti nel fascicolo per la presunta turbativa nell'acquisto dei camici anti Covid fabbricati dalla Dama- Paul & Shark del cognato di Fontana, che ha portato anche alla scoperta del tesoretto svizzero da 5,3 milioni di euro del Governatore per il quale si indaga per autoriciclaggio, tra le altre cose.

L'analisi della Corte tocca il periodo un periodo di 18 mesi che va dal 2019 a giugno del 2020 e si sofferma in particolare sugli acquisti di materiale sanitario, il grosso del totale della spesa regionale e il capitolo di spesa più strategico in tempi di Covid, ovviamente. E, paradossalmente, il dato che balza prima agli occhi è quello dell'entità degli acquisti cosiddetti «non programmati» che sfuggono alla stazione appaltante. I magistrati ne contano, sulla base di dati Anac -Agenzia nazionale anti corruzione oltre 201 mila per 1,2 miliardi di euro di controvalore. Sono tutti appalti per beni o servizi sotto i 40mila euro di controvalore che sfuggono alla piattaforma Aria e vengono gestiti direttamente dalle singole aziende sanitarie e senza gare a evidenza pubblica.

«Colpisce la dimensione del fenomeno sia in valore assoluto, sia in rapporto alle acquisizioni che passano per la stazione appaltante» dicono i magistrati. Gli acquisti con gara Aria di materiale sanitario tramite la piattaforma Sintel sono oltre 10 miliardi di euro, e quindi va fuori gara più del 10% del valore delle acquisizioni. Un dato esorbitante, tanto che la stessa Corte chiede un «maggiore impegno» alle aziende sanitarie e ad Aria per «ridurre significativamente e riportare entro i limiti fisiologici gli acquisti minuti e urgenti», cresciuti sicuramente con la pandemia Covid ma che vanno riportati a una disciplina più ordinata.

Questo problema si spiega, in parte, con il fatto che Aria non dialoga con le aziende sanitarie. In altri termini non c'è un tavolo comune con le Asst per organizzare e poi gestire ex ante gli acquisti a livello centralizzato e la società ora guidata da Gubian «neppure dispone dei piani biennali approvati dagli enti e delle informazioni ivi contenute» si pone così a valle del processo di procurement aspettando l'arrivo degli ordini che cerca di evadere alla meglio e con l'organizzazione che ha. Per i magistrati questa disorganizzazione porterebbe Aria a lavorare male e le aziende sanitarie territoriali a scegliere la via degli affidamenti privati sotto i 40 mila euro o di altre formule di procurement. Per fare qualche esempio, l'Istituto nazionale dei tumori acquista solo il 21 per cento di beni, servizi e lavori da Aria, stessa percentuale dell'Asst Ovest milanese. E' solo al 19 per cento il Niguarda, poco più del 30 per cento le due aziende di Bergamo, mentre le più fedeli sono il Neurologico Besta e il Policlinico, con oltre il 50 per cento degli acquisti. Ma sono mosche bianche nel totale complessivo.

Il quadro non è certo confortante, e questo si desume anche dalla organizzazione del personale, che certo non facilita l'efficienza e l'efficacia nelle procedure di acquisto. La forza lavoro al primo gennaio 2020 era pari a 419 unità, di cui operati sul «business» 384 persone. Ma ora si scopre che la gran parte di queste sono incardinate nella Direzione servizi Information Communication Technology (Ict), mentre alla Direzione Acquisti vi sono poche decine di persone, ovvero solo il 7 per cento del totale. Il personale che ha funzioni di staff, addirittura, è pari al 13 cento del totale. Una suddivisione del personale che deriva certamente dalle varie società della regione che, fuse tra loro, hanno dato vita a Aria (Lombardia Informatica, Arca, e solo da luglio 2020 Infrastrutture Lombarde), ma che è assolutamente da rivedere visto che la mission della Consip della giunta Fontana è principalmente quella di acquisire beni e servizi per decine di miliardi di euro l'anno. La ciliegina sulla torta la mettono i giudici: « Il management dell’ente, a fronte della fisiologica esigenza di potenziare strutture preposte direttamente allo svolgimento delle funzioni istituzionali, ha proceduto, invece, ad incrementare, in termini di risorse umane, gli uffici di staff agli organi di amministrazione».

L'organizzazione interna va, quindi, chiaramente adeguata alle sfide operative e non ai bisogni di qualche consigliere d'amministrazione. Di questo è probabilmente conscio anche Gubian, arrivato a Milano dopo l’esperienza in Veneto alla corte di Luca Zaia: di lui i giudici hanno evidenziato anche lo stipendio, pari a 170 mila euro l'anno più un bonus del 20 per cento del fisso al raggiungimento dei target.

© Riproduzione riservata