«Un ignobile e vergognoso esercizio di pseudo-giornalismo», secondo Marina Berlusconi e «spazzatura giornalistica» a parere della stessa Giorgia Meloni. La presidente del Consiglio ammonisce l’opposizione per la «violenza» del linguaggio, ma la destra non si risparmia quando si tratta di giornalismo d’inchiesta
«Con le parole non si scherza» perché «possono diventare brodo di cultura per le tracce più violente», diceva il mese scorso la presidente del Consiglio Giorgia Meloni al comizio per sostenere Roberto Occhiuto in Calabria, in vista delle regionali. Una considerazione ragionevole se non avesse affermato, nello stesso discorso, che «la sinistra italiana è più fondamentalista di Hamas».
L’attentato nella notte al conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, è uno spunto per riflettere, una volta in più, sul peso delle parole che scegliamo e che, soprattutto, scelgono i nostri governanti. Dal palco di Lamezia Terme, Meloni ha ribadito che «per noi» (la destra) chi sta dall’altra parte «è avversario ma mai un nemico da abbattere, questo è un privilegio che lasciamo agli altri».
Il caso vuole che «gli altri», rispetto a Report, siano Arianna Meloni, Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri, Marina Berlusconi e Giovanbattista Fazzolari, per citarne alcuni. Vertici che negli anni non hanno speso parole di miele nei confronti dello storico programma d’inchiesta targato Rai 3.
A partire da Gasparri che oggi esprime «totale condanna dell'attentato», ma a novembre 2024 definiva la trasmissione di Ranucci «l’Hamas della tv», insinuando che dietro il programma ci fosse «più di quel che appare». Il riferimento era a una puntata dedicata ai fatti del 7 ottobre, che il senatore Fi aveva chiamato una «vergognosa e pericolosa propaganda anti Israele».
A scatenare l’ira di Marina Berlusconi era stato, invece, un servizio dedicato ai presunti legami tra il padre, Silvio Berlusconi, e la criminalità organizzata. In quell’occasione, la presidente di Fininvest aveva dichiarato che il lavoro di Report apparteneva «alla categoria del peggior pattume mediatico-giudiziario». E ancora, che era un «ignobile e vergognoso esercizio di pseudo-giornalismo». Al suo fianco, era intervenuta anche la Lega descrivendo il servizio come «a dir poco indegno».
Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari ha tagliato corto con le parole e ha chiesto direttamente a Ranucci, e la trasmissione, un risarcimento da cento mila euro per «danni reputazionali» nell’ambito dell’inchiesta MPS–Mediobanca, in onda la scorsa estate. Mentre il presidente del Senato Ignazio La Russa aveva appellato i giornalisti di Report «calunniatori seriali» per un servizio sui rapporti dei suoi familiari.
Dulcis in fundo, la stessa Giorgia Meloni nel novembre 2019 definiva il programma d’inchiesta «spazzatura giornalistica» dopo la messa in onda della puntata «La fabbrica social della paura», giudicata «davvero vergognosa». Negli stessi termini si era espressa la sorella della presidente Arianna Meloni che aveva bollato Report come una «vergognosa trasmissione», per aver riportato una telefonata tra l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini ai tempi del caso «Boccia».
Ma gli attacchi della destra non sono una novità. A giugno 2025, gli inviati del programma Rai avevano scritto una lettera al Cda Rai per chiedere chiarimenti sull’annuncio del taglio di quattro puntate per la stagione successiva. «Non può non inquietare il fatto che questo ridimensionamento avviene a fronte di attacchi, sempre più numerosi e intensi, rivolti contro Report da politici ed esponenti del governo a seguito delle nostre inchieste», scrivevano i giornalisti. Ricordando che «negli ultimi due anni», hanno ricevuto «una decina di denunce penali o civili da esponenti apicali della maggioranza, da ministri, dal capo gabinetto del presidente del Consiglio, dal presidente del Senato e, per la prima volta nella storia del giornalismo italiano, da un intero partito (Fdi)».
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