«In poco tempo l’incendio si è preso tutto l’appartamento e noi siamo scappate con una sola borsa in cui avevamo infilato un pigiama, due paia di pantaloni e una maglietta. Ci siamo ritrovate, di punto in bianco, per strada, sole, senza più un tetto. Mia madre ha dovuto ricominciare letteralmente da zero. Un’impresa pazzesca. Forse è per questo che ho trovato il coraggio, molti anni dopo, di rifondare una casa politica quando la nostra era andata in fumo. Venduto l’appartamento uscito malconcio dalle fiamme, mia madre ne ha comprato un altro a poca distanza dai miei nonni, alla Garbatella».

Eccolo il passaggio cruciale dell’autobiografia di Giorgia Meloni, consegnata alla storia e ai posteri con un libro dal titolo “Io sono Giorgia”. «Ma i danni riguardavano una finestra», è invece la nuova testimonianza rilasciata a Domani dalla coppia che ha acquistato subito dopo l’appartamento. Danni di piccola entità, solo un grande spavento, conferma il portiere dello stabile.

La presidente del consiglio è la sola artefice della divulgazione di aspetti intimi e privati della sua infanzia e adolescenza. Un racconto che il nostro giornale con diverse inchieste ha passato al setaccio, scoprendo diverse omissioni: su tutte il ruolo della madre, Anna Paratore, descritta nel libro come una donna senza più mezzi al limite della povertà, dopo il fuoco che aveva distrutto l’appartamento in cui erano nate Giorgia e Arianna; ma anche le contraddizioni sul rapporto con il padre Francesco Meloni, scomparso undici anni fa, nel 1996 condannato per narcotraffico in Spagna, notizia emersa a settembre 2022 in un articolo pubblicato da un giornale spagnolo e completamente omessa nell’autobiografia.

Domani ha documentato per esempio che Paratore era in affari con un socio di papà Meloni, Raffaele Matano, negli anni in cui secondo la versione della presidente nessuno della famiglia lo sentiva più da tempo. Gli intrecci individuati tra Italia e Spagna sono numerosi e mettono in dubbio la versione fornita nel libro prima e da Paratore dopo, che è sempre stata netta nel dire «con Francesco Meloni abbiamo tagliato ogni rapporto nel 1988». Sempre Paratore, insieme a una delle migliore amiche della premier, qualche anno fa è stata protagonista di una compravendita di un lounge bar a Roma, che ha portato le due donne a incassare una plusvalenza da 87mila euro.

L’incendio

La vicenda drammatica della distruzione della casa (provocata, pare, dalle piccole Meloni mentre giocavano con una candela) è stata ingigantita a dismisura? Di certo è stata funzionale alla costruzione del mito della “underdog”, che senza mezzi o favori è riuscita a scalare i vertici della politica italiana e delle istituzioni indossando infine l’abito di presidente del consiglio. Un conto è la narrazione epica, però, altro paio di maniche è la realtà, che probabilmente Meloni non può ricordare per via dell’età (era il 1982) in cui è avvenuto l’ormai celebre incendio dell’appartamento nel cuore della Roma borghese, in via Cortina D’Ampezzo 237, quartiere la Camilluccia: «L’incendio ha riguardato un piccola parte dell’appartamento, c’era solo una finestra bruciata», dice infatti Pier Ludovico Pavoni, merito di Nadia Vitali, la costumista in pensione che il 13 gennaio 1983 ha acquistato la casa di via Cortina D’Ampezzo da Paratore.

Abbiamo contattato la coppia telefonicamente, la casa è ancora di proprietà di Vitali, ma loro vivono da tempo negli Stati Uniti, a Miami, Florida. Ci rispondono da lì. «Sono andati via dopo l’incendio lasciando tutto aperto», aggiunge Vitali. Pavoni sostiene che la finestra bruciacchiata l’hanno sostituita loro quando sono entrati. Nell’atto di vendita Paratore-Vitali non c’è alcun cenno allo stato dei luoghi, non è chiaro dunque in che condizioni fosse l’immobile venduto a 160 milioni di lire, ben quattro volte di più a quanto Paratore lo aveva acquistato quattro anni prima. «Noi abbiamo avuto pure uno sconto perché c’era la stanza bruciata e abbiamo rimesso a posto noi con i nostri soldi, in contanti».

Parla il portiere

Che la casa non fosse stata distrutta totalmente lo conferma anche una persona che all’epoca aiutò la famiglia a mettersi in salvo con cui Domani ha potuto parlare. Il testimone oculare è il portiere dello stabile signorile. Non vuole che le sue parole vengano virgolettate, ma neanche che qualcuno neghi quello che lui dice di aver visto al tempo: il fumo, la fuga e la paura. Era mattina e il fumo cominciava a uscire dalla casa al pian terreno della signora Paratore, fu proprio lui a intervenire e a mettere in salvo le bambine portandole nella sua casa. Quando arrivarono i vigili del fuoco lo trovarono con una pompa in mano mentre era intento a disperdere il fumo, le fiamme erano divampate solo nella cameretta e rovinato la finestra. Forse una porta. Non vuole dire di più. Non ha simpatia né antipatia per il corso politico della presidente del Consiglio, ha cura solo che si dica la verità.

L’ipoteca

C’è poi un altro giallo nella storia della casa di via Cortina D’Ampezzo. Si tratta di una documento del 1982 recuperato presso gli archivi catastali e citato anche nell’atto di vendita a Vitali. È un’ipoteca da 27 milioni di lire imputata a Paratore, per via di un debito con la società Fin.Com Spa. Il decreto di ingiunzione che aveva portato all’ipoteca è del tribunale civile di Roma ed è datato 1982. Il rappresentate legale dell’epoca della società non ricorda i dettagli della vicenda, «potrebbe essere stato un prestito non restituito da Paratore», dice. L’ambito in cui si muoveva Fin.Com erano i finanziamenti e la vendita di azioni.

L’ipoteca c’è ancora quando Paratore, dopo l’incendio, decide di vendere a Vitali a un prezzo molto più elevato di quanto l’aveva pagata. In pratica Vitali acquista una casa da ristrutturare e con un’ipoteca sul groppone, a un valore tre volte più alto di quanto speso dalla famiglia Meloni. L’operazione immobiliare potrebbe sembrare senza una logica economica, eppure Pavoni e Vitali sostengono di aver goduto addirittura di «uno sconto» e che il prezzo era ottimo per 120 metri quadrati, «non erano 70 come hanno scritto alcuni giornali». Contattata da Domani, Paratore (come Meloni) non ha risposto alle domande.

La casa è stata venduta il 13 gennaio 1983, Gioria e Arianna Meloni avevano già cambiato quartiere, nella più popolare Garbatella. «La Garbatella è il mio quartiere non solo perché lì sono cresciuta e ho vissuto per lunghi anni, ma perché abitare in un determinato luogo non ci è mai indifferente, imprime dentro di noi un certo modo di stare al mondo», ha scritto la premier nell’autobiografia. Lì dove a 15 anni ha bussato «al portone blindato della sezione del Fronte della Gioventù», la sua «seconda famiglia», l’inizio della salita che l’ha condotta da «underdog» fino a Palazzo Chigi.

Crocevia Cinecittà

Il cinema nei primi anni di vita di Meloni è spesso presente con personaggi che hanno segnato la storia dello spettacolo italiano, non solo della capitale. Protagonisti che ritornano anche nella vendita della casa di via Cortina d’Ampezzo. L’acquirente, Vitali, è del 1936. Il marito Pavoni è nato nel 1927. La loro carriera professionale si snoda tra set cinematografici, grandi registi, celebrità del cinema italiano. Lei famosa costumista, lui direttore della fotografia pluri-premiato. Lo stesso ambiente da cui proviene la famiglia di papà Meloni: la madre era Zoe Incrocci, attrice premiata con una David di Donatello come attrice non protagonista, per “Verso sera” di Francesca Archibugi; il padre era Angelo “Nino” Meloni, punto di riferimento del mondo dello spettacolo nella capitale; lo zio si chiamava Agenore Incrocci, autori di pellicole che hanno segnato la storia italiana come “I soliti ignoti” e naturalmente “Romanzo popolare” di Mario Monicelli. Un titolo degno di una seconda edizione di “Io sono Giorgia”.

  

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